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“Non in nostro nome”

Centinaia di adesioni all’appello che si dissocia dalle scelte di Berlusconi di rendere l’Italia complice di Israele.

(10 Febbraio 2010)

In soli due giorni sono già diventate centinaia le adesioni all’appello “Non in nostro nome”, partito quasi in sordina lunedi su alcuni siti internet e su Facebook. L’appello – stringato ma perentorio – denuncia che “Il governo italiano, con la recente visita del premier Berlusconi in Israele, ha reso il nostro paese complice dell’oppressione del popolo palestinese e delle possibili escalation di guerra israeliana in Medio Oriente. L’Italia sta fornendo ufficialmente armamenti, investimenti economici, collaborazioni scientifiche al governo israeliano condannato dalle istituzioni internazionali per la costruzione del Muro di segregazione, per i crimini di guerra a Gaza e l’occupazione coloniale dei Territori Palestinesi”. Da queste decisioni i sottoscrittori prendono decisamente le distanze affermando che “Noi, in quanto cittadini italiani, non accettiamo di essere considerati complici di questa politica di oppressione e di guerra. Per questi motivi chiediamo la revoca degli accordi militari, commerciali, scientifici, culturali tra le istituzioni italiane e quelle israeliane e la revoca della partecipazione italiana ed europea al vergognoso embargo contro la popolazione palestinese di Gaza ormai da quattro anni sotto assedio”.

Nelle adesioni all’appello figurano sia intellettuali e personalità conosciute della politica che semplici cittadini o attivisti impegnati a vario titolo nelle attività di solidarietà con il popolo palestinese. Si notano le firme di docenti universitari come Angelo D’Orsi, Domenico Losurdo, o Sancia Gaetani, Nella Ginatempo, Ornella Terracini , attive nei movimenti pacifisti e quelle di dirigenti politici del PRC e del PdCI come l’ex senatore Fosco Giannini, Fausto Sorini, Bruno Steri, Roberto Antonaz, Maurizio Musolino, Andrea Genovali, c'è il musicista Daniele Sepe ma non mancano gli attivisti del Forum Palestina come Sergio Cararo e Germano Monti o quelli come Paola Canarutto, Marco Ramazzotti, Miryam Marino della Rete Ebrei contro l’Occupazione, c’è l’intellettuale bolognese Alberto Masala e l’operaia Maria Luisa Bisetti, ci sono giornalisti come Michele Giorgio e ricercatori scientifici come Edoardo Magnone o Sara Pozzi. Insomma lo spaccato reale di una società civile che “con indignazione” ha inteso pubblicamente dissociarsi dalle dichiarazioni e dagli impegni del governo italiano che ha spinto la politica estera italiana su un sentiero estremamente pericoloso.

L’appello è stato pubblicato in decine di siti e di blog e ed ha aperto anche un gruppo su Facebook (appello per la Palestina: non in nostro nome)

L’elenco completo e aggiornato delle adesioni all’appello “Non in nostro nome” è reperibile sul sito www.forumpalestina.org .

Le adesioni vanno inviate a: noninostronome@libero.it. I promotori stanno ragionando sulla convocazione di un appuntamento nazionale dei firmatari che renda esplicita la dissociazione di una parte della società italiana dalle dichiarazioni e dagli accordi presi da Berlusconi in Israele.

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