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Fiat: lacrime e sangue

Fiat: lacrime e sangue

(14 Agosto 2010) Enzo Apicella

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Licenziamenti alla Fiat e necessità di una mobilitazione autonoma ed indipendente in fabbrica, nei territori e nella società

(20 Luglio 2010)

Non è tardata a palesarsi la rappresaglia antioperaia del democratico Marchionne.

Ad appena qualche settimana dal sonoro schiaffo in faccia, da parte dei lavoratori di Pomigliano d’Arco e dei riusciti scioperi in alcuni stabilimenti del gruppo, la direzione Fiat ha licenziato alcuni delegati Fiom a Torino e a Melfi colpevoli di non addomesticarsi ai continui diktat dell’impresa tendenti al continuo incrudimento delle condizioni di vita e di lavoro.

Ancora una volta la Fiat, come è nella sua tradizione, fa da apripista al capitalismo italiano ed indica la direzione di marcia da adottare contro ogni insubordinazione o conflittualità che dovesse esprimersi – oggi ed ancora di più domani - a fronte dell’ondata di licenziamenti e di pesanti ristrutturazioni che stanno investendo il mercato del lavoro.

Una vera e propria impostazione politica che Marchionne imprime al padronato nostrano che si sta replicando nelle centinaia di Vertenze che coinvolgono decine di migliaia di lavoratori delle piccole e grandi imprese in tutto il paese. Un sapiente lavorio che, alla bisogna, viene adeguatamente supportato dall’iniziativa degli apparati repressivi dello stato come hanno avuto modo di sperimentare, sulla propria pelle, tanto per citare qualche ultimo episodio, i lavoratori metalmeccanici di Milano, i terremotati dell’Aquila e i precari napoletani
In tale contesto, per nulla foriero di buone nuove per i ceti popolari, come prevedono gli stessi analisti borghesi analizzando il prossimo corso della crisi economica, la proposta lanciata dal compagno Ferrero, segretario del PRC, di convocare unitariamente una Manifestazione Nazionale corre il concreto rischio di configurarsi come una sorte di rituale. Una modalità formale che non aiuta l’enuclearsi e il delinearsi di una possibile controtendenza sociale la quale – come è evidente – necessita di coefficienti teorici e politici adeguati alla complessità che la dinamica dello scontro di classe ci segnala pesantemente.

Scendere in piazza, in forma ampia e numerosa, subito dopo la pausa estiva, sicuramente potrebbe essere un buon corroborante per lo sviluppo e la generalizzazione delle mobilitazioni e delle lotte ma – se veramente vogliamo tutti insieme contribuire al dislocamento in avanti delle tante Vertenze in atto – questo passaggio deve costruirsi non su uno, stanco e fuori tempo massimo, caravanserraglio antiberlusconiano ma sulla base di un bilancio politico impietoso di decenni di subalternità culturale e pratica alla logica del meno peggio, della riduzione del danno e della inarrestabile perdita di autonomia dalle compatibilità dell’Azienda Italia e del capitalismo tricolore.

Nella proposta di Ferrero (meglio articolata nel recente Comitato Politico Nazionale del PRC) la Manifestazione viene configurata come un tassello di una più variegata azione politica dentro cui si collocano la richiesta di nuove elezioni anche attraverso una non meglio precisata convergenza antiberlusconiana (viene definita “alleanza elettorale e di governo”) la quale – come è palese per chiunque non viva su Marte – è rivolta prioritariamente al Partito Democratico e alle varie forze “centriste”.

Ancora una volta, quindi, al di là delle dichiarazioni di rito sull’attualità di una discontinuità con una pratica politica – che, ricordiamolo sempre, ha avuto molto a che vedere con l’attuale catastrofe politica ed elettorale della “sinistra” - la montagna ha partorito il topolino.

Sul versante sindacale/sociale il Prc e la Federazione della Sinistra continuano ad interpretare una funzione arretrata sul piano politico e disorientante materialmente anche per molti attivisti e delegati che pure animano il conflitto e che vedono mortificati i loro sforzi. Gli esiti del Congresso Nazionale della Cgil da un lato e la scelta di non criticare la posizione aventiniana della Fiom la quale, a Pomigliano, si è rifiutata di dare indicazione di voto per il NO sono i sintomi del permanere della vigenza di una linea politica tutta rivolta alla “dialettica” interna al sindacato di Epifani e poco permeabile dalle nuove, per quanto ancora insufficienti, espressioni del conflitto che nei posti di lavoro e nei territori iniziano a manifestarsi fuori e contro il collaborazionismo sindacale, non solo di Cisl e Uil, ma anche della stessa Cgil.

Continuare, dunque, con i periodici appelli unitari – sulla basa di piattaforme politiche sempre più svilite ed edulcorate – apre, spesso pure inconsapevolmente, come è già avvenuto nella storia del movimento dei lavoratori, in Italia e non solo, la strada ad ulteriori arretramenti e sconfitte a fronte della nuova virulenza dell’attacco governativo e dei poteri forti del capitale.

Non ci sembra sia utile perseverare, pedissequamente, su questa strada già percorsa!

La Rete dei Comunisti – come è noto – è disponibile a tutti i confronti e le discussioni collettive per contribuire alle necessarie sinergie indispensabili per organizzare il massimo di risposta politica e sociale contro i licenziamenti, a sostegno delle Vertenze dei lavoratori, dei precari, degli immigrati e di tutte le variegate forme e modalità con cui si articola il conflitto.

Questa intrapresa condivisa non può – però - rieditarsi riproponendo ricette ed esperienze consumate ma solo rilanciando – sul piano della ricerca teorica, della prospettiva e dell’impegno militante – la sacrosanta idea/forza dell’indipendenza politica ed organizzativa.

19/7/2010

La Rete dei Comunisti

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