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Morire in Afghanistan

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(29 Luglio 2010) Enzo Apicella
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DIRITTI DAL MONDO. Afghanistan/1 …e poi vennero i Talebani

(7 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

DIRITTI DAL MONDO. Afghanistan/1 …e poi vennero i Talebani

foto: www.dirittidistorti.it

L’Afghanistan, che si estende su una superficie di 647.500 Kmq., confina con Iran, Turkmenistan, Tagikistan, Cina per un breve tratto, Pakistan..
È una terra prevalentemente montuosa, tagliata dalla catena dell’Hindukush, con montagne che superano i 7.000 metri, mentre l’altitudine media si aggira sui 1.800-2.000 metri.
I paesaggi sono splendidi, aspri e selvaggi, come il clima caratterizzato da estati calde e secche, scarse piogge ed inverni rigidi e nevosi.
A Sud, dove l’altitudine si abbassa, in una area assai limitata, ai 200 metri, si apre il deserto.....

La superficie coltivabile copre appena il 12% dell’intero territorio.
Capitale : Kabul.
Città importanti: Kandahar; Mazar-i-Sharif; Herat; Jalalabad
Il numero degli abitanti impreciso a causa di emigrazioni, morti e profughi in fuga è stimato ufficialmente, al 2007, intorno alle 31.889.000 persone, suddivise in varie etnie, 50 secondo il tedesco O. Erwin, addirittura 200 secondo altri studiosi, le principali delle quali sono:
UZBEKI 9%, turcofoni, agricoltori sedentari stanziati a Nord della regione di Mazar-i-Sharif.
TURKMENI 8%, turcofoni
TAGIKI secondo alcune stime 20/30% , in percentuale maggiore secondo molti ricercatori, agricoltori sedentari stanziati nel Nord-Est e nella provincia occidentale di Herat. Sono “sunniti” indoeuropei e parlano l’idioma “dari”.
HAZARA 8% di origine turco-mongola, stanziati nella valle dell’Hindukush Centrale e nella regione dello Hazarajat, “sciiti” risentono quindi l’influenza iraniana.
PASHTUN 35%, ma secondo alcune stime al 45 e addirittura 55%, a scapito della popolazione tagika, comunque etnia maggioritaria, “sunnita” di lingua “Pashtu”, un idioma indoeuropeo del gruppo indoiranico. Sono stanziati nelle regioni orientali e centro-meridionali del paese.
BELUCI 5% abitano l’estremo Sud del paese.
NURISTANI pochi, abitano la vallata a Nord-Est di Kabul e sono ritenuti i discendenti dei soldati di Alessandro Magno ( biondi e occhi azzurri ). Hanno subito una islamizzazione forzata e tarda, nel XIX secolo. Prima della conversione all’Islam erano chiamati “Kafiri” da “Kafiristan” (“paese degli infedeli”), dopo la conversione “Nuristani” da “Nuristan” ( “paese della luce” )
• C’è da menzionare infine un’altra etnia, quella dei PAKHTUN, che abitano nel Pakistan, dove sono minoranza (numericamente consistente) e che condividono con i Pashtun lingua, costumi, consuetudini tribali, separati dai fratelli afghani dalla linea di frontiera tracciata nel 1893 dalle autorità coloniali

I primi insediamenti umani risalgono al 2° Millennio a.c. da parte di INDOEUROPEI provenienti dalle steppe.
Parte dell’Impero di Alessandro Magno nel 4° secolo a.c., l’Afghanistan appartenne poi per circa tre secoli ai Re Indiani “Maurya” per passare dal 1° al 6° secolo D.C. all’Impero buddista “Gandhara”, una lunga era che vide la fioritura di grandi artisti che edificarono splendidi monasteri e grandiose sculture, fra le quali i famosi “Buddha di Bamiyan”.
Islamizzato nel corso del 7° secolo D.C. l’Afghanistan fu dominio anche del grande Tamerlano ed infine degli Imperatori Moghul, fino alla costituzione di una sorta di regno autoctono di tipo feudale fondato nel 1747 da Ahmad Sha dell’etnia Pashtun, che si pose a capo di una miriade di clan e tribù guidate da vari “Signori della Guerra” sempre in lotta fra di loro, ma che il nuovo sovrano riuscì a mettere insieme in un’unica nazione.
Per tutto il XIX secolo lo scontro tra gli imperi britannico e russo influenzò fortemente il territorio Afghano che fu coinvolto in due guerre che opposero Inghilterra e Afghanistan: la prima dal 1838 al 1842 e la seconda dal 1878 al 1880 che si conclusero con la sconfitta dell’Inghilterra, che tuttavia mantenne il controllo della politica estera di Kabul con la compiacenza del re Habibullah, fino all’assassinio di quest’ultimo per mano di membri della famiglia reale in disaccordo con la compiacenza verso i britannici.
Il mutamento dell’asse di politica estera ed un attacco all’India da parte dell’Afghanistan suscitarono una nuova guerra con l’Inghilterra, che, ormai fiaccata dal conflitto afghano, stipulò, nell’agosto del 1919, il Trattato di Rawalpindi che segnò un’effettiva indipendenza dell’Afghanistan.
Nel 1933 salì al trono l’ultimo re: Zahir Sha che regnerà quarant’anni, fino a quando, nel 1973, mentre si trovava in vacanza in Italia, a Capri, venne spodestato dal cugino Daud, che si proclamò “Presidente” (non “re”, quindi fine della monarchia), mentre Zahir scelse di restarsene in Italia, dove si sistemò in una villa del quartiere residenziale dell’Olgiata, a Roma.
Nel 1978 un colpo di stato di stampo comunista rovesciò il Governo e Daud venne giustiziato. Assunse la Presidenza il filosovietico Taraki che venne a sua volta ucciso a seguito di un periodo di lotte intestine a conclusione delle quali prese il potere il più radicale Amin, che non dissipò tuttavia i timori di Mosca che il controllo del paese potesse sfuggirle così che l’U.R.S.S. decise per l’intervento diretto: nel ’79 invase l’Afghanistan dando la Presidenza a Babrak Karmal e quasi contemporaneamente esplose la rivolta islamica guidata dai “mujaheddin” (guerrieri santi che combattono la “jihad” o “guerra santa”) e che si protrasse fino al 1989 con il ritiro dei sovietici che lasciarono sul terreno più di 15.000 morti.
Al ritiro dell’Armata Rossa toccò raccogliere l’eredita sovietica al comunista Najibullah che continuò a subire gli attacchi devastanti dei “mujaheddin”, fino a soccombere nel 1992.
Seguì la guerra civile mossa dai vari “Warlord” che gettò il paese nel lutto, nella miseria e nel disordine.
A riportare l’ordine arrivarono i misteriosi “Talebani”, gli “studenti coranici” che avevano il loro quartier generale a Kandahar, l’antica “Iskander” fondata da Alessandro Magno nel 326 a.c. e, dopo l’islamizzazione, sede del “Santuario del Mantello del Profeta”, luogo fra i più sacri per gli Afghani.
Allevati nelle “madrasa” (scuole coraniche) il loro obiettivo era riportate il paese alla purezza e sotto la guida della legge islamica ( “Sharia” ) attraverso la “guerra santa”.
Ne assunse la guida il Mullah Mohammed Omar, nato nel 1959 nel villaggio di Nodeh da umili contadini e che si distinse fin da giovane per virtù morali e per intervenire sempre e con coraggio a difesa dei più deboli (una sorta di moderno Robin Hood).
Gli studenti coranici lo elessero presto loro capo proclamandolo “Amir-ul-Momineen” (“Comandante dei Fedeli” ).
Sotto la guida di Omar ( e con il sostegno dei pachistani ) i Talebani portarono a termine la loro prima significativa azione militare il 12 ottobre 1994 conquistando la postazione di Spin Baldak, in mano al “Signore della Guerra” Hikmetyar ( al confine afgano-pachistano ).
Il 3 novembre 1994 entrarono a Kandahar, che divenne città santa dei Talebani ( Omar si sposterà da Kandahar per andare a Kabul solo un paio di volte ), dove da subito fu applicata la “Sharia” nel senso più rigoroso con rigide imposizioni alle donne ( burka e chiusura delle scuole femminili ), limitazioni agli svaghi ( divieto di TV, sport e attività ricreative in genere ), obbligo per gli uomini di lasciarsi crescere la barba.
Nel 1995 i Talebani conquistarono altre parti del paese, fra le quali l’importante città di Herat, e iniziarono, alla fine del’anno, gli attacchi contro Kabul, con bombardamenti che durarono quasi per tutto il 1966, concludendosi in settembre con la presa della capitale ( un mese prima era stata conquistata anche Jalalabad ).
Primo atto a Kabul fu l’assassinio del’ex Presidente, il filosovietico Najibullah.
Contro gli studenti coranici organizzò la rivolta il Generale Ahmad Shah Masud, soprannominato “il leone del Panshir” che diede vita alla Alleanza del Nord e ad una accanita resistenza, che non impedì ai Talebani la conquista, nel 1997, di Mazar-i-Sharif, città dove giacciono i resti di Alì, genero di Maometto, sciita e quindi perseguitata dai Talebani sunniti, ultimo baluardo antitalebano nel Nord, dominato dal feroce generale uzbeko Rashid Dostum,
Masud colpì Kabul con pesanti bombardamenti che causarono 66 morti e 215 feriti, ma non fermarono l’avanzata dei Talebani che presero Bamiyan, la città dei famosi Buddha e stroncarono definitivamente la resistenza a Mazar-i-Sharif che nell’agosto del ’98 subì una carneficina che in due giorni lasciò sul terreno 5/6.000 morti.
Ormai era talebano il governo di Kabul, l’antica città, che secondo la legenda sarebbe stata fondata da Caino e che comunque rivela insediamenti umani risalenti al 1.500 a.c., conosciuta come “Kabuka” ai tempi di Alessandro il Grande, capitale sotto l’Impero Mogul, popolata, all’avvento dei talebani, da 1.200.000 abitanti, semimoderna, multietnica, viva, piena di scuole e centri culturali, mai amata dagli uomini del Mullah Omar per la diversità di atteggiamenti culturali, riportata alla purezza dell’Islam dalla Polizia Religiosa scatenata dal Mullah.
Attaccati dagli uomini della Alleanza del Nord i Talebani trovarono un prezioso alleato ed un aiuto economico e logistico consistente nel saudita Bin Laden e nella sua potente organizzazione “Al Qaeda” in grado di fornire finanziamenti cospicui ed miglia di militanti ben equipaggiati militarmente, pieni di fervore e capacità di combattimento.
Da non dimenticare l’appoggio del Pakistan e da sottolineare la non ostilità degli Stati Uniti, almeno fino a febbraio 1999, quando i Talebani rifiutarono la richiesta di estradizione avanzata dagli americani nei confronti di Bin Laden, accusato degli attentati in Kenya e Tanzania nell’agosto ’98.
Il mutato atteggiamento degli Stati Uniti portò l’O.N.U. a dichiarare l’adozione di sanzioni contro l’Afghanistan, rese operative dalla risoluzione 1333 del 19 gennaio 2001 e che ebbero come conseguenza l’inasprimento dei Talebani che nel marzo dello stesso anno distrussero i Buddha di Bamiyan radicalizzando ancor più la loro politica.
L’Alleanza del Nord subì duri colpi e il 9 settembre del 2001 anche Ahmad Shah Masud concluse la sua ultima battaglia cadendo ucciso dalle milizie talebane.
L’11 settembre 2001, con la tragedia di Manhattan, per il Mullah Omar ed per i suoi seguaci fu l’inizio della fine.
Quasi 3.000 furono le vittime degli attacchi a New York, al Pentagono e a Pittsburg.
Gli Stati Uniti accusarono Bin Laden, che si trovava in Afghanistan dal 1996 e del quale gli americani richiesero la consegna, facendo pressione sul Pakistan perché convincesse Kabul ad ottemperare alle pretese statunitensi, non accolte in quanto gli S.U. non furono in grado di fornire prove certe delle loro accuse.
Il governo pachistano di Musharraf si schierò con l’America sollevando una ondata di proteste nel paese solidale con il vicino afgano ( a Karachi forti manifestazioni con vittime negli scontri con le forze di sicurezza ).
Dal Pentagono partì il conto alla rovescia per un imminente attacco che si scatenò il 7 ottobre alle 18.28 ( ora italiana ) con bombardamenti su Kabul e Kandahar.
Il nome dell’operazione fu “Enduring Freedom”: continuarono i bombardamenti su altre città ed a fine mese i morti, solo quelli civili,erano già più di 1.500.
Il 4 novembre entrò in guerrra l’Italia, mentre bombardamenti a tappeto radevano al suolo l’Afghanistan, sganciando anche una “Superbomba”, cioè la bomba convenzionale più potente che esistesse fino a quel momento.
Fiaccata la capacità di fuoco dei talebani sottoposti a massacro dai bombardieri americani, l’Alleanza del Nord riprese fiato conquistando Mazar-i-Sharif ed arrivando il 12 novembre fino alle porte di Kabul che il giorno dopo cadde nelle loro mani.
Fu un’orgia di sangue: gli eredi di Masud si abbandonarono ad omicidi di cittadini pachistani e di ex soldati talebani , non risparmiando gli uomini che si arrendevano ed inseguendo i fuggitivi, intrappolati sulle montagne ed uccisi a migliaia.
Il Mullah Omar si trovava a Kandahar tentando di rinserrare le fila dei suoi seguaci.
Il mistero calò sulla sorte di Bin Laden.
Le forze dell’Alleanza si preparavano a continuare il massacro non soddisfati della mattanza di Kunduz dove i 500 talebani ammazzati facevano salire a oltre 2/3.000 i morti fra i soldati talebani.
Le Organizzazioni Internazionali per i Diritti denunciarono i crimini di Alleanza facendo i nomi di generali macchiatisi di sangue, fra i quali il famoso Dostum.
L’Italia non fermò la partenza dal porto di Taranto della nave “Garibaldi” che prese il largo il 18 novembre, nonostante le prepotenze e le violenze, assecondate da George Bush, dei “liberatori”che il giorno 19 novembre sulla strada Jalalabad-Kabul catturarono ed uccisero 4 giornalisti dei quali una italiana, inviata del “Corriere della Sera”, Maria Grazia Cutuli, senza che l’ONU intervenisse a frenare i capibanda di Alleanza che imperversavano su Kabul saccheggiando ed attaccando anche i convogli umanitari, ammazzando perfino i prigionieri, mentre i marines americani sbarcati a terra si occupavano di Kandahar e di Mazar-i-Sharif dove venne bombardato il carcere che si disse in rivolta, cosa mai accertata e che potrebbe essere, fino a prova contraria, una scusa.
A Bonn intanto si trascinava una inconcludente Conferenza di Pace mentre Bush preparava i piani per attaccare l’Iraq.
Il 6 dicembre Kandahar si arrese, i talebani in fuga, il Mullah Omar, lo stesso Bin Laden forse, ripararono fra le nevi di Tora Bora, nel tentativo di riorganizzarsi, ma anche Tora Bora ( Montagna Bianca ) cadde e tuttavia nessuna traccia si rinvenne né del Mullah Omar né di Bin Laden.
Il 22 dicembre si insediò solennemente il Governo Karzai.
Nato nel 1957 nel villaggio di Karz, nella provincia di Kandahar, Hamid Karzai proveniva da una famiglia di etnia pashtun, sostenitrice del re Zahir Shah e avversa all’influenza dei sovietici, contro i quali Karzai operò ottenendo incarichi fra le fila dei mujaheddin e dalla CIA con la quale venne a contatto negli anni ottanta lavorando egli alla raccolta di fondi per il movimento, segretamente finanziato dall’agenzia di intelligence americana, con la quale concertò, al momento della sconfitta talebana, la sua elezione al vertice di una amministrazione ad interim, la cui composizione fu decisa a Bonn da alcuni politici afghani esiliati, molti dei quali senza consistente seguito ed influenza in Afghanistan.
Del nuovo capo l’Organizzazione delle donne afghane dirà :”è peggio dei Talebani”….
Per dargli supporto l’ONU istituì con la risoluzione 1386 del Consiglio di Sicurezza una missione alla quale l’Italia partecipa con un contingente attualmente di 3.800 uomini che dovrebbero salire a 4.200 entro l’anno, la “Internacional Security Assistance Force” ( I.S.A.F. ), che segnò il prosieguo di una interminabile guerra.

07-03-2011

Claudio Valentini - DirittiDistorti

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