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(8 Dicembre 2007)

Attenzione: questo non è il solito intervento “anti-parlamentarismo”, che cerca di dare del venduto ai “forchettoni rossi” di massariana ascendenza. Nulla di tutto questo; anzi. Lo scopo è quello di aiutare a capire la scelta che il ristretto gruppo dirigente di Rifondazione Comunista sta compiendo, in tutta serietà. Lasciatisi alle spalle il pesante fardello della logica di opposizione e passati, armi e bagagli (non da ieri) al fronte della governabilità (ignorando, non solo che si muore ancora di lavoro, ma l'insieme della complessità della situazione sociale in mondo dominato dal liberismo più feroce visto dall'epoca della prima rivoluzione industriale: quello che fece scrivere Marx per intenderci, con l'aggiunta della distruzione ambientale) queste compagni e questi compagni non possono agire diversamente se intendono conservare, non tanto per dirla con Putnam il loro “capitale sociale”, ma il loro indispensabile “capitale politico”.

Non c'è altra strada che, prima di tutto, rivolgersi all'orticello di casa nostra e al suo “teatrino della politica” rinunziando a qualsiasi analisi di un certo respiro (anche quelle su globalizzazione, movimenti e- nel recente passato – non violenza, avevano tutte occhi ed orecchie rivolte tra Montecitorio e Palazzo Chigi, al massimo via Uffici del Vicario, di fronte a Giolitti, il gelataio, beninteso non l'uomo di Dronero), soffocare la democrazia interna al partito ( attraverso la tattica del rinvio perenne dei congressi annunciati), sposare la linea dei meccanismi istituzionali ed elettorali che “fanno” la politica.

Per questo motivo il gruppo dirigente di Rifondazione Comunista punta sul “governo istituzionale” per le riforme, ponendosi quale terzo attore tra il PD ed “Popolo per la Libertà”, ed in quell'ottica il suo ex-segretario punta , questa volta sì, ad un ministero: per esserci, nel momento decisivo per quello che è oggi davvero il già citato “teatrino della politica”; la nuova legge elettorale ( è strano, però, che nessuno dei costituzionalisti che intervengono sulla materia non ricordino il vorticoso giro di valzer che, negli ultimi tre anni, è avvenuto su questa materia: ecco, questo mi pare davvero il dato più pesante dell'incredibilità di questa classe politica, ben peggio dei temi sollevati da “La casta”).

Una nuova legge elettorale che permetterà a quattro protagonisti di diverse dimensioni: PD, Partito della Libertà, “Cosa Bianca” e Rifondazione Comunista di scrollarsi di dosso incauti compagni di viaggio e spartirsi il bottino (grasso, per certi modesti appetiti) nella caccia al tesoro tra i palazzi romani, con la Lega Nord ridotta a poco più del diritto di tribuna, ma priva della capacità d'interdizione, dopo la caduta del “muro dell'antiberlusconismo” (così annunciata, qualche sera fa, dal suo principale teorico quel Giuliano Ferrara, già responsabile della Commissione Fabbriche del PCI di Torino, più o meno nello stesso periodo in cui Bondi era sindaco PCI di Fivizzano. Tutti “miglioristi” di derivazione amendoliana, militanti nella corrente dell'attuale presidente della Repubblica).

Perché ho scritto di Rifondazione Comunista e non di “Cosa Rossa”?: perché la “Cosa Rossa” sarà semplicemente il cavallo di Troia che questo gruppo dirigente userà per riaffermarsi, riciclarsi, ricollocarsi senza rendere conto del fallimento della tattica usata nel corso degli ultimi anni. I compagni di viaggio scelti sono deboli sul piano dell'impatto elettorale( poi accontentati i ristretti “soliti noti” qualche Diliberto, qualche Cento,qualche Pecoraro Scanio tutto torna), con un sistema che premierà senz'altro un certo tipo di spartizione delle candidature. Gli ex-DS, inoltre, saranno ulteriormente indeboliti da ulteriori trasmigrazioni verso il PD, e ci saranno i nostalgici della “falce e martello” che provocheranno un ulteriore frazionamento, cercando di correre per conto proprio in una gara con poche speranze ( intento nobile, peraltro, ma poco produttivo almeno sul piano elettorale: quanto ad un discorso relativo all'insieme della sinistra di opposizione, dovremmo tutti assieme tornare a parlare di politica e di realtà economico – sociale).

A questo punto il “clan rifondarolo”, conservati gli scranni in Parlamento che l'andare alle elezioni dopo cinque anni di governo avrebbero spazzato inesorabilmente via, potrà tornare all'opposizione e fare la voce grossa contro il nuovo governo, fosse questo di “grosskoalition”, fosse di intesa tra PD e Cosa Bianca.

L'unico ostacolo, rispetto a questa agognata ancora di salvezza, il governo Prodi ed i “bipolaristi”: per cercare di rimuoverlo ecco la scelta che, apparentemente, scandalizza molti ma che, a chi scrive, appare perfettamente coerente con un certo tipo di storia e di percorso politico, perché quando si predica “l'autonomia dei movimenti” con ogni probabilità si intende praticare, con il massimo della spregiudicatezza, “l'autonomia del politico”.

Savona, li 7 Dicembre 2007

Franco Astengo

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