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Sotterranei della giustizia

Sotterranei della giustizia

(14 Novembre 2009) Enzo Apicella
Tre medici e tre agenti penitenziari indagati per la morte di Stefano Cucchi

Tutte le vignette di Enzo Apicella

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(Omicidi di stato)

Mobilitiamoci contro lo stato di polizia

e le leggi che assicurano l’impunità

(3 Novembre 2009)

Da giorni stanno venendo alla ribalta delle cronache numerosi episodi di violenza che si consumano nelle carceri tra cui l’assassinio del giovane Stefano Cucchi e la vera e propria, e per alcuni tratti pianificata, induzione al suicidio di Diana Blefari.
Questi fatti, se li leggiamo e li aggiungiamo ad altri fatti analoghi – dal pestaggio mortale di Aldrovandi a quello di Lonzi nel carcere di Livorno o di Branzino nel carcere di Perugia - ci consegnano l’esatta idea di cosa significhi uno stato di polizia.
Da sempre nelle caserme e nelle carceri l’uso della violenza (contro i cosiddetti pesci piccoli) è una palese consuetudine con cui gli apparati repressivi dello stato gestiscono l’amministrazione della giustizia, come non sono una novità gli insabbiamenti e l’impunità di cui godono coloro i quali si macchiano di queste pratiche vigliacche.

Se nell’ultimo periodo la cappa di silenzio su questi fatti si sta rompendo a livello massmediatico, emerge però un dato politico che registriamo e che segnaliamo all’attenzione di tutti:

-questa nuova ondata di violenza degli apparati dello Stato, assieme all’intensificarsi della repressione contro le forme di espressione del conflitto sociale (vedi lo sgombero del Centro Sociale Experia di Catania e l’uso, sempre più frequente, della terapia del manganello contro le varie mobilitazioni…) avviene in un contesto culturale e sociale in cui, artatamente, viene profuso un clima securitario che, oggettivamente, tende a giustificare e diluire gli episodi di violenza e di sopruso che accadono.

-nel contempo si stanno varando provvedimenti legislativi liberticidi, antisociali e xenofobi, i quali rendono norma giuridica una prassi autoritaria che blinda ulteriormente la società restringendo tutti gli spazi di agibilità democratica. Il tutto in un contesto in cui l’incidere degli effetti della crisi economica potrebbero dare impulso non solo alla disgregazione e alla rassegnazione, ma anche nuova e più diffusa propensione alla mobilitazione ed alla lotta. I governi non hanno paura della crisi ma hanno paura della reazione di lavoratori, disoccupati e giovani alle conseguenze della crisi. Se non hanno misure sociali da mettere in campo come risposta, preferiscono mettere in campo gli apparati repressivi e un clima di intimidazione.

Abbiamo, anche in altre occasioni, sollecitato una risposta ampia a questa offensiva repressiva ed oscurantista. Pochi giorni fa, nel corso dell’assemblea che abbiamo svolto a Roma, con la partecipazione di numerosi esponenti della sinistra, nell’ambito di alcune possibili campagne unitarie di mobilitazione, siamo tornati ad indicare il tema della lotta alla legislazione emergenziale ed al corollario delle questioni afferenti ad essa, come uno dei terreni di iniziativa politica attorno cui agglutinare forze e disponibilità ad una battaglia sociale.
I fatti di questi giorni ci confermano, tragicamente, questa necessità e ci inducono a rilanciare questa proposta a tutte le forze politiche, democratiche e alternative per mettere in campo le indispensabili iniziative tese a fermare – sul serio – la violenza di stato e il clima di paura.

La Rete dei Comunisti

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