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(29 Luglio 2013) Enzo Apicella

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Egitto, segni di cedimento dei militari

Il generale Tantawi ha annunciato elezioni presidenziali entro il prossimo 30 giugno. Piazza Tahrir, colma come ai tempi della rivoluzione contro Mubarak, gli ha risposto invocando le sue dimissioni

(23 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Egitto, segni di cedimento dei militari

foto: nena-news.globalist.it

Il Cairo, 22 novembre 2011, Nena News - Elezioni presidenziali entro il 30 giugno 2012 e formazione di un governo di salvezza nazionale. Sono queste le novità che ha annunciato stasera il generale Tantawi, capo del Consiglio delle Forze Armate, nel suo discorso alla nazione. Tantawi ha anche espresso "rammarico" per l’uccisione di una quarantina di dimostranti negli ultimi giorni.» "Non importa chi vincera' le elezioni - ha detto- all'esercito che e' neutrale non interessa, l'importante e' l'interesse del paese. E' il popolo che deve scegliere chi vuole a governarlo". "Mi rattrista la morte delle vittime - ha detto - una vicenda che riporta il paese indietro" ricordando che l'esercito ha compiuto dei passi: "ha protetto il popolo durante la rivoluzione del 25 gennaio ed ha assunto le proprie responsabilita' gestendo il paese e adottando una serie di riforme, mentre non vogliamo sostituirci alla legittimita"'. Piazza Tahrir gli ha risposto chiedendo le due dimissioni.

Dopo aver cercato di ritagliarsi poteri speciali, sovra costituzionali, e represso nel sangue le proteste popolari, i militari egiziani adesso cercano di correre ai ripari mostrando un volto più «bonario». Per tutta la giornata, mentre piazza Tahrir si riempiva come ai tempi della rivolta contro Hosni Mubarak, i generali hanno incontrato i rappresentanti di varie forze politiche, per arrivare ad una soluzione. Si dice che stiano insistendo per mettere a capo del nuovo governo l'ex direttore dell’Agenzia atomica internazionale e candidato alle presidenziali Mohammed Tantawi. La tensione nel frattempo resta alta, oggi il fuoco della polizia ha ucciso tre persone a Ismailiya. Al Cairo tre giovani cittadini statunitensi, studenti dell’università americana sono stati arrestati con l;accusa di possesso di bottiglie incendiarie.

Nena News pubblica a corredo della cronaca della giornata in Egitto un'analisi di Michele Giorgio

È nelle mani dei Fratelli musulmani, e delle altre formazioni islamiste, la chiave del successo di una possibile «seconda rivoluzione» egiziana, volta a portare a compimento la prima, del 25 gennaio, contro Hosni Mubarak e far cadere il regime, oggi rappresentato dall'alleanza tra il Consiglio supremo delle Forze Armate e l'establishment economico che tiene strette nelle sue mani le redini del Paese. I Fm - che i sondaggi indicano come il partito di maggioranza relativa che uscirà dalle elezioni che cominciano il 28 novembre (se confermate) - hanno annunciato che parteciperanno oggi pomeriggio alla «marcia del milione» alla quale aderiscono decine di forze politiche e di movimenti di ogni colore. Ma quale sarà il loro atteggiamento verso il Consiglio Supremo delle Forze Armate (Csfa) resta l'interrogativo che si pongono in tanti. Si uniranno concretamente alla testuggine che stanno mettendo insieme tante anime della rivoluzione del 25 gennaio per scardinare l'intransigenza dei generali del Csfa? Sceglieranno senza ambiguità la piazza per impedire ai militari di ritagliarsi, anche a costo di tante vite umane, il potere di ultima parola nell'Egitto che attende un nuovo Parlamento, un nuovo Presidente e una nuova Costituzione?

Già durante la rivoluzione del 25 gennaio i Fratelli musulmani mantennero per diversi giorni un atteggiamento prudente, ai limiti dell'ambiguità, nei confronti della rivolta che cresceva in piazza Tahrir. Alla ricerca della legalizzazione da parte delle autorità, furono tra quelle formazioni che accettarono di dialogare con il vice presidente Omar Suleiman, incaricato da Mubarak di avviare colloqui con quell'«opposizione decorativa» che di fatto gli reggeva il gioco da anni. Poi, spinti dai loro giovani, dalla loro base, i leader del principale movimento islamista egiziano non poterono fare a meno di aderire pienamente alla rivolta che l'11 febbraio costrinse Mubarak a lasciare il potere e il Cairo. Oggi la presenza massiccia, compatta di centinaia di migliaia di attivisti e simpatizzanti dei Fm darebbe il colpo del ko ai militari che in questi mesi hanno fatto spesso affidamento proprio sugli islamisti per mantenere la pace sociale e frustrare le ambizioni di reale cambiamento dei rivoluzionari laici. Ma pochi credono che i Fm si spingano fino a tanto. «È difficile che gli islamisti più moderati scelgano la strada del confronto aperto con i militari che li hanno aiutati non poco», spiega Hani Shukrallah, direttore del sito online del quotidiano al Ahram.

La guida Mohammed Badei e i dirigenti dei Fm egiziani valutano varie opzioni. Da un lato sarebbero avvantaggiati, e non poco, da un rapido passaggio dei poteri ai civili e dal ritiro dei «principi sovra-costituzionali». I generali dello Csfa infatti vogliono darsi il diritto di ultima parola e la facoltà di respingere gli articoli della nuova costituzione qualora fossero in contraddizione con la carta da loro emanata lo scorso marzo. Dall'altro lato una seconda rivoluzione finirebbe per allontanare la conquista del potere politico che i Fm vedono a portata di mano, subito dopo le elezioni. Se, assieme alle altre forze islamiste, riusciranno a conquistare la maggioranza della nuova Assemblea del popolo (Camera bassa), i Fratelli musulmani potranno scrivere la nuova Costituzione con articoli più aderenti ai principi religiosi. Sarebbe un traguardo eccezionale se si pensa che appena un anno fa, gli islamisti egiziani erano persequitati, tenuti sotto pressione e privati del diritto di partecipare alle elezioni con un loro partito.

Ecco perché Mohamed Badei esita a dare pieno appoggio a chi, anche nella base del suo movimento, chiede, come a gennaio, «la caduta del regime». Ai Fratelli appare più allettante, e meno rischiosa, la richiesta, comune a gran parte delle forze politiche, della formazione immediata di un governo di salvezza nazionale per gestire la fase di transizione. Troppa cautela potrebbe però esporre Badei alle critiche dei leader salafiti più radicali, che accusano la Fratellanza di guardare troppo al conseguimento di traguardi politici immediati e troppo poco a una sollevazione popolare che, nei loro disegni, dovrebbe fare dell'Egitto un vero paese islamico. Nena News

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