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(9 Aprile 2013) Enzo Apicella

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Il caso "Hera": fra privatizzazioni e nocività.

L'Emilia Romagna dentro il "vortice" del turbo-capitalismo europeo.

(18 Novembre 2004)

Da alcuni anni, le istituzioni e le amministrazioni pubbliche locali, sono state ri-funzionalizzate all'ideologia aziendale per tradurre nel concreto le politiche dettate dall'Unione Europea e dai vari organismi internazionali (OMC, FMI etc) e le varie multinazionali.

L'"aziendalizzazione" dei servizi è stata e rappresenta tutt'ora, il passaggio imprescindibile per cercare di ripristinare processi di valorizzazione dei capitali e degli investimenti dentro un nuovo scenario di competizione globale feroce con effetti pesantissimi dal punto di vista economico, sociale, politico e ambientale, delle fasce popolari e della nuova composizione di classe, ancora in formazione, determinata dal flusso massiccio di forza lavoro immigrata.

Questi passaggi, spesso traumatici per le popolazioni locali (ricordiamo la chiusura massiccia dei piccoli ospedali e dei presidi sanitari in regione negli anni '90), hanno creato, e creano tutt'ora contraddizioni e lacerazioni anche nel corpo sociale, politico tradizionale.

Le istituzioni locali, a partire dalle Regioni, stanno assumendo compiti di "traduzione" dei nuovi imperativi delle politiche del grande capitale europeo nelle nuove forme di sfruttamento e di quella che giustamente è stata definita "civilizzazione dissipativa".

La regione Emilia Romagna si trova sicuramente collocata a pieno titolo dentro l'economia globale, ovvero inserita dentro progetti presenti e futuri di sviluppo e relazioni sempre più legate a dinamiche internazionali nella sfera della produzione, del trasporto e del consumo di merci (vedere i settori metalmeccanico, dell'agricoltura e alimentare). E' in questo scenario che possiamo comprendere le grandi opere infra-strutturali, l' esplosione della speculazione e dell'espansione urbanistica, la razionalizzazione e la privatizzazione dei servizi.

Tutto ciò non è che la diretta conseguenza delle scelte stabilite dentro l' agenda europea. E' la Commissione europea, questa sorta di "super-governo" non eletto, che agisce al di fuori di ogni controllo , per conto dei grandi gruppi industriali, bancari e finanziari. Essa, attraverso l'Accordo generale sul Commercio dei servizi (AGCS), ha dato il via alla programmazione della privatizzazione di tutti i settori dei servizi. L'AGCS è uno dei principali strumenti giuridici internazionali col quale, in seno all'OMC, i paesi industrializzati intendono applicare radicalmente la dottrina del "libero scambio" nel settore dei servizi, ivi compresi i settori considerati, fino ad oggi, non commerciali e d'interesse generale: sociali, culturali, educativi, salute, protezione ambientale, etc.

In questo "vortice" di turbo-capitalismo europeo ci sono altre istituzioni del "governo ombra" inteso come governo "tecnico" reale del processo di creazione del polo imperialista europeo. Alcune di queste che vale la pena menzionare: il Trans Atlantic Businnes Dialogue (TABD): creatura stessa della Commissione Europea congiuntamente al Ministero del Commercio statunitense, e insieme ai maggiori uomini d'affari europei e USA; si riunisce ogni sei mesi e pubblica delle "raccomandazioni". Raccomandazioni che a sua volta la Commissione europea s'incarica di far verificare che siano rispettate da propri funzionari. Tra le principali richieste del TABD vi è la soppressione di tutte le legislazioni e dei regolamenti nazionali, regionali, provinciali e locali che nel settore della sanità, o dell' ambiente, costituiscono degli "ostacoli al commercio".

Altra istituzione che inter-agisce con la Commissione Europea è l'Union of industrial and Employens Confederetion of Europe, la più grande federazione padronale d'Europa. Essa ha creato al suo interno la rete Europea dei servizi, o European service NetWork divenuta poi il Forum Europeo dei servizi.

In stretta collaborazione con il suo equivalente USA, l'US Coalition of service Industries, questo organismo ha decretato una serie di principi in materia di liberalizzazione dei servizi che coincidono con le posizioni della Commissione Europea: liberalizzazione progressiva di tutti i servizi; smantellamento delle legislazioni nazionali e locali contrarie alla libera concorrenza.

E' ovvio che la principale meta è il traghettamento dell'Europa (sempre più "allargata") da una storia di conquiste di garanzie sociali, frutto delle lotte di più di un secolo dei lavoratori e delle masse popolari a un modello di liberismo economico che ricalca quello anglo-sassone/statunitense e in competizione con esso.

La regione E. Romagna è il paradigma di questo passaggio. Una regione che un tempo fu eretta a simbolo nella garanzia dei servizi pubblici e sociali avanzati: dalle scuole materne e dai nidi garantiti a tutti i bambini, ai trasporti pubblici fino alla sanità.

Da più di 10 anni a questa parte questa situazione ha subito una inversione sempre più marcata che ha visto collocare L'Emilia Romagna come realtà all' avanguardia nel demolire sistematicamente questo sistema minimo di garanzie sociali. Un'operazione resa possibile dalle peculiarità della macchina del consenso costruita negli anni dall'apparato ex-PCI e ora DS-Pdci-RC e un controllo sociale capillare e diffuso.

L'opzione europea passa attraverso una politica generale di demolizione dello Stato sociale esistente considerato dal grande capitale un fardello pesante ereditato dalla precedente fase storica conclusasi con il crollo del blocco socialista e la fine del modello socialdemocratico nord-europeo.

Il caso di "Hera" rappresenta certamente uno di questi passaggi dentro i processi di inversione attivati in questi anni La creazione di questo colosso (Hera è fra i "leader" nazionali ed "europei" nella gestione dei servizi legati al ciclo dell'acqua, all'utilizzo delle risorse energetiche e alla gestione dei servizi ambientali) in forma di Holding che comprende 138 comuni romagnoli, più quello di Bologna e anche quello di Ferrara è il primo grande passo verso la privatizzazione delle aziende municipalizzate della nostra regione orientata a governare i servizi pubblici con logiche di mercato e privatistiche.

Và ricordato che parallelamente in Emilia le ex municipalizzate di Piacenza, Parma, Reggio E. e Modena decidono di costruire un' altra multi-servizi denominata New. Co SPA. Una riproduzione di Hera, la multiutily che da quando è quotata in Borsa ha proceduto secondo le "direttive europee" aumentando le tariffe di acqua, gas e rifiuti, peggiorato la qualità dei servizi erogati appaltandoli alle cooperative con una drastica riduzione di salari e diritti dei lavoratori.

Ovviamente tutte queste operazioni di fusione avvengono nelle consuete logiche spartitorie delle fameliche "borghesie pubbliche" e di partito e tutto il "management" inserito nei vari consigli di amministrazione di Hera e delle ben 72 società ad essa legate sparse in tutta Italia.

Lo stesso Presidente della Provincia di Bologna, Vittorio Prodi, fratello del Presidente della Commissione europea, ha dovuto ammettere, con una buona dose di faccia tosta: "Le somme pagate per le consulenze relative alla nascita di Hera e per la sua quotazione in Borsa rientrano nella prassi, ma certo si è trattato di cifre terrificanti".

Ad ogni modo la creazione di "Hera" va anche a "supportare" quello che sarà lo "sviluppo" dei prossimi anni che mira al rinnovamento tecnologico, alla flessibilità del lavoro anche nei servizi,alla creazione di nuove infrastrutture, per rendere sempre più "concorrenziale" l'apparato produttivo.

I parametri restano la crescita del PIL con l'obiettivo di una concorrenza produttiva finalizzata unicamente ai vantaggi dell'impresa, senza alcun particolare interesse per le produzioni nocive, la salute e lo stoccaggio di montagne di rifiuti tossici industriali se non come merci da smaltire nel modo più conveniente e per ricavarne lauti profitti.

La regione E. Romagna punta su una piccola e media impresa con un certo grado di tecnologie avanzate ma ben ancorato dentro uno sviluppo economico-industriale incompatibile con l'ambiente e la salute. Il settore dei rifiuti (urbani ed industriali) ha aperto a queste holding prospettive di enormi profitti con l'adesione alle scelte del capitale U.E. e USA che hanno stabilito la localizzazione di tutta la filiera dell'incenerimento nei paesi del mediterraneo (Spagna, Francia, Grecia, Italia, Turchia, Africa del Nord), rifiutata, ormai, nel Centro Nord Europa e negli stessi USA.

Nel capitalismo i rifiuti, come ogni altra cosa, sono una merce e concorrono alla creazione di plus-valore. I fautori/paladini dello sviluppo capitalista che antepongono il profitto alla vita non si sognano neppure di ridurli.

Anzi perseguono un modello di produzione, trasporto e consumo delle merci per produrne sempre di più (vedere la proliferazione di grandi centri commerciali ed ipermercati).

Le normative europee, come sempre spalmate alle esigenze delle imprese, fra l'altro impongono un uso massiccio e spropositato d'imballaggi e confezioni che costituiscono una percentuale che va dal 50 all'80% dei rifiuti urbani.

La "soluzione" degli inceneritori è in realtà il mezzo migliore per massimizzare i profitti. Non a caso il C.d.A. di Hera, approvando il Piano 2005-2007, ha confermato l'impegno di costruire 4 nuovi inceneritori in Romagna (che vanno ad aggiungersi ai 7-8 fra pubblici e privati già esistenti) a cui si aggiunge un altro nuovo a Bologna. Una potenza complessiva di 460.000 tonnellate/annue.

COME FERMARE TUTTO QUESTO?

Hera e quello che essa rappresenta pone un pesante interrogativo a tutte le forze e soggettività anticapitaliste e agli stessi movimenti ambientalisti (non ci riferiamo a quelli collusi con il ceto politico di governo ovviamente), rispetto alle possibili risposte che vadano oltre le "soluzioni tecniche alternative" e che pongano il problema - o i problemi - in termini politici e di conflittualità.

Siamo perfettamente consapevoli che oggi, da più parti, esistono proposte e alternative possibili e praticabili sicuramente più pulite e meno impattanti rispetto alla salute e all'ambiente nel settore del riciclaggio, della gestione delle acque, del settore energetico e via dicendo. Ma queste alternative, oggi più che mai, sono e rimangono una opzione remota in una fase in cui il primato economico e la sua efficienza prevalgono sull' efficienza sociale e ambientale.

Manca l'alternativa politica perché l'incapacità delle forze antagoniste (per motivi soggettivi e oggettivi) da una parte e il corposo e variegato schieramento di un ceto politico di "sinistra" e verde che spesso ha nel proprio DNA l'opportunismo ed è disposto a coo-gestire la svendita dei diritti e della salute impediscono, di fatto, la nascita di in movimento popolare di opposizione autonomo dal quadro politico istituzionale che sappia determinare livelli di conflittualità e lotte tali da impedire, come altrove, l'attuazione di questi piani.

Se da una parte si assiste al proliferare di dibattiti, "forum sociali", iniziative editoriali sui grandi sistemi e analisi sulla globalizzazione o l 'imperialismo o il liberismo, dall'altra si riscontra una inerzia di fondo sui problemi reali che ne scaturiscono dove viviamo tutti i giorni e dove, ormai, sembra un destino ineluttabile prendere ceffoni dal nuovo corso capitalista.

E' qui che l'interesse particolare diventa parte di un progetto di resistenza generale collettivo e contribuisce a ricostruire quella rete di s ocialità e solidarietà che le varie ristrutturazioni capitalistiche hanno distrutto in questi ultimi 20 anni.

Le lotte più eclatanti e significative di questi mesi, dai lavoratori di Melfi agli scioperi dei tranvieri fino alle vere e proprie rivolte popolari di Scanzano e Acerra lo dimostrano: lotte che esprimono radicalità e determinazione ma che contengono, inevitabilmente, al loro interno numerose contraddizioni a partire dalla composizione sociale, politica e culturale.

Ma è questa la realtà con cui dobbiamo confrontarci e i rituali "capelli" Ideologici non sempre ci possono soccorrere.

L'opposizione a Hera e allo schieramento politico che l'ha generata può essere lo spunto per cominciare a "pensare" come costruire e stimolare una resistenza di massa, capillare e diffusa rispetto alla privatizzazione dei servizi e alle produzioni di morte in questa regione. Una battaglia che può vedere protagonisti lavoratori, giovani e comitati indipendentemente da chi sia al "timone" della nave. E soprattutto fuori dalle ambiguità e dall' opportunismo di certe forze della così detta "sinistra del centro-sinistra" che sbraitano pubblicamente contro privatizzazioni e politiche del malaffare e nei palazzi si accordano e sostengono i DS e l'Ulivo.

La recente inchiesta sui "fanghi" nella provincia di Forlì-Cesena, ha aperto uno squarcio, certamente più drammatico di quello che potevamo immaginare, e ha creato delle crepe nel muro di omertà della gestione mafiosa diessina. L' interesse per "soluzioni" giudiziarie per noi è molto relativo. L'unica "uscita" è politica e sarà determinata da come l'iniziativa popolare e antagonista riuscirà ad inserirsi in queste crepe per allargarle sempre più.

Questi, in sintesi, gli obiettivi che proponiamo:

Chiusura degli inceneritori - impedire la costruzione di nuovi
No alla costruzione di nuove centrali energetiche
No alle privatizzazioni dei servizi - ri-municipalizzazione degli stessi
No all'aumento delle tariffe di Hera
No all'insabbiamento dell'inchiesta sui fanghi tossici
No alla politica degli appalti - trattamento retributivo e contrattuale dei
lavoratori delle cooperative pari a quello dei lavoratori delle settore
pubblico.

Associazione Pellerossa - Sinistra anticapitalista
Cesena

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