">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

Per i tre operai della Fiat

Per i tre operai della Fiat

(25 Agosto 2010) Enzo Apicella
Melfi. La Fiat licenzia tre operai, il giudice del lavoro li reintegra, la Fiat li invita a rimanere a casa!

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Licenziamenti politici)

Licenziamenti e repressione in fabbrica: quel maledetto muro è sempre lì !!

(18 Novembre 2007)

Ancora una volta un operaio non allineato ai voleri dell’ azienda è stato sbattuto fuori. L’ultimo licenziamento ordine di tempo nel gruppo FIAT è stato a Pomigliano d’Arco (Napoli). Domenico Mignano, attivista della Confederazione COBAS, è stato privato del posto di lavoro dalla direzione aziendale per la sua partecipazione, nei giorni precedenti lo sciopero generale dello scorso 9 novembre, ad una iniziativa di propaganda, dei temi dello sciopero, effettuata nei locali della sede centrale della concessionaria FIAT di Napoli.

Alla notizia di questo, ennesimo, episodio di rappresaglia antioperaia a Pomigliano si sono svolte due ore si sciopero nei principali reparti della fabbrica.

Il licenziamento di Domenico segue quelli effettuati a Melfi, contro alcuni delegati della FLMU/CUB e della FIOM e quello, sempre a Pomigliano d’Arco, alla FIAT/AVIO, di Giovanni Santarelli.
Se a Pomigliano o Termoli questi atti repressivi sono stati effettuati attraverso una interpretazione arbitraria e palesemente alterata della giurisdizione di tipo normale a Melfi la FIAT si è servito di un dispositivo più articolato e mistificato. In tale vicenda i lavoratori sono stati colpiti per il solo fatto di avere subito alcune perquisizioni poliziesche ordinate dalla Procura della Repubblica.
Perquisizioni che non hanno avuto – e non potevano avere – nessuna continuità giudiziaria e penale. I compagni sono accusati, e per tale motivo perseguitati dalla FIAT, per essere stati tra i protagonisti attivi delle giornate di lotta, registratesi negli anni scorsi, contro l’infernale organizzazione del lavoro vigente in questo stabilimento.

E poi: di nuovo licenziamenti a Temini Imerese e ad Arese contro delegati dello SLAI/COBAS accanto ad una vera e propria ondata di provvedimenti disciplinari e sanzionatori emessi a discrezione di capi e capetti soggiogati alla coattiva azione repressiva della FIAT. Il tutto nel pesante silenzio degli organi d’informazione - compresi quelli di “sinistra” - sempre più disciplinati ai poteri forti ed impegnati ad opacizzare e screditare ogni episodio di insubordinazione verso l’asfissiante comando padronale sulla forza/lavoro.

Ma cosa sta succedendo alla FIAT ?
Dopo anni di silenzio operaio iniziano a delinearsi primi segnali di ostilità verso una organizzazione del lavoro sempre più pesante ed antisociale. Inoltre l’emergenza di una
questione salariale, sempre più vergognosa, sta spingendo, oggettivamente, consistenti gruppi di lavoratori ad interrogarsi sulla loro condizione e su come tentare di strappare alle varie controparti un possibile miglioramento.
Non è un caso che nel gruppo FIAT, dopo oltre un decennio, di percentuali bassissime di adesione agli scioperi si assiste ad una crescita di partecipazione a tali forme di lotta. E’ capitato in occasione degli scioperi per il contratto collettivo nazionale di lavoro e recentemente, per lo sciopero generale e generalizzato del 9 novembre. Senza dimenticare i fischi di Mirafiori contro Epifani e la recente affermazione di NO al referendum/farsa indetto per approvare l’accordo del 23 luglio 2007.
Inoltre, particolarmente a Pomigliano e Melfi, il sindacalismo di base sta costruendo, tra le innegabili difficoltà e contraddizioni di questa fase politica, un proprio radicamento che inizia a preoccupare sia la direzione aziendale e sia i sindacati concertativi e collaborazionisti. Un primo insediamento organizzativo che sta sperimentando, oltre alla necessaria agitazione dei generali temi di lotta politica e sindacale, forme di vertenzialità diffuse ed articolate su questioni che attengono alla pessima qualità della condizione lavorativa (turni, tempi di lavorazione, mensa, trasporti, tutela della salute).

Questo attivismo e nuovo protagonismo non è estraneo alla nuova composizione giovanile che affolla il gruppo FIAT. Proprio su tale segmento della composizione di classe l’azienda mirava, e conta a tutto oggi, per affossare definitivamente ogni soggettività antagonistica e per sbarazzarsi definitivamente di ciò che residua dei vecchi istituti normativi e contrattuali imposti dai passati cicli di lotte. I processi di autorganizzazione in corso si pongono, quindi, in controtendenza a quanto è accaduto negli ultimi anni e pongono le basi per una ricostruzione di un tessuto di relazioni operaie fondate sul conflitto con l’azienda e non sulla sfrenata concorrenza tra proletari.
In tale contesto la FIAT (con alla testa l’amministratore delegato, Marchionne, il quale, dopo essere entrato nelle grazie di Fassino e pure di Bertinotti, si accredita come uomo del dialogo e della comprensione) non può stare a guardare passivamente.
Mentre si diffonde la melfizzazione in tutti i siti del gruppo, la razionalizzazione delle varie linee con conseguenti tagli ed esuberi e mentre la competizione internazionale nel settore auto impone all’azienda una linea di condotta fondata sull’accentuazione dei fattori di comando autoritario la FIAT deve stroncare sul nascere ogni anelito organizzato di resistenza e protagonismo dei lavoratori.

E’ evidente che la FIAT può consentirsi l’esplicitazione di tale pratica repressiva per la vigenza, in tutta la società, di un forte clima securitario che si diffonde alimentando razzismo, nuova differenziazione sociale ed un clima di intimidazione generalizzata. Mai come ora il tentativo da parte di tutti gli apparati repressivi dello stato è impegnato nella generalizzazione di un vero e proprio odio di classe verso i ceti popolari subalterni.

Rispetto a tale sfida occorre un cambio di marcia nell’azione del sindacalismo di base e tra quanti concorrono, a vario titolo, all’implementazione del conflitto e delle lotte. Alcuni segnali postivi li abbiamo registrato nei giorni precedenti allo sciopero e nei cortei del 9 novembre. Questa azione va incoraggiata in tutti i modi. Le varie organizzazioni del sindacalismo di base si stanno cimentando a costruire momenti di collaborazione e di consultazione tra loro superando rischi politici e pulsioni autistiche sempre presenti in nuce. Nei prossimi giorni si terranno assemblee ed incontri per avviare una seria controinformazione su tutto ciò che avviene nei posti di lavoro e per auspicare una condizione di maggiore rappresentanza di quel variegato universo sociale che è stato frantumato e disarticolato dai processi di ristrutturazione e di dispiegamento del corso della crisi. Un compito pratico da cui non vogliamo sottrarci sostenendo, con grande determinatezza, tutte quelle posizioni politiche incardinate ad un profilo costitutivo e programmatico autonomo ed indipendente dalle compatibilità del mercato.

Michele Franco, esecutivo regionale della Campania RdB/CUB

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie del dossier «Licenziamenti politici»

Ultime notizie dell'autore «RdB CUB - Rappresentanze Sindacali di Base Confederazione Unitaria di Base»

4020