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(27 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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Mubarak annuncia: rimango. Il popolo egiziano in rivolta, inizia la spallata finale?

(11 Febbraio 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Mubarak annuncia: rimango. Il popolo egiziano in rivolta, inizia la spallata finale?

foto: www.radiocittaperta.it

11-02-2011/14:00 --- ''Basta studiare la situazione, perché é ormai fuori del nostro controllo. Nessuno é in grado di chiedere ai manifestanti di tornare a casa''. Lo ha quasi gridato ai microfoni della tv satellitare Al Arabiya, Wael Ghonim, dirigente di Google per il Medio Oriente e uno dei simboli della versione moderata e filoccidentale della protesta popolare in corso in Egitto. ''Chi é al potere deve capire che ogni volta che tiene testa al popolo - ha detto Ghonim, molto teso - é responsabile di tutte le anime che saranno perdute. Non si può parlare più della questione della sua dignità personale, perché la nostra dignità é stata calpestata (dai dirigenti egiziani ndr) sotto le loro suole durante 30 anni, e devono assumersi le responsabilità dei propri comportamenti''. ''Siamo tutti pronti a morire - ha aggiunto Ghonim, con tono ancor più alto - il potere deve capire che si deve arrendere''. Il giovane ha concluso l'intervista chiedendo la liberazione di ''tutti i detenuti politici e la liberalizzazione di tutti i media egiziani''.
Ieri erano date per sicure le dimissioni del rais Hosni Mubarak, dopo 17 giorni di proteste a cui si sono aggiunti gli scioperi dei lavoratori in tutto l’Egitto. Per tutto il pomeriggio, dopo che i vertici militari avevano annunciato di aver di fatto assunto il potere ad interim, in Egitto e nel mondo era circolata la notizia dell’imminente uscita di scena di Mubarak.
E invece il presidente-faraone, scatenando l’ira di Piazza Tahrir, ha detto ieri sera durante il suo intervento che rimarrà al suo posto fino alla fine del mandato anche se passerà alcuni poteri al vice Omar Suleiman, all’interno di una transizione tutta all’interno del regime e nel rispetto degli interessi di Stati Uniti ed Israele.
Nel pomeriggio di ieri, tutti i programmi in onda nella TV di Stato si sono interrotti per lasciare spazio ad un messaggio “ambiguo” del Consiglio Supremo delle Forze Armate, il “Comunicato Numero 1” nel quale l’esercito ha promesso di “prendere le misure necessarie per proteggere il paese” e sostenere “le legittime richieste della popolazione”. Nel pomeriggio infatti il Consiglio Supremo delle Forze Armate si è riunito, in un incontro presieduto da Mohammed Tantawi, ministro della Difesa, invece che dallo stesso Mubarak come di norma.
Sulla piazza Tahrir, la piazza della liberazione che da giorni vede accampate centinaia di migliaia di egiziani, un alto ufficiale dell’esercito egiziano - prima del comunicato ufficiale - ha detto alla folla “buone notizie per stasera”. E invece non e’ arrivata alcuna buona notizia. Dopo ore ed ore di attesa Mubarak é apparso in diretta tv per annunciare, al termine di un discorso infarcito di retorica, che farà le ‘riforme’ ma non lascerà il potere come tutti si attendevano. Nessun annuncio di dimissioni, delega dei poteri al vice Omar Suleiman e rinuncia a candidarsi alle prossime elezioni, annunciate “libere e trasparenti”. Chi si aspettava una svolta dal discorso in diretta televisiva del presidente-dittatore Hosni Mubarak, è rimasto con un pugno di mosche in mano.
Il dittatore ha lanciato anche una esplicita frecciata al governo di Washington, che lo ha sempre sostenuto ma che negli ultimi giorni sembra averlo abbandonato al suo destino preferendo una transizione morbida. “Non accetterò di essere oggetto di pressioni straniere”, ha detto Mubarak in un passaggio del suo discorso. A quel punto la delusione ha preso il posto dell’entusiasmo, e poi é sopraggiunta la rabbia. Mentre il rais ribadiva che si farà seppellire nel suo Paese i manifestanti egiziani, che gremivano piazza Tahrir al suo annuncio hanno reagito lanciando scarpe contro il maxischermo e scandendo a gran voce la parola ‘dimissioni’.
Finite le preghiere del venerdì al Cairo come in vari altri centri del paese si stanno tenendo ora dure ed enormi manifestazioni contro il regime. In piazza Tahrir, al centro del Cairo, il numero di persone che sta radunandosi cresce a vista d'occhio ed è già difficile da calcolare, ma é sicuramente di varie centinaia di migliaia mentre continuano ad arrivare cortei da varie direzioni. Le immagini impressionanti mostrano una piazza gremita all'inverosimile, tanto che durante la preghiera era difficile distinguere singole persone in una marea umana inginocchiata. Bandiere e cartelli con la scritta 'Mubarak vattene' sono sventolati in aria e slogan ('Vattene, vattene', 'La piazza va avanti') vengono scanditi ritmicamente. I promotori della protesta hanno chiesto la partecipazione di 20 milioni di persone da tutto l'Egitto per il ''venerdi dell'addio'' del presidente. Gruppi consistenti, a quanto si é appreso, si avviano dalla piazza verso le diverse sedi istituzionali individuate come obiettivi della protesta: in particolare la sede della televisione, il palazzo presidenziale di Heliopolis, la sede dell'Assemblea del popolo. Altri slogan gridati dai manifestanti dicono anche ''il popolo ha già fatto cadere il regime'', in sostituzione di quello dei giorni scorsi che chiedeva la caduta di Mubarak e del regime. Anche ad Alessandria d'Egitto la centrale piazza Sidi Gaber, davanti alla stazione ferroviaria, e' gremita di persone fino all'inverosimile. Secondo Al Arabiya, 300.000 dimostranti marciano verso il palazzo presidenziale Ras El Teen. A Suez, 130 chilometri a est del Cairo, riferisce ancora l'emittente araba citando testimoni, i dimostranti hanno preso il controllo di alcuni edifici governativi.
Stamani all’alba tribù beduine hanno attaccato una stazione di polizia a Rafah, nel Sinai. Intorno alle 13 i manifestanti hanno bloccato il grande viale che porta verso il quartiere di Heliopolis dove ha sede il palazzo presidenziale e verso l'aeroporto. Un altro corteo, riferiscono fonti sul posto, si è formato dalla moschea di Abbasseya per muoversi in direzione del palazzo presidenziale. Sempre al Cairo, l'esercito sta bloccando le strade che portano al palazzo presidenziale e presidia l'edificio della Tv di Stato, di fatto assediato assediato da ore dai manifestanti. A Suez migliaia di dimostranti hanno circondato il palazzo del governatorato gridando slogan e invitando il presidente a dimettersi.
Finora l’esercito e gli apparati di sicurezza non hanno reagito con particolare violenza come era già accaduto la scorsa settimana. La situazione è in continua e veloce evoluzione.
''Il comunicato dell'esercito conferma che la situazione é gestita da Stati Uniti e Israele'' ha denunciato all'Ansa un ex deputato dei Fratelli Musulmani, Mohamed Ashmad, intervistato in piazza Tahrir. ''Noi speriamo che l'esercito sia vicino al popolo - ha proseguito Ashmad - ma ora é diviso: i soldati nelle strade sono con il popolo, ma i leader nei palazzi sono con il regime, e questo é molto pericoloso. Ogni debolezza dell'esercito favorisce Stati Uniti ed Israele. (...) La gente che sta andando verso il palazzo presidenziale e' ora in una situazione pericolosa perché non si può controllare e non si sa che cosa può fare l'esercito che é schierato lì''.
Che la situazione sia sotto il controllo ferreo degli Stati Uniti è tutto da vedere. L'azzardata previsione di ieri di Leon Panetta, capo della Cia, evidenzia in modo chiaro le difficoltà dei servizi di intelligence di Obama a tenere sotto controllo la situazione al Cairo. Ieri, diverse ore prima del discorso televisivo di Mubarak, Panetta infatti si era sbilanciato parlando di "probabili" dimissioni del rais egiziano per poi essere puntualmente smentito dagli eventi. Un portavoce della Cia ha poi precisato in tarda serata che Panetta basava le proprie valutazioni sulle informazioni rilanciate dai media e non su "Informative specifiche della Cia".
Intanto un nuovo comunicato dovrebbe essere diffuso dall’esercito, che finora aveva gestito il passaggio dei poteri tra il dittatore Mubarak e il suo vice Suleiman. Il generale a riposo e analista militare Talaat Musallam ha anticipato per "molto presto" un nuovo comunicato dei vertici delle forze armate egiziane che, ha precisato, "andra' incontro alle richieste del popolo". Qualche ora prima il Consiglio Supremo aveva diramato il proprio Comunicato numero 2, con il sostanziale riconoscimento del passaggio dei poteri presidenziali da Hosni Mubarak, rimasto peraltro formalmente in carica, al suo vice Omar Suleiman. "Le masse non sono soddisfatte", ha sottolineato Musallam, intervistato da Al Jazira. Quindi ha affermato che lo stesso Consiglio Supremo rimane in seduta permanente e che "assumerà una posizione più chiara dopo la preghiera del venerdì". Il generale a riposo ha quindi giudicato "normale" il fatto che l'esercito si sia limitato ad assumere il ruolo di garante delle riforme promesse dal regime, ivi compresa la revoca dello stato di emergenza in vigore da trent'anni. "L'annullamento di un provvedimento del genere dipende direttamente dal governo", ha spiegato, precisando che, in base alle norme della costituzione in vigore, i militari non possono assumere la guida del Paese neppure ad interim.
Intanto si annunciano nei prossimi giorni nuovi scioperi. Già ieri centinaia di migliaia di lavoratori si sono fermati, dando vita ad una esplicita disobbedienza civile, a scioperi a catena e a decine di manifestazioni pacifiche, un fenomeno spontaneo. A macchia d’olio. Centinaia, a volte migliaia di persone radunate davanti al loro luogo di lavoro. Dagli operai, agli impiegati, di varie amministrazioni pubbliche e private. Dai pompieri agli impiegati dell’Egypt Air, ai medici, gli infermieri, gli avvocati. Una lista infinita. A loro, Suleiman, nel suo intervento sulla Tv di stato, ha detto “Andate a casa, tornate a lavorare, non ascoltate le tv satellitari”. Ma sembra proprio che l’Egitto non andrà a casa fino quando Mubarak e il suo regime non saranno crollati.

Marco Santopadre, Radio Città Aperta

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