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A questo punto il fallimento è necessario

(4 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

A questo punto il fallimento è necessario

foto: www.radiocittaperta.it

03-11-2011 --- Diciamolo, forse è venuto il tempo, ma manca ancora il coraggio, l'intelligenza e la forza per cominciare a studiare e a predisporre i mezzi per fallire. L'illusione che la creazione di una improbabile fiducia avrebbe scoraggiato la speculazione si è dimostrata, appunto, una illusione.

Il cane ha addentato l'osso e non lo molla, qualsiasi cosa si faccia. E se oggi tocca all'Italia, come alla Grecia, domani toccherà alla Spagna e poi alla Francia. Nessuno è al riparo: la speculazione si crea e realizza le proprie aspettative. Se vogliamo mettere a cuccia la bestia bisogna bastonarlo pesantemente la dove è sensibile, mentre tutti i provvedimenti non fanno che offrirgli carne fresca e irrobustirla.

Alcuni commentatori pensano che un ruolo attivo della Bce in difesa illimitata del debito di tutti i paesi europei, operando come una banca centrale nazionale, insieme a una qualche forma di politica keynesiana, sarebbe la soluzione.

Non lo credo, perché queste cure non tengono conto dei cambiamenti intervenuti. Il finanzcapitalismo è una nuova realtà, le regole e gli interventi che andavano bene per il buon vecchio capitalismo non valgono più.

Nella situazione attuale del nostro paese, è necessario che si studi una forma incisiva e non devastante di fallimento. Questo può essere fatto in modi diversi (parziale, totale, concordato, puro e semplice).

I discorsi intorno al fatto che l'Italia è troppo grande per fallire, coniugati con l'altra affermazione che appunto perché grande non può essere salvata, chiariscono la confusione e, soprattutto, la malafede di molti decisori.

Ma certo appena si parla di fallimento si tira fuori la vedova, con il suo Bot, il piccolo risparmiatore, e simili casi umani. Che non solo sono reali, ma che possono essere salvati solo all'interno del fallimento. Pare, infatti, che sia sempre più chiaro che la strada tracciata sia quella greca: essere portati al fallimento dopo avere bastonato pesantemente lavoratori, ceto medio, pensionati, piccoli risparmiatori.

Quella strada è molto peggio di un fallimento guidato, organizzato e attento all'equità; è spianata da un bulldozer con il vetro appannato che non vede nessuno e niente e guidato dagli interessi economici della speculazione. Ma, ovviamente, il fallimento non basta, si tratta di impostare una modifica della struttura economica e sociale, ricostruire una economia pubblica sana, sviluppare un'economia sociale, di convivenza, di innovazione tecnologica adatta, di dare corpo ad una nuova forma di convivenza e ad una modifica del regime sociale. Chiamando a questo impegno quanti non vogliono essere calpestati e asserviti dalla speculazione. Quello che si vede all'orizzonte, tuttavia, sono dei medici pericolosi, che guardano alle cose fatte dal governo greco come positive, che pensano a riforme impopolari, che hanno in mente il sogno di un mercato che può essere corretto. Non è più così. Sarà lunga, sarà dura, ci sarà bisogno delle migliori intelligenze oggi frustrate, ma la strada da prendere è un'altra.

Sarebbe opportuno che il nostro paese fosse in grado di pesare a livello internazionale in modo da far diventare questo tipo di linea una politica comune, almeno in Europa. Ma questo è impossibile: in realtà siamo sotto tutela, non abbiamo facoltà di parlare, dobbiamo solo obbedire. Anche questa situazione va frantumata e capovolta. Berlusconi e il suo governo vanno benissimo alla speculazione. È una verità banale dire che i governi non li fanno i mercati, ma non capire che questo governo va benissimo ai mercati è una enorme e spregiudicata posizione. Cacciare Berlusconi e il suo governo e preparare il fallimento sono strade obbligate per salvare il paese e rispondere alle aspettative di milioni di noi.

Francesco Indovina
Radio Città Aperta - Roma

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