">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Gaza, Varsavia e l'ombra di Goebbels.

(16 Gennaio 2009)

Il paragone fra quanto succede in Palestina ed il tragico destino degli ebrei d'Europa durante il regime nazista è argomento quanto mai delicato. Tanto che anche il recente intervento del cardinale Martino, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, ha suscitato inusitate polemiche (soprattutto a confronto con la diffusa acquiescenza nei confronti dei quotidiani sproloqui tuttologici delle gerarchie vaticane).

Gad Lerner - facendo il finto tonto - rifiuta ogni paragone fra il sanguinoso massacro di queste settimane a Gaza da parte israeliana, e l'eliminazione di milioni di ebrei nella modernissima macchina industriale di Auschwitz. Paragone infatti incongruo: anche nella barbarie nazista c'era differenza fra le specializzazioni concentrazionarie, pur avendo tutte per obiettivo la morte.

Il complesso sistema di schiavizzazione, sfruttamento ed eliminazione di milioni di persone (solo in parte ebrei: prima di loro erano entrati nell'universo concentrazionario gli oppositori politici di sinistra, gli handicappati, i pazienti psichiatrici, i testimoni di geova, accompagnati progressivamente dagli zingari, dai cristiani confessanti, dagli omosessuali, dai neri, dagli slavi e da tutti i prigionieri di guerra) si alimentava di vari gironi, come ogni inferno che si rispetti.

E milioni di persone, ebrei compresi, erano state sterminate direttamente sul posto, al momento della cattura.

Gli esempi giusti, per Gaza e la Cisgiordania, sono altri: sono Varsavia e Terezin, il grande ghetto di concentramento degli ebrei polacchi e la piccola città cecoslovacca destinata a fare da vetrina ad un osceno esperimento propagandistico, come se gli ebrei d'Europa fossero dei panda da preservare temporaneamente. A Varsavia non c'erano solo ebrei inermi. C'erano ebrei collaborazionisti ed ebrei resistenti. E qui i paragoni diventano molti, ed inquietanti.

Anche in Palestina ci sono ora gli ebrei collaborazionisti del “consiglio ebraico”, gli Abu Mazen ed il loro regime corrotto. Con la loro polizia che, invece di difendere i propri concittadini, è stata addestrata da israeliani e statunitensi per la repressione interna.

Tanto da trasformare i tanti bantustans cisgiordani, isolati l'uno dall'altro dalle colonie israeliane, in piccole prigioni per i sudditi dell'ennesimo califfato mediorientale.

Ovviamente anche in Palestina ci sono gli invasori, i colonialisti, quelli che i palestinesi sono disponibili a tollerarli solo come “extracomunitari”, manodopera in nero da sfruttare a basso costo, ed altrimenti da eliminare.

Anche Varsavia, nel 1943, visse l'eliminazione nazista del ghetto.

Circondato come Gaza. Prima, anche a Varsavia la Resistenza, e la popolazione per le sue esigenze elementari, passava per le gallerie delle fognature, attraverso cui passavano il pane e le armi per l'organizzazione partigiana interna. Anche a Varsavia i nazisti davano la caccia al popolo dei tunnel, uccidendo i ragazzini che sgattaiolavano dai tombini della fogna, come a Rafah.

Anche a Varsavia, come a Gaza, c'era la Resistenza, disperata ed eroica.

Con “qualche” differenza. A Varsavia c'erano i socialisti ebrei del Bund, la più vivace e coriacea organizzazione dell'Internazionale Socialista, internazionalisti e non sionisti. A Gaza no: la sinistra palestinese è stata emarginata progressivamente dalla coincidenza fra le manovre di potere di Al Fatah e l'integralismo clericale di Hamas. Ma, a difendersi fra le case, nelle cantine, in mezzo al proprio popolo, i partigiani sono tutti uguali, e la gente non gli chiede certo la tessera, in questi momenti.

Anche a Gaza, per uscire vivi dal ghetto, bisognerà guardare oltre le proprie fedi e solitudini. I partigiani superstiti del Bund, salvatisi attraverso le solite fogne, nel 1944, fecero a modo loro l'unità della sinistra combattendo con gli odiati cugini comunisti, gli unici a non essere antisemiti a Varsavia. Anche la Resistenza palestinese, se vorrà avere un futuro, dovrà saper trovare le alleanze per abbandonare le armi e tornare ad una vincente Intifada nonviolenta.

Ma nulla di tutto ciò potrà avvenire senza il contributo di questa Italia, dove un'intera classe politica, di destra e di “sinistra” (ma forse Veltroni, la Mafai e Rutelli potrebbero offendersi a sentirsi chiamare così) partecipa unanime al coro sterminista pro-Israele.

Rappresentati ad ora di cena dall'osceno Pagliara, sempre più infoiato nella sua cavalcata sui carri armati lanciati contro un un popolo dolente.

Per vedere qualcosa di decente, bisogna rassegnarsi a guardare la BBC, la CNN od Al-Jazeera. Qui da noi, a dispetto dei nostri padri partigiani, i mass media sono ancora controllati da Goebbels.

Gian Luigi Bettoli (Spilimbergo)

5433