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Dalla guardia del campo di sterminio di Gaza

Dalla guardia del campo di sterminio di Gaza

(15 Marzo 2010) Enzo Apicella
L'Amministrazione USA chiede a Israele di rinunciare a nuovi insediamenti a Gerusalemme est

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Avigdor Lieberman alla Farnesina

(5 Maggio 2009)

Passa per la Farnesina il primo atto dello sdoganamento del discusso ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman giunto ieri a Roma e che proseguirà il tour della sua captatio benevolentiae verso alcuni Paesi membri dell’Unione Europea facendo tappa a Berlino, Praga, Parigi. Accettando l’invito del collega italiano Frattini Lieberman ha affermato di aver voluto iniziare il giro di visite proprio dall’Italia che s’è dimostrata amica rifiutandosi recentemente di partecipare all’assise di Ginevra dove il presidente iraniano Ahmadinejad ha apertamente accusato Israele d’essere uno Stato razzista. Nella conferenza stampa di stamane il leader del partito russofono Israel Beiteinu – additato da più parti appunto come razzista – s’è mostrato nella sua veste diplomatica e ha glissato argomenti ostici. Riguardo alla questione dei “due popoli due Stati” ha affermato che questa linea in sedici anni non ha prodotto alcuna certezza, al contrario il governo di cui fa parte ha l’ambizione fuori da slogan e dichiarazioni pompose d’inseguire risultati concreti. Lieberman, che domani incontrerà in premier Berlusconi, ha invece puntato il dito sul fattore, a suo dire, destabilizzante per il Medio Oriente: l’Iran. Gli ha fatto eco Frattini che non ha trovato meglio che ripetere una simile litania sostenendo come la comunità internazionale dall’Europa agli Stati Uniti passando per i Paesi arabi moderati siano preoccupati e solidali con le preoccupazioni d’Israele per quell’influenza nella regione.

Il leader dell’estrema destra russofona che, con quindici deputati eletti alla Knesset fa da puntello al governo Netanyahu e ha ricevuto cinque importanti dicasteri, è reduce dall’ennesima deposizione davanti alla polizia che indaga sui suoi conti off shore d’una società cipriota intestata a sua figlia Michal e lo accusa di corruzione, riciclaggio, falso in bilancio. Nell’ultimo mese ha subìto ben quattro lunghissimi interrogatori e la sua posizione per gli intricati rapporti con discussi personaggi (l’austriaco Schlaff e il russo-israeliano Chernoy suoi occulti finanziatori elettorali) hanno assunto contorni sempre più compromettenti. Lui si difende da tempo ripetendo il refrain che la vicenda è vecchia e costituirebbe un’ipotesi di giustizia a orologeria, intanto pur lentamente la macchina giudiziaria cammina. Questa galoppata continentale può servire a Lieberman per consolidare posizioni politiche personali che possano tornare utili in patria per i guai con la legge. Il suo momentaneo sponsor Netanyahu potrà aiutarlo se verrà a sua volta aiutato a superare l’impasse d’una situazione senza soluzioni che balza agli occhi dal termine dell’operazione ‘Piombo fuso’. Vinte le elezioni e incamerato il premierato l’uomo del Likud, che ha faticato non poco a creare la coalizione di governo dall’estrema destra al Labur, ora deve contenere l’aggressività della campagna elettorale sua e degli alleati.

Ma se in virtù dei favori personali Lieberman sembra accantonare l’obiettivo primario di due mesi fa - quel ‘giuramento di lealtà’ richiesto ai cittadini arabo-israeliani per decretare l’espulsione dei dissenzienti - la compressione delle condizioni di vita di quest’ultimi e soprattutto dei palestinesi nei Territori occupati continua a essere un crudele quadro quotidiano. E ciò è prassi dell’intera coalizione di governo dal Likud a Israel Beiteinu passando per il Labur. Uno dei maggiori motivi di destabilizzione dell’ultimo quindicennio è stato proprio il falso processo di pace che per mano israeliana ha tradito gli Accordi di Oslo, già di per sé sfavorevoli a una vera autodeterminazione amministrativa palestinese. Il blocco sempre più vistoso della mobilità di questa popolazione in Cisgiordania, il totale isolamento di Gaza rappresentano anche secondo osservatori assolutamente super partes uno dei volti dell’apartheid imposto da Israele. Chi viveva nella Striscia ben prima della morte per il fosforo bianco dell’IDF, malattie e stenti imposti dall’embargo era impossibilitato, e lo sarà probabilmente a lungo, a muoversi da quei trecentosessanta chilometri quadrati. Dietro i pronunciamenti di pace della classe politica ebraica per anni si sono celati migliaia d’insediamenti di coloni che, oltre a flagellare la poca terra restituita solo sulla carta ai palestinesi, esasperano le condizioni di vita col proprio fanatismo.

Su questo, sull’appropriazione indebita delle risorse idriche, sulle umiliazioni ai check point i governanti europei potrebbero discutere coi ministri d’Israele anziché recitare pappagalleschi copioni di finta pace. Nel pomeriggio a Roma un presidio di protesta ricordava questo oltre a decretare sgraditi Lieberman e la sua politica.

4 maggio 2009

Enrico Campofreda

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