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Profughi, clandestini ora cadaveri

(9 Aprile 2011)

Profughi

Li chiameranno profughi, clandestini oppure avranno il coraggio di definirli morti? A venti o sette anni sono risucchiati in un mare nero inchiostro dove va a picco il sogno della fuga. Corpi di libici, tunisini, eritrei, somali sarebbero un ingombro per la classe dirigente italiana che da settimane discetta sulla natura dei migranti per poi catalogarli e parcheggiarli nei campi di accoglienza dove più che accolti si sentono perseguitati. Invece, se come accadde ai desaparecidos argentini l’acqua non porterà a galla i cadaveri, il cinico non senso che caratterizza la nostra politica potrà offrire al solito parlamentare leghista l’occasione per negare l’accaduto accusando magari i superstiti d’impostura. Potrà dire che i clandestini sono capaci d’ogni menzogna pur di raccattare un ingresso in Europa, così come fanno simulando disperazioni e guerre spacciandosi per perseguitati. E verrà creduto e applaudito in quel delirio egocentrico diventato valore nazionale. Con eguale malcelato razzismo parecchi governatori del respingimento hanno già dichiarato che la propria regione farebbe qualcosa ma c’è chi può fare meglio. Così demandano a non si sa bene chi e guadagnano il prossimo consenso di elettori nutriti con la paura. Da noi non c’è spazio per i migranti né vogliamo fornirlo come testimonia il ministro Maroni di ritorno dall’infruttuoso meeting di Tunisi.

Il vertice col premier Essebsi non ha prodotto accordi, di conseguenza i viaggi della speranza e gli sbarchi continueranno nonostante le fobie di governo. Se fossimo un Paese civile potremmo evitare odissee, naufragi, emergenze, respingimenti, scaricabarile fra autorità. Invece niente. Anche su queste tragedie il premier ha costruito fandonie, raccontato barzellette come l’acquisto dell’ennesima villa, e quel che è grave un sindaco che per giorni aveva denunciato l’abbandono e una popolazione esasperata sono stati lì a battergli le mani per poi accorgersi di non aver risolto alcun problema. Tunisia, Libia, tutta l’umanità disperata maghrebina e subsahariana restano attaccate alle spiagge africane, ora anche bombardate dall’ennesima guerra occidentale del petrolio, e ripartiranno. Basterebbe ascoltare la litania che ripete ogni demografo: la ‘nazione dei 150 anni’ è a crescita zero, ha bisogno di braccia e anche di cervelli visto che i suoi li regala al mondo. Una classe politica di normale lungimiranza programmerebbe integrazione e organizzazione etnica della società, da noi prevalgono i dinieghi d’una destra forcaiola cui s’accoppia l’opportunismo di certa sinistra incapace di proporre una vita e un’Italia diverse. Uniche certezze per l’ennesimo dramma: la benedizione di acque diventate matrigne affiancata dalla retorica delle prediche laiche, nelle quali è difficile trovare briciole d’umanità e di decoro.

7 aprile 2011

Enrico Campofreda

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