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Fiat: lacrime e sangue

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(14 Agosto 2010) Enzo Apicella

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IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO SENZA CAUSALE, COSA CAMBIA RISPETTO ALLA DISCIPLINA NORMATIVA PRECEDENTE (L. 85/2023)

(1 Agosto 2023)

comunicatousi

Il decreto Lavoro (Decreto Legge 48/2023) ha modificato ancora, dopo le disposizioni attuative del Jobs Act con il “codice dei contratti” (D. Lgs. 81/2015), la disciplina del contratto a termine, attraverso due passaggi: con l’articolo 24, quando è entrato in vigore il provvedimento, il 5 maggio 2023, revisionando le causali da indicare qualora si voglia prolungare la durata da 12 fino al massimo di 24 mesi; poi, con la conversione in Legge (85/2023), dal 4 luglio 2023, assimilando le previsioni attinenti l’istituto del rinnovo (si ricorda che, si intendono per rinnovi i nuovi contratti a termine, dopo che sia cessato un precedente rapporto sempre a tempo determinato) a quello delle proroghe.
Si azzera così, il conteggio della durata di 12 mesi “acausali”. Ecco le principali modifiche.
Per il meccanismo e il nuovo regime delle “causali” (i motivi per i quali si stipulano i contratti a tempo determinato), sono state individuate tre fattispecie, che permettono di andare oltre il tetto dei 12 mesi. La prima, quando è previsto l’obbligo di inserire la causale, nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali; la seconda, che è consentita quando NON CI SONO, le disposizioni inserite nei contratti collettivi applicati in azienda, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti, comunque con un limite temporale fissato al 30 aprile 2024.
La terza fattispecie, in sostituzione di altri lavoratori o lavoratrici (quelli che hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro, i casi tipici l’assenza per maternità o paternità e relativi congedi, aspettative retribuite e non retribuite nei casi previsti dai rispettivi CCNL di settore, infortuni sul lavoro, malattie….).
Dal punto di vista materiale, ogni datore di lavoro, una volta che sono trascorsi i 12 mesi di contratto a termine “acausale”, o meglio i suoi consulenti del lavoro CdL e uffici del personale/risorse umane, ha l’obbligo, se vuole rinnovare un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, oppure prorogarlo oltre i 12 mesi deve verificare se i CCNL di settore che applica, oppure contratti collettivi territoriali o aziendali, disciplinano questo aspetto e come. L’eventuale disciplina collettiva, secondo quanto prevedeva il Decreto Legge 48/2023, indica di solito le ipotesi in cui è ammesso il rinnovo o la proroga del contratto a tempo determinato (salvo le possibili “stabilizzazioni” a tempo indeterminato...).
Se nei CCNL o nei contratti collettivi territoriali o aziendali, applicati in azienda, queste casistiche non sono indicate o disciplinate, e sempre ammesso che non ci siano esigenze sostitutive di dipendenti (ndr vale anche per i soci lav. di cooperative, con rapporto di lavoro subordinato) con conservazione del posto di lavoro, i datori di lavoro, devono gestire questo aspetto, concordandolo con i dipendenti interessati dal rinnovo o dalla proroga (ndr, MEGLIO SE ASSISTITI, I DIPENDENTI PRECARI, DA SINDACATI COMBATTIVI E NON COLLABORAZIONISTI, altrimenti si aggiunge al danno di rimanere a tempo determinato, la beffa di inserimento di clausole vessatorie o penalizzanti). La definizione delle motivazioni e delle ragioni per i quali va costituito il nuovo rapporto di lavoro (rinnovo) o la prosecuzione di quello in corso (proroga) va fata obbligatoriamente in forma scritta.
Questa gestione personalizzata, che va attivata si ribadisce solo se nei CCNL di lavoro di settore o nei contratti collettivi territoriali o aziendali applicati dal datore di lavoro, non è specificata o indicata alcuna casistica, richiede una verifica più probante, perché diventa necessario non solo indicare, ma anche in caso di controlli degli organismi di vigilanza (Ispettorati del lavoro territoriali, nuclei lavoro dei carabinieri in caso di controversie giudiziali), anche dimostrare effettivamente che vi siano le “esigenze oggettive di natura tecnica, organizzative e produttive” che rendono necessaria la proroga o il rinnovo del contratto a tempo determinato. Quindi non sono sufficienti, per la regolarità della procedura di rinnovo o di proroga in questa ipotesi, mettere clausole e descrizioni generiche, formulette di comodo o previsioni che siano svincolate o scollegate dal contesto reale aziendale. Quindi, va verificato e controllato dal dipendente e dal sindacato che lo assiste, nel testo del contratto di rinnovo o di proroga, che siano descritte in modo preciso, concreto e puntuale quale sia la oggettiva motivazione e necessità di natura tecnica, produttiva od organizzativa, posta alla base di questa situazione, con circostanze facili da dimostrare. E’ una disposizione e una modalità a doppia utilità, per i datori di lavoro e i loro CdL come norma di tutela in caso di controlli o di controversie giudiziali di lavoro, è disposizione di garanzia per i dipendenti interessati da questa procedura, di rinnovo o di proroga, da contratti con clausole ambigue o di comodo, di difficile prova della loro efficacia e validità.
La legge lascia un limite temporale e possibilità alle due parti, datore di lavoro e dipendente, soltanto fino al 30 aprile 2024. Si ricorda poi, che in caso di esposti e segnalazioni con intervento degli organismi di vigilanza competenti per materia e territorio (Ispettorato territoriale sul lavoro ITL) o in caso di contenzioso e controversia in sede giudiziale, se le causali inserite nel contratto di rinnovo o di proroga a tempo determinato, non saranno ritenute valide perché generiche o di comodo, quei rapporti di lavoro saranno convertiti in un contratto a tempo indeterminato a tutti gli effetti fin dall’inizio. Quindi ci sta meno spazio per i “furbetti del contrattino” e maggiori possibilità per lavoratori e lavoratrici e le strutture sindacali in assistenza, in questa fase.

Altra novità introdotta con il decreto Lavoro introduce una specie di “punto zero” ai fini del computo della durata di 12 mesi dei rapporti di lavoro subordinato a termine. Sono da calcolarsi per i 12 mesi, SOLO dei “contratti stipulati” e sottoscritti dalle parti, a partire dalla data del 5 maggio 2023 cioè dall’entrata in vigore del Decreto Legge 4872023, come dice espressamente l’articolo 24, comma 1-ter, del Dl 48/2023 (dopo le modifiche della legge 85/2023) Perché è importante questa precisazione, come il limite temporale nelle ipotesi precedenti di rinnovo e proroga al 30 aprile 2024, nei casi in cui non ci siano indicazioni specifiche delle casistiche nei CCNL di settore o in quelli territoriali o aziendali applicati in azienda: la NOVITA’ INTRODOTTA, CI DA’ UN PARAMETRO DI NATURA TEMPORALE, CHE PRIMA NON ERA DISCIPLINATO. Per esempio, se il contratto a tempo determinato è stato stipulato prima della data 5 maggio 2023e la sua durata si collochi in mezzo a quella data (ndr se non dovessero pervenire successivamente, diverse indicazioni ufficiali, anche su apposito “interpello”, fatto su segnalazione di lavoratori o lavoratrici o da sindacati combattivi e non collaborazionisti con il padrone, agli organismi di vigilanza ITL con pronuncia del Ministero del Lavoro o al Governo stesso), la dizione utilizzata dal legislatore avrebbe l’effetto di escludere da questo computo sia i periodi del rapporto che si collocano prima che quelli che travalicano la data posta, come novità, di spartiacque del 5 maggio 2023. Ovviamente, restando fermo il criterio e limite generale, di durata massima di 24 mesi dei rapporti di lavoro subordinato a termine, sottoscritti con il medesimo datore di lavoro (ndr, attenzione al classico giochetto delle società di un gruppo, collegate le une con le altre in forma “piramidale” con società capogruppo e altre collegate o consorziate, dove si passa da un contrato di lavoro all’altro ma con società differenti come denominazione, diventa maggiormente difficile la prova e la dimostrazione che si tratti di società e aziende facenti parte di una società capofila o di un gruppo di società collegate, per risalire ad una aggiramento delle norme da parte dello stesso datore di lavoro, con società differenti, con relativo utilizzo e sfruttamento della forza lavoro, senza procedere alle doverose stabilizzazioni e assunzioni a tempo indeterminato….).
SI RICORDA INOLTRE CHE, A PARTE QUESTE DUE MODIFICHE E NOVITA’ POSTE CON IL D.L. 4872023 E CON IL DECRETO LEGISLATIVO DI CONVERSIONE IN LEGGE, D. LGS. 85/2023, la maggior parte dell’impianto e della regolamentazione del rapporto di lavoro a termine e dei relativi contratti, resta disciplinata dal c.d. “codice dei contratti” (Capo III, del Dlgs 81/2015), con disciplina generale che rimane immutata.
Restano in vigore tutte le fattispecie e ipotesi sul lavoro stagionale, sul numero massimo di proroghe (che restano 4 nell’arco di 24 mesi, a prescindere dal numero dei contratti sottoscritti e stipulati), sulla continuazione del rapporto di lavoro oltre la scadenza del termine, sui limiti e sui divieti di utilizzo di rapporti a tempo determinato, sul diritto di precedenza e priorità (ndr con apposita modulistica e dichiarazione, dopo sei mesi anche non continuativi di lavoro e utilizzo presso il medesimo datore di lavoro, che anche Usi 1912 ha predisposto), per chi fosse già “precario a tempo determinato” per eventuali assunzioni a tempo indeterminato o per utilizzo a tempo determinato, per medesimi profili professionali, mansioni e attività rispetto ad esterni all’azienda.
IL PRECARIATO SI PUO’ SCONFIGGERE CON LA LOTTA COLLETTIVA E SOLIDALE, ma nella sua fase iniziale può essere controllato e monitorato, evitando le conseguenze penalizzanti e peggiorative pur in un quadro normativo non molto favorevole alle classi lavoratrici e ai settori di lavoro giovanile post diploma o post laurea, utilizzando l’esperienza e il “sapere operaio e sindacale” maturato in questi anni, contrastando la schifezza degli stage non pagati, dei percorsi pseudo formativi dell’alternanza “scuola – lavoro”, di cui va ottenuta l’eliminazione e dell’abuso aggirando le norme e i controlli, anche sui contratti di lavoro a tempo determinato.
LA RIATTIVAZIONE E LA PRESENZA sul territorio e la creazione di nuove strutture locali intercategoriali, ANCHE DI USI 1912, serve anche a questa funzione di assistenza, di verifica e di organizzazione diretta di questi processi e contratti di lavoro non stabili, perché NON ESISTE, a differenza di quanto sostiene qualche gruppo o parasindacato per giustificare i suoi tentativi di intervento e di intromissione nel movimento operaio e sindacale anche autorganizzato, IL LAVORO E di conseguenza fasce di LAVORATORI-TRICI NON ORGANIZZABILI SINDACALMENTE, anche se non nella forma classica di organizzazione che di solito è utilizzata, NE’ E’ SCELTA OPPORTUNA IL MERO SINDACALISMO AZIENDALE O DI AUTONOMO DI CATEGORIA, obsoleto e non al passo con i tempi e le rinnovate necessità di autodifesa collettiva, sui posti di lavoro e sui territori.
DIFFIDATE DALLE IMITAZIONI….

A cura di Unione Sindacale Italiana Usi fondata nel 1912 e ricostituita

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