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Caso Visco: intrecci perversi e questione morale

(5 Giugno 2007)

Nel portare a fondo l'analisi sul caso “Visco – Guardia di Finanza” emerge il prepotente ritorno in scena del cosiddetto “Stato Duale” ( o Doppio Stato): caratteristica fondamentale della nostra struttura statuale, fin dai tempi della guerra fredda, da cui scaturirono la violenta oppressione dei contadini e degli operai negli anni'40 – '50. l'operazione “Gladio”, la “strategia della tensione” e. via, via, tanti altri fatti della nostra storia fino alla “questione morale” degli anni'90.

Alcuni organi di stampa (in particolare, proprio oggi, “Repubblica” con un articolo firmato da Giuseppe D'Avanzo) si lanciano a rievocare lo spettro della P2 e collegano lo stato di cose in atto a quella crisi verticale del sistema denunciata, con grande abilità, da Massimo D'Alema nella sua, ormai famosa, intervista rilasciata al “Corriere della Sera”.

Si delinea , così, uno scenario che tiene assieme, soltanto per citare i fatti più recenti, il rapimento di Abu Omar, le intercettazioni Telecom, la costruzione di “dossier” da parte dei Servizi Segreti sulle situazioni patrimoniali personali dei leader politici.

La sottolineatura, molto forte (ma anche molto facile) del tema riguardante i “costi della politica” appare, in questo quadro, una sorta di “depistaggio”: si tratta, infatti, di una questione importante, ma non decisiva, se non nel senso di aver messo in moto un formidabile processo di “rivoluzione passiva”, tale da neutralizzare tutti i possibili “anticorpi”, sia sul piano sociale, sia sul piano politico, al riguardo del sistema costituito.

Il tema dello “Stato Duale” va, quindi, ripreso con attenzione e portato fino in fondo non utilizzandolo opportunisticamente al solo scopo di riequilibrare settori del potere politico ridefinendone nuovi confini al riguardo dell'economia e dei poteri separati.

Questo elemento è fondamentale e richiede una riflessione profonda: il caso “Visco – Guardia di Finanza” appare soltanto una espressione di crisi di maggiore evidenza nell'attualità, ma non può essere estrapolato da un contesto quanto mai complesso e di non facile lettura.

Si tratta, infatti, di capire come si sia di fronte ad un grado di inquinamento della politica ormai molto profondo, che si sta realizzando in modi e forme ben diverse da quelle emerse dall'epoca di “Tangentopoli”: un grado di inquinamento non ovviabile e limitabile attraverso “patti di non belligeranza”, “reciproci riconoscimenti” ed altre espressioni di vera e propria “accozzaglia verbalistica”, buone forse per ottenere voti all'insegna del cartello del “no”, ma non certo per realizzare una seria alternativa.

In passato ci è capitato più volte di denunciare la subalternità e l'acquiescenza della “sinistra governista” ai meccanismi della governabilità, della personalizzazione, della assoluta spregiudicatezza nell'esercizio del potere (fenomeni che, ormai, si sono ormai sviluppati anche in periferia, segnando pericolosamente la “cifra” delle amministrazioni locali di centrosinistra).

Oggi, questo livello di denuncia appare ancora insufficiente, rispetto a ciò che è emerso via, via, a partire dal caso Unipol/BNL fino ai fatti di cui stiamo discutendo.

Vogliamo essere chiari, a questo proposito: non stiamo rilevando, per quel che riguarda la cosiddetta “sinistra governista”, una semplice sindrome da “subalternità”, ma l'avvio di un vero e proprio processo di corrompimento, derivante da un livello di ambiguità politica non più sostenibile.

Emerge, insomma, un discrimine tra “sinistra governista” e “sinistra d'opposizione”, che oltrepassa, riunisce, tiene assieme la questione dei contenuti con quella di “sistema”.

Ritorna la necessità di lanciare una proposta di alternativa, di confronto serrato, tra quanti, fuori da sterili preclusioni identitarie ma provvisti di una forte carica di passione politica e di capacità di ricerca sul terreno dei tanti punti di convergenza possibile, ritengono sia necessario portare avanti – da sinistra – una idea forte di alternativa collocabile oggi, molto semplicemente, all'opposizione anche sul terreno degli schieramenti.

Una opposizione che deve caratterizzarsi per l'estraneità ai giochi di potere offerti dal “Doppio Stato”, rifiutando le ipocrisie e offrendo, visibilmente, un punto di efficace resistenza (almeno per ora, limitiamoci a questo) all'inquinamento della democrazia politica.

Sia chiaro, infine: questo deve essere un compito della politica, senza confusioni o improprie commistioni.

Una politica che dove saper far sintesi, radicamento, rappresentanza rispetto ai tanti “ribellarsi è giusto” che si levano da più parti.

Savona, li 4 Giugno 2007

Franco Astengo

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