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(29 Giugno 2011) Enzo Apicella
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La nuova metrica del lavoro in casa Fiat

L'inflessibilità di Cassino

(30 Settembre 2001)

Il grande piazzale antistante la fabbrica si anima all’improvviso. Arrivano i pullman di linea, alcuni privati, provenienti da varie località: dal Lazio, dall’Abruzzo, persino dalla Campania. Parcheggiano i camper con bibite e panini. Prendono posto le tante bancarelle di extracomunitari, dove si può trovare di tutto: dal vestito al cd, dalla collanina all’accessorio auto. Un piccolo mondo si muove e si agita a ogni cambio di turno davanti allo stabilimento della Fiat di Cassino. Eccoli i lavoratori ancora in tuta, quelli entrati alle 6 del mattino, che allo scoccare delle 14 sciamano via in fretta con La Stampa sottobraccio, da luglio in omaggio all’uscita dei cancelli, per gentile concessione dell’azienda. "Siamo tornati dalle ferie – dice uno di loro – e i capi ci hanno chiesto subito di adottare la nuova metrica di lavoro, pressoché impossibile da mettere in pratica: hai presente Charlot in "Tempi moderni"? Il principio è lo stesso: siamo costretti a correre appresso alla macchina per riuscire a montare un pezzo nei tempi prefissati". "Sai che ti dico? – gli fa eco un altro – Ci mettessero direttamente i robot sulle linee di montaggio. Otterrebbero così il duplice effetto di veder perfettamente applicata l’organizzazione del lavoro che ci vogliono imporre e di non subire più scioperi".

Fra i lavoratori (in tutto sono 4.500, di cui circa 3.000 gli addetti al montaggio) il malessere si taglia col coltello. Soprattutto da quando è subentrata la sgradita novità del Tmc-2 (vedi articolo in fondo alla pagina), il nuovo metodo di lavoro e rilevazione dei tempi, elaborato dalla Fiat e accettato, dopo una lunga trattativa, da Fim, Uilm e Fismic il 15 marzo scorso (vedi Rassegna, n. 20 del 2001), che ha segnato l’inizio della rottura dei rapporti unitari tra le sigle di categoria (la Fiom è l’unico sindacato contrario a quell’accordo). La nuova metodologia lavorativa, già contestata lo scorso inverno dai lavoratori con circa 50 giornate di sciopero, è entrata in vigore il 20 agosto, in concomitanza con l’avvio della produzione della Stilo. "Più che una fabbrica, un laboratorio di idee", recita lo slogan pubblicitario Fiat. La realtà, però, è ben diversa. Di avveniristico, da queste parti, c’è poco o niente. "L’azienda – denuncia Antonio Luciano, della Rsu aziendale, addetto al montaggio – ha reso noto di aver preparato professionalmente tutto il personale alla nuova tipologia lavorativa. Non è vero: non conosco un solo dipendente che abbia fatto corsi di formazione prima della messa in produzione di quest’ultimo modello. La maggior parte di noi è passata dalle vecchie linee su Bravo e Brava alla Stilo, senza sapere nulla del nuovo lavoro".

Tutta la nuova organizzazione è, di fatto, virtuale, studiata a tavolino dal management. Per ricostruire tutte le varie fasi di lavorazione del montaggio di un’automobile è stata utilizzata una figura robot, in grado di riprodurre nel minor tempo possibile ogni singola operazione. "Il Tmc-2 – spiega Luciano – è il frutto di quell’esperienza: per la misurazione dei tempi non esiste più la vecchia figura del cronometrista, le rilevazioni vengono fatte anch’esse al computer. Per il movimento di un braccio, il tempo prefissato è di sei secondi. Non ha alcuna importanza se tu ce ne metti sette o otto o se hai qualche impedimento imprevisto. Per l’azienda, in questo caso, non esiste la parola flessibilità". Con la nuova metodologia, il lavoro in fabbrica si è intensificato del 20 per cento. "Se prima per montare un pezzo il lavoratore aveva a disposizione 60 secondi – afferma Domenico De Santis, segretario della Fiom di Frosinone –, oggi ne ha solo 48. Questo si traduce, evidentemente, in un peggioramento delle condizioni di lavoro. Oltretutto, a differenza del Tmc-1, il nuovo metodo non è neanche riconosciuto a livello internazionale: in Europa lo ha adottato solo la Fiat, con l’obiettivo dichiarato di accentuare il più possibile i tempi di lavorazione, per ammortizzare quanto prima i costi della nuova produzione". Anche l’organizzazione del lavoro, negli anni, è peggiorata. "Quando nell’89 sono entrato in fabbrica – racconta Luciano –, si facevano diverse pause fra una vettura e l’altra. In questo modo, si riusciva a capire la lavorazione che si stava eseguendo e a farla bene. Se qualcosa non andava, c’era il tempo per rimediare, mentre adesso è impossibile. Per il momento, chi non regge il passo chiama il collega più vicino per farsi aiutare, e ogni tanto intere linee sono costrette a fermarsi per aspettare chi è in ritardo". Le linee di montaggio hanno viaggiato, finora, solo al 50–6O per cento della loro capacità produttiva (150 auto ogni turno, contro le 400 programmate), per problemi di carenza di forniture dei nuovi pezzi della Stilo. "A breve, però, scoppierà un vero e proprio casino", aggiunge Luciano.

L’azienda non ha ancora ufficialmente consegnato al personale i tempi di lavorazione, anche se i carichi di lavoro sono già stati commisurati in base alla nuova metrica. Lo farà a fine mese, quando, secondo i piani della Fiat, finirà la fase sperimentale e tutto dovrà andare a regime. "Allora – ipotizza De Santis – ci saranno di sicuro scioperi spontanei a catena: quando, soprattutto per i lavoratori più anziani, abituati da decenni a un determinato ciclo, sarà impossibile sostenere i nuovi carichi di lavoro". Le cose non vanno meglio nelle cinque aziende terziarizzate del gruppo (2.500 gli addetti). Una di queste è la Comau, leader del settore dell’impiantistica, che qui a Cassino si occupa di manutenzione, con 400 unità. "Anche da noi c’è stato un accordo separato – afferma Antonio Todisco, operaio nella fabbrica ciociara –: a fine luglio, azienda, Fim e Uilm hanno firmato un’intesa sull’orario, che porterà dal 1° ottobre il ciclo lavorativo da 15 a 20 turni, con tutte le conseguenze che ciò comporterà sulla vita delle persone".

I primi effetti dei nuovi ritmi "giapponesi" non hanno tardato a farsi sentire anche sul piano della sicurezza. "Sono bastate poche settimane – spiega ancora De Santis – per registrare un aumento considerevole degli infortuni. Senza dimenticare che già un 20 per cento di lavoratori è affetto da forme d’invalidità e considerato a ridotte capacità lavorative dall’azienda: molti di questi sono già stati scaricati e trasferiti in reparti e lavorazioni di recente terziarizzati dalla Fiat". Le patologie più frequenti riguardano gli arti e la schiena: slogature, contusioni, tutte causate dalla fretta con cui si è costretti a lavorare. E a vigilare sulla sicurezza in azienda non c’è nessuno: gli Rls non sono stati ancora eletti, per un problema irrisolto di conteggi fra le varie sigle sindacali. "La Fiat – osserva Luciano – ha subito messo le mani avanti, annunciando di aver adottato sistemi all’avanguardia dal lato ergonomico e ogni altro tipo di accorgimento in materia di prevenzione. Non va dimenticato che il Tmc-2 esige condizioni psicofisiche perfette. Se hai anche un semplice raffreddore sono guai, è meglio che resti a casa. Verosimilmente, ciò si tradurrà, nei mesi freddi, in un aumento dell’assenteismo".

A metà ottobre partirà il terzo turno di lavoro per portare a 1.200 unità (dalle attuali 800) la produzione quotidiana, sulla falsariga di quanto avviene nella fabbrica integrata di Melfi. "La dirigenza ha ipotizzato - sostiene Luciano – di riuscire a fare il turno di notte con le persone che risultano eccedenti dai primi due turni, grazie ai risparmi di manodopera derivanti dai tempi di lavoro più veloci. Nella mia squadra, formata da 45 addetti, i capi hanno calcolato di toglierne 17, per arrivare a una produzione ottimale". Proprio nei giorni scorsi, la Fiat ha reso noto il pacchetto di assunzioni (15.000 le domande pervenute), anch’esso facente parte dell’intesa chiusa lo scorso marzo. Entro l’8 ottobre verranno chiamati 600 giovani (su 800 previsti) per incrementare la produzione della Stilo: 300 (fra i 21 e i 25 anni) entreranno con contratti di formazione, altrettanti saranno i lavoratori interinali a sei mesi.

Anche questo capitolo è materia di scontro fra azienda e Fiom. "A noi interessa discutere di occupazione – precisa De Santis –, non di assunzioni fatte in modo clientelare dall’azienda, che ricatta in stile mafioso i dipendenti, promettendo di assumere i loro figli se si comporteranno bene. Nei mesi scorsi i dirigenti sono arrivati a sostare davanti ai tavoli dove stavamo raccogliendo le firme contro l’accordo, per individuare chi vi aderiva. In molti hanno preferito controfirmare a favore della Fiat, pur di non finire nella lista dei proscritti. Anche lo scorso 7 settembre hanno tentato, assieme agli esponenti di Fim, Uilm e Fismic, di non far venire la gente alla nostra assemblea con Claudio Sabattini, ma hanno fallito il loro obiettivo". All’iniziativa della Fiom era presente un migliaio di persone, circa la metà degli addetti. "Alla fine – conclude De Santis –, il voto della platea è stato pressoché all’unanimità contro l’intesa".

Roberto Greco

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