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Sentenza Aldrovandi. «Federico non doveva essere affrontato con le modalità gratuitamente violente con cui gli agenti lo hanno approcciato»

(3 Settembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.dirittidistorti.it

Sentenza Aldrovandi. «Federico non doveva essere affrontato con le modalità gratuitamente violente con cui gli agenti lo hanno approcciato»

foto: www.dirittidistorti.it

La sentenza di appello ha confermato le condanne per i quattro agenti che causarono la morte di Federico, ma nelle motivazioni aggiunge pezzi importanti di verità sul comportamento tenuto dai quattro, una verità che rende ancor più gravi i fatti di quel drammatico 25 settembre.

«Federico Aldrovandi la mattina del 25 settembre 2005 non poteva e non doveva essere affrontato con le modalità gratuitamente violente con cui gli agenti Forlani, Segatto, Pollastri e Pontani lo hanno approcciato». È un passaggio delle motivazioni della sentenza di appello che ha confermato, per i fatti di quella mattina di sette anni fa in via Ippodromo, le condanne a tre anni e sei mesi «per eccesso colposo» per i quattro agenti di polizia della questura di Ferrara che causarono la morte del diciottenne. Nello svolgimento del loro lavoro di tutori dell'ordine pubblico non hanno adempiuto al loro dovere: sapevano di avere davanti una persona senza controllo, in stato di alterazione e, secondo le motivazioni, «avrebbero dovuto avere un approccio di tipo psichiatrico-sanitario e non iniziare una manovra di arresto, contenimento e immobilizzazione condotta con estrema violenza, con modalità scorrette e lesive, quasi i quattro volessero ‘punire’ Aldrovandi per il comportamento aggressivo tenuto nel corso della prima colluttazione con Pontani e Pollastri (la prima pattuglia, che chiese rinforzi alla seconda di Forlani e Segatto, ndr)». I giudici della Corte d'Appello di Bologna (presidente Magagnoli, a latere Oliva ed estensore della motivazione Ghedini) hanno impiegato meno dei 90 giorni richiesti per scrivere la motivazione delle condanne che hanno inflitto il 10 giugno, confermando in pieno le pene decise nel luglio 2009 dal giudice di Ferrara Francesco Maria Caruso. Ma la loro è solo in parte una fotocopia della sentenza di primo grado, dal momento che hanno rivisto in alcuni aspetti la sentenza di Caruso, dando un motivo preciso dietro ai fatti di via Ippodromo, diventata da sette anni una ferita per la città e per la stessa Questura cittadina. Secondo i giudici tutto ruota attorno ad un intervento «ingaggiato senza reale necessità che non fosse quella di vendicare l'affronto subito poco prima da Pollastri e Pontani (la prima pattuglia con cui Federico ebbe contatto, ndr) con la seconda colluttazione». E i quattro agenti sono tutti colpevoli indistintamente - hanno spiegato i giudici - tutti responsabili della morte di Federico (anche se nel processo d' appello le difese avevano proposto la tesi di ruoli marginali di alcuni nella tragedia), perché «ognuno di loro ha percosso o calciato il ragazzo, anche dopo essere stato atterrato e ognuno di loro non ha richiesto l'invio di personale medico prima e invece di 'bastonare di brutto per mezz'ora’ (la frase detta da Pontani al telefono con la centrale operativa del 113 e registrata, ndr), ma soltanto dopo averne vinto con violenza la resistenza».

Federico Aldrovandi quella mattina era in uno stato di alterazione dovuto all'assunzione di sostanze stupefacenti. Ed è su questo aspetto che i giudici hanno 'corretto’ il giudice Caruso che invece lo aveva «svalutato». Per i giudici d'appello, lo stato d'alterazione di Aldrovandi avrebbe potuto essere generato da un «bad trip» legato all'Lsd. E proprio lo stato di agitazione psicomotoria di Federico, «verosimilmente dovuto alla poliassunzione di stupefacenti - gridava 'stato di merda, polizia di merda’, faceva mosse di karate e affrontava gli agenti, circostanze citate dai poliziotti e dalle difese - potrebbe essere stato il motivo della reazione degli agenti». Ma sottolineando lo stato di agitazione la percezione chiara che i quattro agenti avevano di Federico («Sembrava un pazzo») diventa una sorta di aggravante per loro: perché come poliziotti professionalmente preparati, visto stato di servizio ed esperienza, avevano chiaro lo stato di necessità di Federico, «quello stato patologico di alterazione al momento dei fatti e la sua doverosa riconoscibilità da parte degli agenti» che avevano davanti un ragazzo che diceva «basta» e chiedeva «aiuto», poco prima di morire.

3-9-11

Alessandra Valentini
DirittiDistorti

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