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Eric Hobsbawm

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(2 Ottobre 2012) Enzo Apicella
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(8 Luglio 2023)

Introduzione all’antologia Bagliori nella notte, pubblicata sul n. 112 di Prospettiva Marxista

Bagliori bella notte

Il lavoro che presentiamo è stato concepito come un doveroso tributo alla preziosa opera di Arturo Peregalli, e come un primo parziale tentativo di riattivare il dibattito, nell’ambito del marxismo, a proposito del lascito teorico-politico delle minoranze internazionaliste che lottarono coraggiosamente contro l’intruppamento del proletariato nei vari fronti della Seconda guerra imperialista mondiale.

Nella sistemazione dei capitoli di questa raccolta ci siamo perlopiù attenuti alla traccia del piano di un’opera che, purtroppo, a causa della prematura scomparsa di Peregalli, non è riuscita a vedere la luce: Contro venti e maree. Opera di cui ci rimane però un densissimo capitolo dedicato agli internazionalisti in Grecia – dal quale riprendiamo ampi stralci – che è stato pubblicato anni fa per i tipi di Colibrì[1], edizione a cui rinviamo il lettore, così come agli studi dai quali abbiamo ripreso i testi selezionati in questa antologia. I testi sono stati scelti per l’autorevolezza e la competenza degli autori in questo particolare ambito di ricerca e per il punto di vista generalmente simpatetico con l’oggetto delle loro ricerche; da marxisti, non riteniamo plausibile un’«imparzialità storica» nelle società divise in classi, all’interno delle quali solo una determinata «parzialità» può garantire un maggior grado di approssimazione all’oggettiva realtà storica.

Naturalmente, non tutte le osservazioni, valutazioni e riflessioni contenute in questi testi sono necessariamente coincidenti con le nostre, così come le conclusioni che a nostra volta cerchiamo di trarre dallo studio dell’esperienza del “Terzo Fronte” internazionalista non devono assolutamente considerarsi come necessariamente espresse dagli autori dei testi qui raccolti.

Nella seconda parte di questa antologia mettiamo a disposizione del lettore una grande quantità di materiale pubblicistico, costituito da giornali clandestini, volantini e manifesti, in larga parte ancora inedito in italiano.

Il senso di questo lavoro non è quello di riempire un vuoto negli scaffali della saggistica italiana sulla Seconda guerra mondiale e sulla Resistenza in Europa. La sua necessità militante si è imposta nel corso della battaglia politica per ristabilire i capisaldi dell’analisi marxista e dell’internazionalismo proletario in occasione della guerra imperialista in Ucraina, scoppiata il 24 febbraio 2022.

Più di un anno fa abbiamo avuto l’ennesima riprova che le “fini della Storia” sono finite, che il “migliore dei mondi possibili” sfugge, a scadenze sempre più ravvicinate e violente, all’illusoria e rassicurante orbita attribuitagli dai sempre più sfiatati apologeti del capitalismo per precipitare nel buco nero di crisi e guerre. Non ci illudiamo certo che questa inadeguatezza “astronomica” degli apparati ideologici della borghesia possa risultare un freno determinante al più spietato perseguimento dei suoi interessi di classe. Partire dalla “sorpresa” e dallo “sgomento” – per una guerra che si riteneva ormai definitivamente superata dalla prodigiosa spinta ecumenica del mercato – per passare alla più spudorata mobilitazione militare e propagandistica, è questione di un attimo. Assai più rilevante è il fatto che la guerra imperialista in Ucraina ha costituito soprattutto un momento di verifica degli strumenti e della reale identità politica delle formazioni e delle soggettività che pretendono di rappresentare la critica rivoluzionaria al capitalismo giunto al suo supremo stadio imperialistico. Con aspra puntualità i nodi di irrisolte e fondamentali questioni sono giunti al pettine. L’evoluzione bellica di una crisi maturata nel corso dei decenni lungo una linea di faglia degli assetti imperialistici globali è stata dipinta, nel microcosmo politico delle sigle che si richiamano al marxismo e alla rivoluzione proletaria (con significative e preziose eccezioni) nei modi più vari: da “progressiva” guerra di indipendenza nazionale da parte ucraina, con tanto di rassicurante invenzione di un ruolo determinante nel conflitto di unità militari espresse “dal basso” e del tutto “autonome” dai comandi dello Stato borghese ucraino – nonché dal vasto schieramento imperialistico che ad esso ha fornito e fornisce finanziamenti, armi, logistica, intelligence, personale militare e persino politico-istituzionale – fino a sconcertanti riproposizioni di una funzione “anti-imperialista” da affidare alla Russia, magari in cordata con potenze emergenti come Cina o India. Interpretazioni accomunate dall’incomprensione della natura più essenziale di questo scontro, della sua genesi, del suo significato e dei suoi effetti. Nell’epoca dell’imperialismo chi nega con il fraintendimento, o peggio, con la falsificazione, l’analisi marxista della dinamica imperialista per appoggiare “guerre di liberazione delle nazioni oppresse” che tali non sono nei fatti o per sostenere blocchi presuntamente “antimperialisti”, serve – ed è un basso servizio – l’imperialismo mondiale.

Non è possibile non constatare amaramente – pur senza alcuno scoraggiamento – quanto dell’attuale devastante subalternità della classe proletaria sia racchiuso in queste distorsioni, in queste carenze di assimilazione e di capacità di analisi. Un’inadeguatezza che viene da lontano e che solo la scarsa presa di queste formazioni sulla classe che eleggono a loro riferimento ha reso più surreale nelle sue contorsioni ideologiche, più grottesca nella sua roboante pretesa di indirizzo strategico rivoluzionario, che grave nella sua effettiva incidenza politica. Eppure, in questo panorama di desolante pochezza, pulsa qualcosa di estremamente nocivo, che deriva dal permanere degli influssi di cruciali tornanti storici, subìti e non compresi alla luce del metodo marxista. La guerra in Ucraina costituisce un banco di prova per l’assimilazione e l’applicazione di questo metodo. Occorre misurarsi con questo snodo con il massimo rigore, traendone tutti gli apporti possibili, tutte le lezioni e gli elementi di chiarimento che ne possono derivare per il proseguimento di una maturazione politica rivoluzionaria. L’imperativo per le minoranze autenticamente internazionaliste nelle metropoli più o meno coinvolte in questa manifestazione del confronto imperialistico è quello di cercare di tradurre l’evento drammatico e potenzialmente gravido di forza chiarificatrice della guerra – che si sta consumando in una fase di estrema debolezza politica della nostra classe su scala internazionale – in un rafforzamento nel percorso di formazione della coscienza organizzata della classe operaia, del partito rivoluzionario.

In questo processo, e nel corso delle sue accelerazioni, il materiale storico costituito dalle grandi e sofferte esperienze degli internazionalisti nel secondo conflitto mondiale – la cui caratterizzante natura imperialistica su tutti i fronti ancora oggi non è universalmente riconosciuta (a differenza della guerra del 1914-’18) nemmeno da quelle entità, gruppi e organizzazioni che pure si richiamano alla tradizione dell’Ottobre russo in contrapposizione con la falsificazione ideologica del marxismo rappresentata dallo stalinismo – si offre a noi come un bagaglio di straordinaria importanza, da cogliere e “decifrare” nella sua ricca contraddittorietà, come un prezioso nutrimento per una crescita politica che, nella prospettiva di una soluzione rivoluzionaria alle crisi e alle guerre dell’imperialismo, è semplicemente indispensabile.

Nell’antologia che abbiamo curato, abbiamo scelto deliberatamente di escludere quelle organizzazioni che durante la Seconda guerra mondiale, pur richiamandosi formalmente all’internazionalismo proletario, hanno abbandonato, con sofismi più o meno elaborati, l’opposizione alla guerra imperialista, la consegna della sua trasformazione in guerra civile rivoluzionaria su tutti i fronti e la tattica del disfattismo rivoluzionario, in tutte le sue molteplici articolazioni e forme, scivolando di fatto verso posizioni difesiste di uno degli schieramenti belligeranti. Nondimeno, abbiamo voluto includere anche quelle frazioni e quelle minoranze, spesso ristrettissime, che, pur operando ancora nell’ambito politico e organizzativo di questi movimenti, si sono contrapposte – con risultati a volte non ancora pienamente maturi dal punto di vista della chiarezza teorica marxista – alla linea predominante, manifestando una tendenza al superamento delle pastoie ideologiche del proprio ambiente politico di riferimento che si sarebbe completamente dispiegata in seguito alla conclusione del conflitto mondiale.

Le realtà che abbiamo voluto studiare nei saggi qui raccolti sono a volte molto diverse per provenienza e per impostazione: alcune minoranze di sinistra all’interno del trotskismo – e in contrapposizione alle posizioni in esso prevalenti – la Sinistra comunista italiana e vari raggruppamenti ispirati a quest’ultima o a quella tedesco-olandese; tutte realtà accomunate dalla inequivoca caratterizzazione della guerra come imperialista, dalla rivendicazione di un internazionalismo che si sforzava di mantenersi coerente con questa caratterizzazione, dal rifiuto dell’antifascismo borghese e democratico e della trappola ideologica della “lotta di liberazione nazionale” nonché – cosa di non secondaria importanza – unite dal tentativo di intervenire attivamente nel contesto dato, cercando di esplicare il “senso pratico della teoria”.

Quello che vorremmo fare nel saggio in appendice al primo volume di questa raccolta è cercare di individuare quelli che possono essere stati gli insegnamenti e i limiti di quella generosa generazione di internazionalisti. Indicando questi limiti non abbiamo la ridicola e oziosa pretesa di abusare del senno del poi per affrettare giudizi sul concreto operato di queste coraggiose minoranze nelle circostanze date. Semmai rivendichiamo l’impegno nello studiare le configurazioni inedite con cui all’epoca si sono manifestate le tipiche contraddizioni del modo di produzione capitalistico e nel provare a individuare, proprio in considerazione di decenni di successive riflessioni, cosa è soggettivamente mancato per poter affrontare queste contraddizioni da posizioni di relativa forza. Si tratta di provare a trarre un bilancio teorico, indispensabile per costruire le premesse necessarie ad affrontare le sfide dell’avvenire; si tratta di guardare più in alto e più lontano, sulle spalle di chi è riuscito a mantenere saldamente la rossa bandiera dell’internazionalismo proletario nel mezzo di quello che ad oggi rimane il più terrificante carnaio imperialistico della storia del capitalismo, combattendo – è legittimo dire a mani nude – la soverchiante forza ideologica della reazione borghese, nella sua veste nazionalista, fascista, razzista, democratica, stalinista e socialdemocratica.

Questi uomini e queste donne, questi “bagliori nella notte”[2] del secolo dell’imperialismo avevano un intero mondo contro: le potenze imperialistiche dell’Asse e degli Alleati, le borghesie di casa propria schierate con le une e con le altre, lo stalinismo. Eppure, nonostante condizioni tanto avverse, non hanno deflesso. Non hanno esitato a prendere il proprio posto nel gravoso lavoro di ricostruzione dell’indipendenza di classe del proletariato e per la restituzione alla classe della propria coscienza teorica, che è lotta per la consapevolezza della lotta e nella lotta, pagando un prezzo altissimo, in termini di calunnie, delazioni, arresti, deportazioni, torture, e, spesso, anche con la loro stessa vita. Questa antologia, oltre che un tributo alle loro inestimabili testimonianze e alle loro battaglie crudelmente sconfitte di ieri, vuole essere un contributo alla riappropriazione da parte della classe operaia degli strumenti necessari per vincere le battaglie di oggi e, soprattutto, quelle gigantesche di domani.

Circolo internazionalista «coalizione operaia»

Prospettiva Marxista

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NOTE

[1] A. Peregalli, Contro venti e maree, Grecia: Aghis Stinas e l’Unione Comunista Internazionalista, Colibrì, Paderno-Dugnano, 2002. Rispetto al piano di lavoro steso da Peregalli (Cfr. Ibidem, p. 15) non ci siamo soffermati sui socialisti di sinistra e sugli anarchici.

[2] L’espressione, che abbiamo scelto come titolo di questa antologia, è ripresa da un capitolo del testo di Alfred Rosmer, Il movimento operaio alle porte della Prima guerra mondiale, ed è riferita alle coraggiose ed isolate minoranze internazionaliste in Francia nei primi mesi del conflitto 1914-’18.

coalizioneoperaia.com

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