">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Comunisti e organizzazione    (Visualizza la Mappa del sito )

Egemonia e subalternità

(12 Luglio 2008)

Quelli che, nel corso del ‘900, hanno attraversato la complessa vicenda storica dell’area comunista in Italia (ed anche di quella socialista di sinistra, una roba non da poco ve lo assicuro) hanno avuto netta, nel giro di poche settimane, la sensazione dell’assoluto dissolvimento del patrimonio politico, culturale, storico che era stato accumulato nel corso degli anni e che tanto aveva pesato sulla realtà concreta del nostro Paese, ed anche (ovviamente) fuori di esso.

Ci era capitato di denunciare questo pericolo, da tempo, ed il risultato elettorale del 13 -14 Aprile scorso ci aveva confermato nelle nostre previsioni: non si trattava soltanto della sparizione, a livello parlamentare, dei residui di un settore politico che pure avrebbe dovuto fare riferimento a quella storia, ma di un vero e proprio “smottamento”, di una resa senza condizioni sul terreno (delicatissimo e decisivo) della rappresentanza politica.

Su questo punto, però, ci siamo già esercitati a sufficienza nelle scorse settimane: adesso, abbiamo avuto una conferma piena dello stato di assoluta subalternità che i reduci di questa disfatta, tenacemente abbarbicati ai simboli del loro ex-presunto – potere (come dimostra l’andamento dei congressi di PRC e PdCI, rispetto ai quali è opportuno tacere) hanno realizzato, rispetto alle istanze più profonde di quella che, sbrigativamente e con un certo difetto sul terreno della precisa denominazione, definiamo come “antipolitica”.

Le bandiere con la falce e martello (simbolo vero, non romanticamente richiamabile per ragioni di semplice opportunità) presenti in piazza Navona, all’interno (direi meglio “in un angolo”) di una manifestazione della quale tutto si può dire meno che rappresentasse un fatto ed un appuntamento politico, hanno segnato un confine insuperabile.

Si è così dimostrato “plasticamente” l’assoluta impossibilità di utilizzo dei residui di questi soggetti in vista di una possibile ripresa di presenza e di capacità di rappresentanza politica: poi magari andranno avanti lo stesso, ma si tratterà semplicemente di “revenants”.

Altro che “autosufficienza dei comunisti”, contrapposta a chi pensa alla ricostituzione di un “nuovo centrosinistra”: l’appello deve essere lanciato nella direzione di una ricostruzione sul piano teorico, e debbono essere posti in atto tutti gli strumenti utili proprio su questo terreno.

Mentre il Partito Democratico compirà la sua parabola, e non è nemmeno da escludere una sua implosione, la destra affermerà organicamente il suo potere sviluppandolo nella politica, come nell’economia, come nel modellare usi e costumi alla propria visione della società ( è qui che troviamo, non del tutto inaspettatamente, un concreto “organicismo”.

Una vittoria storica che può essere contrastata soltanto riprendendo, al fondo, le ragioni costitutive dell’agire della sinistra.

Gli obiettivi intermedi potranno essere tracciati di volta, in volta (e saranno obiettivi intermedi importanti, come quelli che dovrebbero rappresentare le tappe per un possibile recupero della capacità di rappresentanza istituzionale, a tutti i livelli).

L’obiettivo più importante rimane, però, quella della ricostituzione – a breve – di un soggetto politico, un partito, posto in grado nella sua azione di rappresentare un punto di riferimento nella direzione appena indicata.

In questa sede intendo limitarmi ad affrontare due punti fondamentali dell’identità possibile di questo soggetto, senza addentrarmi in ipotesi di carattere programmatico, e senza cadere nella “querelle” delle denominazioni, se deve esserci o meno comunista nel simbolo e nel nome: ho parlato all’inizio di appartenenza ad almeno due filoni della tradizione della sinistra italiana del ‘900, e mi limito a questa affermazione.

Del resto proprio i due temi che intendo sollevare, in conclusione di questo intervento, e relativi alla natura che dovrebbe avere questo nuovo soggetto risulteranno, a mio modesto giudizio, fortemente indicativi.

Il primo punto che intendo sollevare riguarda, infatti, la natura del partito.

In assoluta controtendenza con l’attualità, abbiamo bisogno di un “partito ad integrazione di massa”, secondo la felice formula adottata, a suo tempo, da Maurice Duverger.

Abbiamo bisogno di un partito che nasca dai settori della società con l’intenzione di penetrare nello Stato e modificare le politiche pubbliche, nell’interesse a lungo termine dei soggetti sociali a cui risponde.

Dobbiamo contrastare l’attuale deriva verso i partiti “pigliatutto” ( leaderistici, aziendalistici, di “cartello”) che nascono come organismi che stanno tra la società e lo Stato, cercando di ottenere un controllo temporaneo delle politiche per soddisfare a breve termine dei suoi pragmatici consumatori.

Abbiamo bisogno di un partito che ritorni a saper esercitare egemonia.

Ecco, il tratto dell’egemonia è senza dubbio quello più caratteristico nella vicenda storica del “caso italiano”.

Un tratto che andrebbe ripreso ed esplorato, proprio adesso che la costituzione di un’economia – mondo, di un’interdipendenza economica e politica tra gli Stati, rende impossibile l’idea di un’autosufficienza (anche rispetto ad un’area geografica vasta, non semplicemente ad una sola Nazione).

L’egemonia si costruisce in questo intreccio tra momento nazionale e momento sovranazionale e alla valutazione piena, che è di Gramsci e sulla quale varrebbe la pena di tornare a riflettere, sul modificarsi della relazione classica esistente tra struttura e sovrastruttura e dell’esigenza di riaprire una fase di “guerra di posizione” per la quale è evidente la necessità di disporre di precise caratteristiche morali e di adeguate capacità progettuali, senza alcuna concessione al movimentismo e all’idea del “crescere su sé stessi”.

L’invito è quello di aprire una fase di raccolta di materiali per una discussione, insieme, teorica e politica, avendo chiaro il traguardo: la ricostituzione di un partito all’altezza della nostra storia e del nostro futuro.

Savona, li 11 luglio 2008

Franco Astengo

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Dopo il fallimento della sinistra governista. Quali prospettive per i comunisti?»

Ultime notizie dell'autore «Franco Astengo»

4900