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Emergenza ceneri...

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(17 Aprile 2010) Enzo Apicella
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Nassirya, Irak: Le mani sul petrolio.

Protettorato italiano per proteggere gli affari dell’Eni

(22 Aprile 2004)

Nassirya, Irak: Le mani sul petrolio. Protettorato italiano per proteggere gli affari dell’Eni e non solo, ovvero i soldati italiani sono per la ‘pace’ del padrone multinazionale e per gli interessi del nostro stato imperialista.

“E’ il caso di Nassirya –sede dei militari italiani- da sempre oggetto del desiderio dell’Eni, che come Saddam Hussein, aveva stipulato contratti di sfruttamento che sarebbero divenuti esecutivi al cessare dell’embargo“ (Il Venerdi di Repubblica).

“L’ex capo dello stato Cossiga aggiunge alcuni dettagli importanti : “ Il segreto per coinvolgere Parigi e Berlino in un quadro Nato, è una seria spartizione delle risorse petrolifere. E su questo punto è possibile, oltre che opportuno, coinvolgere anche la Russia“ (Corsera, giovedì 8 aprile 2004).


Metà di aprile del 2004. In Irak è ormai chiaro che la ‘pace’ dei padroni di mezzo mondo con al comando quelli statunitensi, non regge. Il paese non è pacificato, ma al contrario la guerriglia, formata da forze eterogenee, non solo tiene testa a quello che è considerato l’invasore, ma attacca in tutte le sue forme.

Stanno cadendo oramai tutti i veli ideologici, creati dai padroni delle multinazionali e dai loro governi ‘democratici ‘, magari nati dalla resistenza come il nostro, che hanno cercato di mostrare che in Irak si andava a portare la pace, la democrazia, la libertà, lo sviluppo economico, dopo decenni di dittatura, del regime di Saddam Husein, che è stato coccolato e aiutato e arricchito dai suoi attuali nemici, Usa in testa (tacendo sullo sterminio dei curdi e incrementando la guerra contro l’Iran, per esempio). Stanno crollando sotto i colpi dei fatti storici e delle contraddizioni: il paese non è pacificato, né la popolazione è schierata con i ‘liberatori’, anzi è vero il contrario (la posizione della Spagna con il ritiro delle truppe da parte di Zapatero è un netto e chiaro esempio sulla impossibilità di una pacificazione americana)). Anche i nostri affabili carabinieri e bersaglieri, tanto ‘amati’ dalla popolazione di Nassirya, hanno sparato nei giorni scorsi sui combattenti irakeni e sulla popolazione uccidendo decine di persone, dimostrando di che tipo è la missione ‘umanitaria’ dei nostri strapagati ‘poveri ‘ soldati (le parole di Berlusconi in proposito parlano da sole)!
E’ vero che ancora si presenta all’estero, una immagine degli italiani come un popolo di ‘santi, eroi, navigatori, etc’, ma l’Irak dimostra il contrario, anche in quei quattro mercenari che sono stati ‘rapiti’ da gruppi guerriglieri del luogo (che siano o meno ‘integralisti’ ha poca o relativa importanza, per adesso, in una lotta di liberazione nazionale). I quattro erano in Irak, martoriato da una guerra per ricevere una paga di milioni di dollari, per difendere, armi alla mano, gli interessi delle compagnie multinazionali che erano arrivate nel paese a ‘ricostruire’ e a governare le imponenti fonti energetiche di cui dispone. Assieme a questi mercenari spacciati vergognosamente per ‘eroi’ o per ‘mammolette’, erano e sono in Irak ben 20 mila mercenari e/o agenti dei servizi segreti di mezzo mondo.

Come è in Irak , nella zona di Nassirya, affidata ai nostri controlli, una signora che fa le parti di governatrice, della zona, per l’Italia.
L’Italia, ha dopo 50 anni un governatore (la signora Barbara Contini),che governa una provincia lontana migliaia di chilometri di distanza da noi e questo è tutto normale ?
E’ dai tempi dei viceré della monarchia italiana in Etiopia, Abissinia, Libia, Eritrea, Albania e del fascismo, che i padroni e i governi italiani non avevano un governatore in altri paesi lontani. Per non parlare dei proconsoli dell’impero romano, che comandavano le province dell’impero, ma andremmo troppo lontano…Con questo volevamo dire che l’imperialismo italiano e gli interessi dei padroni nostrani, hanno fatto indubbiamente un bel salto di qualità!
Ma che ci sta a fare una governatrice e le truppe italiane a Nassirya ?
Facciamo parlare i borghesi, che quando sono l’uno contro l’altro armati, non risparmiano la verità sui reali interessi, nascosti dietro gli ‘interventi umanitari’.
Facciamo parlare la fazione borghese avversa a quella che ha fatto eleggere Berlusconi. E cioè quella che a livello di stampa si coagula attorno al giornale ‘la Repubbblica’.
“L’Eni, attraverso l’Agip ha sempre mostrato grande interesse per il petrolio iracheno (…). Anche di Nasirya si parla da decenni, ma solo recentemente, durante l’embargo, si era arrivati ad una ipotesi di contratto detto psa, produce sharing agreement, molto vantaggioso per l’Eni: prevedeva un accantonamento dei costi e, in seguito, una percentuale netta del 30 per cento alla società straniera. Naturalmente era uno strumento di pressione: Saddam contava sul fatto che gli europei spingessero per la fine dell’embargo e condizionava a questo evento la operatività dei contratti. Saddam fa contatti psa, in Europa, con italiani, francesi, russi (a Magnum e Nahr’Umar, per 20 miliardi di barili) e, nel mondo, con compagnie cinesi, indiane, vietnamite. “ Praticamente” racconta Li Vigni, “impegna il 50 per cento della disponibilità”.

Nassirya ha riserve calcolate in tre miliardi di barili sufficienti a soddisfare tutte le necessità italiane per cinque anni.

“Ed è un calcolo sottostimato “ dice Li Vigni (studioso ed ex funzionario dell’Eni che ha scritto il libro ‘Le guerre del petrolio’, ndr), che è stato anche direttore della rete distributiva nazionale ed estera del gruppo petrolifero italiano.

La sfida Italiana (e degli Europei) agli american.

“L’Italia, firmando quei pre-contratti, per seguire una linea di autonomia che si era già manifestata, soprattutto sotto il ministero di Lamberto Dini, sia con la Libia, che con l’Iran. In pratica il gruppo europeo (Italia, Francia, Russia, Germania) sfida gli americani che, infatti, si irritano moltissimo e denunciano violazioni degli accordi secondo i quali non si sarebbe dovuto trattare con i ‘paesi canaglia’. Ancora recentemente lobbisti americani hanno cercato di fare valere in Iraq un specie di ‘principio di esclusione’ dagli appalti per tutti quei gruppi che avevano trattato con Iran e Libia tra cui spiccano l’anglio-olandese Shell, italiana Eni e la francese Total-Fina Elf (…).

La ‘svolta’ degli italiani e I ‘nostri’ soldati a guardia del petrolio di Nassirya.

(…) Nei mesi precedenti agli attacchi, se Francia, Germania e Russia mantengono le loro posizioni, l’Italia cambia improvvisamente partito. Partecipa, infine al dopo-guerra iracheno, con un contingente a Nassirya (…). Dice più moderatamente il professor Lucani : “ Non c’è dubbio che la scelta di Nassirya per i nostri militari è legata in modo trasparente agli obiettivi della nostra azienda petrolifera. Probabilmente si ritiene di poter creare delle relazioni che aiuteranno in futuro, a ridiscutere un accordo certo non più attivo, ma che si spera sia rinnovato (…).

I buoni e i cattivi.

E ancora : “ Ammette un grande manager di una azienda italiana da anni in Iraq : “ la ricostruzione, ad oggi, è un fatto degli americani; si sono presi tutto, e a noi hanno lasciato le briciole, qualche appalto per pezzi di ricambio “ (Il Venerdi di Repubblica, op.cit).
Ma comunque anche se sono ‘briciole’ come dice il padrone italiano, sono briciole che vedono le imprese italiane in prima fila, “come dice il sottosegretario agli esteri, Alfredo Mantica, di AN (…). Il secondo (livello, ndr) che tratta appalti rilevanti, di infrastrutture di vari tipo, vede alcune importanti società italiane in pole position: La Torno, candidata ad essere ad essere general contractor, l’Ansaldo energia, la Astaldi, la Fata group, la GTT, la Teksind per fare alcuni nomi (…). Proprio oggi, venerdi, è previsto in Confindustria un incontro tra imprenditori italiani (350 candidati ai sub-appalti) e grandi aziende Usa (…). Gli Stati Uniti hanno versato direttamente 18 miliardi di dollari, l’Italia per fare un confronto, 200 milioni di euro”. Come dire : non aspettiamoci troppo. Persino gli inglesi delusi hanno protestato (…).

Ma alla fine ‘mangiano’ tutti, anche i cattivi.

Comunque, dato che siamo in un regime capitalista, la concorrenza è aperta e anche il mercato è …sempre aperto. Anche quello della ricostruzione. Infatti “ il mercato è aperto e francesi e tedeschi per esempio, operano già in Iraq, con uno stratagemma puerile: attraverso le loro società in paesi “amici” degli Usa. Per esempio la Seat è della Volkswagen, ma risulta spagnola. Alcatel France è in Iraq attraverso Alcatel Italia (che licenzia contemporaneamente gli operai a Rieti, nel Lazio, e in Campania). Non è una novità: gli Usa lavoravano con Gheddafi coperti dai coreani, come l’Eni sta operando in Mauritania con una società neo-zelandese. D’altra parte anche gli americani giocano sulla nazionalità. I primi sub.-appalti italiani in Iraq riguardano quasi esclusivamente imprese di capitale americano (come la Nuova Pignone di Firenze)“.

Tornando all’Italia.

Comunque anche se la ‘guerra di concorrenza commerciale’ tra paesi e imprese anche in Iraq è sempre più accanita, e anche se ‘del petrolio iracheno si può parlare solo come un possibile grande affare futuro ‘, “ qui l’Eni conta ancora di poter far valere la sua storia in Iraq, i vecchi contatti e persino il rapporto favorevole con gli Usa dopo il distacco dell’Italia dal gruppo degli ‘autonomisti’ europei ‘ L’Eni, allora ubbidì senza fiatare. Adesso spera di incassare. Lì a Nassirya, dove- attentati a parte – si cominciava già a parlare italiano “ (Il Venerdi di Repubblica). E proprio il 20 aprile, il governatore italiano a Nassirya, assieme al generale delle truppe italiane in quel luogo, si è opposto agli americani che con le loro truppe volevano intervenire proprio a Nassirya per cercare di catturare i cosiddetti ‘terroristi’ iracheni, affermando con questo che la ‘ provincia di Nassirya è nostra e anche il petrolio, e ce la gestiamo noi!’.
Ci sembra chiaro, allora, che da quanto scritto e riportato, gli italiani non sono andati in Iraq per ‘atti umanitari e ad aiutare la popolazione ridotta alla fame’, ma principalmente per spartirsi le ricchezze di quel paese e a dar nuovi mercati e profitti alle industrie italiane. I padroni italiani, con la crisi che morde sempre di più, hanno fatto mandare le truppe ‘democratiche e antifasciste’ per ritagliarsi i loro profitti, sfruttando la popolazione irachena e gli operai iracheni che cercano con fatica di resistere allo sfruttamento e si iniziano a ribellare con scioperi e manifestazioni; questo dopo avere sfruttato, licenziato e affamato con bassi salari gli operai in Italia.
Cosa debbono e possono fare per gli iracheni e per gli operai di quel paese, gli operai italiani ? Cercare di combattere i propri padroni e i loro governi. Questo è il minimo che si possa fare.


Roma, 21 aprile 2004

Operai Contro-aslo roma

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