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(10 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

Morire di lavoro nel mondo

(29 Aprile 2003)

Ogni anno, nel mondo, muoiono 2 milioni di persone, dodicimila sono bambini, la causa si chiama lavoro. Lavorare, in effetti, è sempre rischioso; ma se ritmi e condizioni sono dettati dal profitto, le occasioni mortali si moltiplicano a dismisura. Se poi lo spirito dei tempi spinge per la soppressione di diritti, normative, misure di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, allora ci deve attendere che questo prezzo pagato alla produzione sia destinato a salire. I dati sono stati resi noti, ieri, congiuntamente dall'Inail e dall'Organizzazione internazionale del lavoro.

E sono dati pesantissimi.

I due milioni di vittime costituiscono la somma di quanti sono morti in "incidenti" e di quelli che sono stati stroncati da malattie contratte sul lavoro. Gli infortuni sono stati 270 milioni, di cui 335mila mortali. Centosessanta milioni di casi di malattie professionali, con 340mila morti per sostanze tossiche e centomila per l'amianto.

In Italia nel 2002 1.350 persone hanno perso la vita lavorando. Gli infortuni denunciati sono stati 981mila (poco più di un milione nel 2001); il costo economico è stato di 28 miliardi di euro. Il dato più significativo viene dagli indici di frequenza degli infortuni (ovvero da quanti incidenti avvengono ogni 1.000 occupati).

Gli unici dati definitivi, in questo senso, sono relativi al triennio `98-2000, in cui sono aumentati. Il tasso di infortuni che coinvolgono le donne nel corso degli ultimi anni è andato aumentando più del tasso di occupazione femminile.

Centro di documentazione e lotta - Roma

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