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Dignità operaia

Dignità operaia

(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
Oggi sciopero generale dei metalmeccanici convocato dalla Fiom e manifestazione nazionale a Roma

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(Per un sindacato di classe)

Opposizione in CGIL? Sì, ma di classe e rivoluzionaria!

(16 Luglio 2012)

Nei giorni scorsi alcuni dirigenti e settori della sinistra CGIL hanno costituito una nuova area programmatica di opposizione interna alla Confederazione, chiamata “La CGIL che vogliamo, opposizione organizzata”, facente riferimento alla minoranza congressuale “La CGIL che vogliamo”.

In attesa di un suo prossimo documento programmatico, possiamo fare qualche prima osservazione.

La costituzione della nuova area programmatica è frutto di diverse concause: le ripercussioni della crisi e lo sviluppo dell’attacco della borghesia imperialista e del governo ultra conservatore Monti-Napolitano verso la classe operaia e le masse lavoratrici; la politica collaborazionista dei vertici CGIL e l’incapacità del gruppo dirigente della FIOM di mettersi alla testa della resistenza operaia e popolare; la decisa risposta operaia, realizzatasi nei mesi scorsi, all’attacco padronale e i relativi spostamenti di classe e le ripercussioni determinatisi dentro il maggiore sindacato italiano.

“La CGIL che vogliamo, opposizione organizzata”, il processo di cui essa è espressione e riflesso, è d’altra parte il prodotto dei limiti e delle fallimentari linee politico-sindacali e gestioni dei precedenti progetti di critica interna alla CGIL.

Come comunisti lavoriamo in una logica di costruzione, dentro la classe operaia e nel sindacato, di una reale alternativa sindacale unitaria di classe e rivoluzionaria. Per questo motivo appoggiamo e favoriamo i processi di costituzione, riorganizzazione e unità dei settori sindacali critici, delle varie opposizioni sindacali e di classe ovunque essi si realizzano.

Seguiamo dunque con attenzione e interesse anche questo processo di costituzione di un’area di opposizione alle politiche concertative e collaborazioniste dei vertici CGIL.

La questione fondamentale è se “La CGIL che vogliamo, opposizione organizzata” dimostrerà concretamente la volontà di organizzare una reale alternativa di classe alla politica filo-padronale e collaborazionista della direzione CGIL.

Oggi dobbiamo purtroppo evidenziare che, stando agli esordi, questa nuova esperienza parte senza aver fatto i conti fino in fondo con le linee politico-sindacali errate e tendenti alle logiche di apparato che hanno contraddistinto le passate esperienze “di opposizioni interne” alla Confederazione.

In particolare:

1. I promotori della nuova area critica, che non nasce dal basso, ma da settori di minoranza dell’apparato della CGIL, continuano a limitare il loro orizzonte all’opposizione burocratica dentro il sindacato. Si ripercorre insomma la logica, dimostratasi perdente ed illusoria, dello scontro prevalentemente interno agli apparati, seguendo criteri mutuati dai giochi parlamentari e congressuali. Sintetizzando: “organizzare l’opposizione dentro l’apparato; non organizzare la lotta concreta della classe operaia”. Non a caso sono due i termini significativamente assenti dal comunicato di costituzione dell’area: “classe” e “operaia”.

2. Nonostante le critiche alla direzione della CGIL e alla sua politica di ricomposizione con i vertici di CISL e UIL, la nuova area programmatica considera “complici” soltanto i capi di questi ultimi due sindacati. Risulta così evidente come i promotori non abbiano rotto i legami che li legano alla direzione confederale di Corso d’Italia.

3. Nel documento di costituzione si limita la critica alle politiche economiche ultraliberiste, e alla direzione della CGIL ad esse subalterna, senza dire una parola sul ruolo e le politiche dei “social-liberisti” che appoggiano il governo.

Insomma i promotori continuano a rimanere ancora interni all’orizzonte riformista, che delinea un capitalismo magari meno antipopolare di quello espresso dal liberismo d’assalto, una “democrazia economica” che rende permanente l’asservimento della classe operaia, dunque senza sostenere obiettivi di classe e rivoluzionari, senza porsi l’obiettivo di una rottura radicale col sistema capitalista-imperialista.

“La CGIL che vogliamo, opposizione organizzata” se non cambierà le sue posizioni e basi politico-ideologiche di riferimento, scegliendo una linea politico-sindacale veramente e coerentemente di classe e rivoluzionaria, non potrà che caratterizzarsi come l’ennesima operazione di copertura del riformismo social-liberista, l’ennesima rotella di un ingranaggio che fa capo a forze di conservazione di un sistema morente, l’ennesimo inganno alle masse lavoratrici.

Sottolineiamo ciò perché oggi è necessaria la massima chiarezza: troppe volte la classe operaia ha assistito ed è rimasta vittima di operazioni gattopardesche.

La crisi capitalistica, il peggioramento delle condizioni di esistenza dei lavoratori sfruttati, rendono più acuti i contrasti di classe, spingono gli operai e le masse popolari ad organizzarsi e lottare contro le forze organizzate del capitale finanziario.

Questa tendenza rivoluzionaria è però frenata e paralizzata dall’aristocrazia operaia, dai quadri dirigenti della socialdemocrazia, dai burocrati corrotti dei sindacati, che sono veicoli diretti dell’influenza borghese sul proletariato.

E’ oggi del tutto evidente l’esistenza di una catena, che parte dal riformismo liberale e arriva alla socialdemocrazia di sinistra, che fa da puntello sociale alle politiche dell’oligarchia del capitale finanziario internazionale.

Se la massa operaia e le sue avanguardie politiche e sindacali non spezzeranno questa catena e riconquisteranno la loro completa indipendenza dall’opportunismo e da tutte le tendenze borghesi esistenti dentro il movimento operaio e sindacale, se si continuerà a percorrere gli stessi sentieri del recente passato, non si potrà portare avanti in modo coerente e fruttuoso la battaglia contro il sistema di sfruttamento, né costruire una vera opposizione sindacale organizzata e radicata nelle fabbriche e negli altri posti di lavoro.

L’offensiva della borghesia imperialista e dei suoi governi, la sempre più manifesta volontà collaborazionista dei capi riformisti e socialdemocratici, così come la volontà di lotta espressa dalla classe operaia, sono elementi che ci fanno dire che ormai occorre uscire dall’ambiguità e dall’incertezza. La situazione non permette più “mezze misure”.

Le forze genuinamente di classe attive nel movimento sindacale e operaio devono assumersi le proprie responsabilità e lavorare in modo tenace e sistematico nei sindacati e nella altre organizzazioni di massa del proletariato, nei luoghi di lavoro, per costruire una forte opposizione sindacale di classe e rivoluzionaria.

Un’opposizione reale che sappia difendere in modo fermo ed energico gli interessi degli operai, tagliando ogni legame con le correnti e le tendenze borghesi e opportuniste e dando impulso ad una politica di unità dei sindacati sulla base della lotta di classe, di fronte unico proletario, che è il più efficace mezzo di lotta contro il capitale e per lo smascheramento ed isolamento dei capi opportunisti di destra e di “sinistra”.

Questo lavoro non può essere visto separatamente, ma deve essere organicamente connesso alla costruzione del Partito comunista nel seno stesso della classe operaia, un partito basato sui principi del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario.

Luglio 2012

Piattaforma Comunista

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