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Liberta' di licenziare

(19 Agosto 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

Di Stefano Giusti - In un paese normale quale non è certo il nostro, qualcuno dovrebbe avere la compiacenza di spiegare, oltre alla follia di far pagare ai ceti con reddito medio-basso il costo di una crisi generata da perversi meccanismi di speculazione che hanno arricchito i soliti, anche e soprattutto cosa c’entri col risanamento dei conti il diritto di licenziare e lo Statuto dei lavoratori.

Francamente pensiamo sempre di aver visto il peggio ma ogni volta la realtà supera la fantasia più spregiudicata. Visto che bisognava mettere le mani nelle tasche del ceto medio, oltre a una serie di misure economiche da macelleria sociale, il Ministro Sacconi ha pensato bene di travolgere completamente gli ultimi capisaldi di diritto esistenti, così da cancellare ogni possibile forma di antagonismo in un futuro mercato del lavoro dove la schiavitù è ormai prossima alla legittimazione. Nel comma 2 del Decreto Legge governativo è stata inserita una voce che recita “specifiche intese possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro (……), anche in merito alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro”.

A parte la raffinatezza di chiamare il licenziamento “recesso dal rapporto di lavoro” il significato di questa voce è la delegittimazione dell’articolo 18, quello sui licenziamenti, da cui finalmente si potrà derogare con la gioia del Ministro e di Confindustria tutta, che avrebbe così ottenuto la tanto agognata liberalizzazione selvaggia del mercato.

Dovrebbero spiegarcelo qual è il legame tra il risanamento dei conti e dei debiti e la libertà di licenziare, a meno che non si abbia in mente come prossima mossa l’introduzione del lavoro gratuito come forma di sostegno a banche e imprese. È pazzesco quello che sta accadendo: un’oligarchia finanziaria tiene in pugno milioni di persone e detta le politiche economiche più dure a governi che obbediscono ciecamente e anzi tengono bottone a questi organismi sovranazionali che rispondono solo alla logica del profitto generato sulla pelle delle persone.

Nel clima arroventato (in tutti i sensi) di questi giorni è stato pubblicato uno studio di Mediobanca sui dati di 2020 imprese italiane. Da questi dati risulta che l'aggregato delle maggiori società industriali quotate a Piazza Affari ha chiuso il 2010 con un incremento del Margine Operativo Netto del 19% e un balzo dei profitti del 29%. Utili in aumento del 9% anche per il settore bancario che registra una generale riduzione delle perdite. Insomma mentre si parla di crisi e chi lavora la vive sulla propria pelle, si scopre che nella realtà la crisi tocca solo una parte del mondo del lavoro e che il vero problema di questa “crisi” è che negli ultimi decenni c’è stata una redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto e almeno 8-10 punti del PIL sono passati dai salari ai profitti e alle rendite, rendendo così i lavoratori sempre più poveri e le oligarchie finanziarie sempre più ricche.

È ora di rispondere in maniera forte e decisa a questa situazione che va sempre verso un’unica direzione: quella dell’impoverimento delle classi lavoratrici. Se per governi e imprese la strategia è sempre quella di massimizzare il profitto nel breve periodo a scapito di salari e stipendi, bisogna rilanciare con forza l’idea che la redistribuzione del reddito non solo è possibile, ma è l’unica strategia per uscire da questa situazione che sta gettando nella rovina milioni di persone.

Bisogna rivendicare la dignità del lavoro e invece di chiedere sacrifici che portano sempre a tagli sulla pelle di chi lavora, bisogna puntare su alcuni interventi economici completamente diversi da quelli che fino a oggi hanno arricchito i pochi grazie ai sacrifici di molti: tassare le transazioni finanziarie, applicare una patrimoniale sui redditi della plutocrazia finanziaria e battersi per l’introduzione di un reddito garantito sganciato dal lavoro. Solo così sarà possibile ristabilire l’equilibrio tra profitto e lavoro e rendere dignità e prospettive a milioni di persone che oggi si sentono tagliate fuori da tutto e senza nessun futuro. Prima che sia troppo tardi.

*Stefano Giusti, Sociologo, Operatore di Placement e Orientamento per l’Università Roma Tre. Presidente dell’Ass.ne Atdal Over 40, che si occupa della disoccupazione in età matura

19-8-11

Stefano Giusti
DirittiDistorti

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