">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Araba Fenice

Araba Fenice

(23 Novembre 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Palestina occupata)

Israele, un ortodosso governo laburo-razzista

(31 Marzo 2009)

Netanyahu sembra avercela fatta ad assemblare uno degli esecutivi più elaborati e posticci della storia d’Israele. Un rompicapo che ha tenuto per oltre un mese in bilico il leader del Likud che voleva fortissimamente essere premier. Esserlo di un governo solo della destra e dell’ultradestra, uscite fortificate dalle ultime elezioni, non gli avrebbe dato il via libera della Casa Bianca. Grazie alla sponda venuta da Barak, disposto ad entrare in questo governo, gli Usa hanno annuito. Il tutto non senza divisioni e scandalo, anche se molto di maniera, in seno al Labur dove diversi esponenti hanno contestato la scelta di prostrarsi al Likud. Ma il ministro della Difesa uscente, riconfermato nel ruolo anche nel neonato governo, s’è affrettato a giustificare il passo come una necessità per uscire dal cono d’ombra nel quale il voto di febbraio aveva posto il partito, mai sceso a una rappresentanza così scarsa alla Knessset (15 seggi). In verità anche a metà anni Ottanta i laburisti avevano collaborato con la destra adattandosi a una staffetta con Shamir; stavolta però essi appaiono assolutamente gregari non godendo neppure d’una vicepresidenza che Netanyahu pare non voler concedere a nessuno dopo le bizze del collega di partito Shalom che rifiuta di ricoprire l’incarico della Cooperazione regionale.

La presenza dei laburisti servirà a Netanyahu per contare su un po’ d’ossigeno in situazioni potenzialmente imbarazzanti su temi sui quali gli ultraortodossi potranno fare muro, una maggioranza risicata solo con loro avrebbe messo a rischio continuo l’esecutivo stesso. Eppure gli alleati primi del Likud nel governo che domani presterà giuramento davanti al presidente Peres restano Israel Beiteinu e Shas, che dalle note ancora ufficiose ma ufficialmente pubblicate sulla stampa del Paese vengono premiati più dei laburisti. Di questi Barak, conserva lo strategico dicastero della Difesa, seguono Ben-Eliezer all’Industria e Lavoro e Shalom Simhon all’Agricoltura. Tre ministeri anche per Shas, gli Interni con il leader Eli Yishai, quindi gli strategici Affari religiosi su cui la componente sefardita mette le mani e quello delle Costruzioni che vuol dire diretto controllo sui finanziamenti agli insediamenti dei coloni. Il partito di Lieberman fa il pieno: col prestigiosissimo ministero degli Esteri primo tributo pagato da Netanyahu al razzista russofono, gli altri saranno Sicurezza interna, Infrastrutture nazionali, Turismo, Integrazione che raccoglie una delle due donne-ministro, Safa Lander, l’altra è Limor Livnat alla cultura.

Se queste investiture produrranno instabilità lo vedremo presto. Le scorribande dei coloni con tanto di scontri a Umm Al Fahm dei giorni scorsi possono rappresentare solo il minuscolo prodromo alla crescente tensione interna. Intanto la situazione economica nel Paese diventa sempre più difficile e lo spettro della disoccupazione avanza anche nel settore edilizio tenuto finora a ritmi lavorativi elevatissimi. E’ di queste ore la notizia d’un crac (con la perdita d’un miliardo di euro) per uno degli uomini d’oro della finanzia israeliana, ras dell’edificazione di migliaia di abitazioni per coloni, oltre che di lussuose ville e costosissimi appartamenti nel centro storico di Gerusalemme. Si tratta dell’Afi Group, holding del cinquantatreenne miliardario d’origine russa Lev Leviev, arricchitosi con lo sfruttamento dei diamanti in Angola, quel commercio difeso dagli eserciti mercenari che stritolano migliaia di bambini-soldato. Leviev, giunto in Israele col padre nel 1971, ha consolidato in fretta il suo iniziale impero economico basato su taglio e smercio di diamanti verso i mercati dei nuovi ricchi dell’Est ampiamente favorito dai governi di Eltsin e Putin. Il finanziamento per le opere filantropiche e divulgative della tradizione ebraica gli è valso il benestare di importanti rabbini della madre patria.

Ne è seguita l’ancora più lucrosa, perché in continua espansione, attività di costruttore e immobiliarista che lo vedono padrone dei famigerati insediamenti nei Territori Occupati con centri come Ma’ale Adummim che taglia Gerusalemme est dal resto della Cisgiordania e Al Walaja di fronte a Bethlehem. Per il buco economico la Afi ha annunciato il taglio di ventimila posti di lavoro, una manodopera spesso di origine araba che, com’è accaduto per la costruzione del Muro, assolve l’ingrato compito di rendersi indirettamente complice dei soprusi dei piani del governo d’Israele verso i palestinesi. Altro attacco all’occupazione viene in questi giorni dalla Società delle ferrovie che ha licenziato quaranta dipendenti arabo-israeliani sostenendo che i posti devono essere riservati a chi ha prestato il servizio militare. La minoranza araba per legge (finora) non è obbligata a vestire la divisa di Tsahal. Ma il “patto di fedeltà” di Lieberman s’aggira minaccioso.

30 marzo 2009

Enrico Campofreda

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie del dossier «Palestina occupata»

Ultime notizie dell'autore «Enrico Campofreda»

4261