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il pane e le rose

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13 mila statali in mobilità.

(20 Settembre 2004)

L’immancabile devastante finanziaria autunnale da 24 miliardi di euro contiene al suo interno una nuova stangata sui lavoratori pubblici.
Il piatto forte è un novello piano sulla mobilità dallo Stato alle autonomie locali che sull’altare della devolution, per rendere effettiva l’applicazione tanto “attesa” del federalismo, prevede un esodo massiccio di migliaia di lavoratori da una serie di Ministeri (Agricoltura, Lavoro, Infrastrutture, Attività Produttive, Interno ecc.), dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dalle Agenzie Fiscali (Territorio) verso uffici ed enti locali.
Piano che non nasce oggi ma in realtà già era previsto dal decreto n. 165 del 2001 (il famoso decreto che limita pesantemente le agibilità sindacali) e che indica in 21285 i dipendenti soggetti a mobilità. Essendo finora già stati trasferiti 9641 lavoratori gli altri da “deportare” sono circa 13 mila!
Ma non finisce qui: vi è inoltre un’introduzione di un tetto rigido per le assunzioni (o di un semi-blocco del turn over) che contrarrà ancora di più gli organici della amministrazioni pubbliche.
Senza scordarsi che il secondo biennio dei contratti è scaduto ormai da 9 mesi e ancora non sono stati rinnovati.
Il DPEF prevede un tasso programmato di inflazione del 1,6% che si traduce nella Finanziaria per il governo e per il suo paladino ministro Mazzella in incrementi economici del 3,6-3,7%. A loro volta i sindacati confederali chiedono aumenti dell’8%, comunque irrisori rispetto all’inflazione e al galoppante euro. In questo capriccioso orizzonte, si potrebbe aprire uno scenario che porterà, prevedibilmente, a barattare (sempre con l’accordo di Cgil-Cisl-Uil) una percentuale maggiore di aumenti salariali …in cambio del suddetto piano di mobilità e di un attacco complessivo all’occupazione (sulla falsariga dell’esperienza contrattuale passata della scuola).

Cominciare da subito iniziative di lotta nei posti di lavoro, prima che la Finanziaria venga messa a punto e cominci il suo iter parlamentare, è un imperativo d’obbligo per la massa dei lavoratori, agnello sacrificale classico delle politiche antisociali di questo governo.
Bisogna sbarrare la strada a qualsiasi piano di mobilità selvaggia, contro le riduzioni di organici, lo smantellamento e la privatizzazione dei servizi pubblici, con una richiesta di aumenti salariali di almeno il 10% in paga base, coniugandola con un meccanismo automatico che salvaguardi gli stipendi dall’inflazione.

COBAS Pubblico Impiego
aderente alla Confederazione COBAS

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