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Gli ex alunni della scuola Diaz

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Italia-Iran: ricercando la faccia di spia

(7 Marzo 2010)

Nella spirale delle dichiarazioni che hanno accompagnato l’operazione della Guardia di Finanza contro trafficanti d’armi italiani e contro due iraniani accusati di servire l’Intelligence di Teheran, il Ministro degli Esteri Frattini definisce “scomposte” le reazioni dei suoi omologhi della Repubblica Islamica che hanno convocato l’ambasciatore Bradalini e accusato il nostro governo di “iniziativa propagandistica”. L’indagine condotta dal procuratore aggiunto di Milano Spataro seguirà il suo corso. Però il sequestro di armi - alcune pistole e mirini di precisione, poi paracadute (sic) e un presunto propellente chimico – che procedevano con uno strano giro dalla Romania alla Germania, sembra un traffichino illecito di piccolo cabotaggio rispetto ai grandi movimenti delle organizzazioni criminali che smistano materiale bellico di ben altra portata e consistenza. Crea sconcerto il fermo del noto giornalista della tivù iraniana in Italia, Hamid Masoumi Nejad, bloccato nella capitale presso la sede della stampa estera dov’è accreditato, conosciuto e apprezzato per il puntiglioso lavoro da decine di corrispondenti di molti Paesi che quel luogo frequentano. Presente da un quindicennio a Roma il giornalista iraniano è un commentatore delle vicende italiane, con attenzione rivolta anche alla politica internazionale.

Una chiosa della redazione del suo organo d’informazione, l’IRIB, ha fatto notare come i reportage di Masoumi Nejad, critici verso l’operato dell’attuale governo italiano nella gestione della crisi economica, dell’intricato quadro degli appalti irregolari sulle emergenze rifiuti, terremoto, grandi opere fossero ampiamente sgraditi a Palazzo Chigi. E l’IRIB avanza l’ipotesi d’una sorta di “incastro” giocato attorno all’affaire del traffico d’armi con l’accusa nientemeno che di spia rivolta al cronista proprio per il rigore professionale mostrato, indisponibile a omissioni e compiacenze verso il potere del paese ospitante. Il nostro Ministro probabilmente considererà ancor più scomposta l’ipotesi dei colleghi di Masoumi Nejab. Ma pur rassicurando ogni garanzia legale per il fermato Frattini non riesce a confutare il sospetto di un’operazione “a orologeria” nei confronti di esponenti iraniani in una fase in cui l’attacco lanciato da Berlusconi al governo di Teheran è stato esso sì un passo scomposto e antidiplomatico che trova precedenti solo nelle dichiarazioni mirate alla rottura dei rapporti fra nazioni. Nonostante il crescente clima sanzionatorio dell’amministrazione statunitense, il governo italiano, unico fra i membri della Ue, ha assunto toni para sionisti nella critica al sistema iraniano, sia governativo sia dell’organizzazione statale. Uno zelo sconsiderato, tipico dello stile berlusconiano, e sconveniente per la stessa linea Obama.

Due ombre restano nella vicenda dell’arresto del giornalista: il fastidio che quest’Esecutivo continua a manifestare nei confronti del ruolo indipendente di una parte della stampa nazionale ed estera, antitetico agli italici sistema Minzolini e all’amato modello salottiero - dei Vespa, Floris, Santoro - compiacente verso l’establishment partitico, che in quelle piazze virtuali risulta trasversalmente beneficiario di tribune non politiche ma promozionali. L’ultimo esempio è la candidata alla Regione Lazio Polverini: c’è da chiedersi a quale carriera politica avrebbe potuto aspirare senza la vetrina di “Ballarò”. E la presunzione di democrazia con cui sempre l’attuale governo stabilisce patenti di legalità al suo operato e censure a quello degli avversari, dentro e fuori i patrii confini. Riguardo alle Intelligence nostrane il premier Berlusconi non ha mai chiarito il ruolo ricoperto dagli uomini del Sismi nella rendition dell’imam di Milano Abu Omar operata dalla Cia. E nel novembre scorso solo il segreto di Stato ha salvato dalla condanna a tredici anni di reclusione l’ex direttore del Sismi Pollari e a dieci il funzionario dei Servizi Mancini, che secondo le indagini della magistratura avevano partecipato a quell’azione illegale per la quale ventitre agenti americani sono stati dichiarati colpevoli.

6 marzo 2010

Enrico Campofreda

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