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Salvate la Sanità

Salvate la Sanità

(28 Novembre 2012) Enzo Apicella
Secondo Monti il sistema sanitario nazionale è a rischio se non si trovano nuove risorse

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CASTELLI ROMANI:
TUTELA DELLA SALUTE E POLITICHE SOCIO-SANITARIE SUL TERRITORIO

(Campoleone. Sala delle Assemblee, sezione PCdI Campoleone di Lanuvio.)

(4 Aprile 2015)

castelliromani

Con l’usuale cordialità, Giovannino Sanna, segretario della Federazione comunista dei Castelli, nel presiedere l’iniziativa che ha avuto luogo martedì scorso, ha immediatamente dato un caloroso benvenuto ai tre sindaci presenti: Emilio Cianfanelli, primo cittadino di Ariccia; Flavio Gabbarini, sindaco di Genzano e Luigi Galieti a capo del comune di Lanuvio. Sanna ha anche ricordato che altri due sindaci hanno aderito – di cui riferirà più avanti Maurizio Aversa – e che non sono presenti perché impegnati in importanti Consigli comunali: Milvia Monachesi, prima cittadina di Castel Gandolfo e Nicola Marini, sindaco di Albano. Presenti, oltre a molti cittadini, anche consiglieri e assessori di vari comuni.
Il dott. Riccardo Tiberi, svolge la relazione introduttiva nella qualità di responsabile Sanità della Federazione Castelli PCdI. Non si limita ad una generale ricostruzione politica dell’attacco al sistema sanitario nazionale che negli ultimi anni è stato portato affondo da parte dei poteri forti e da parte di una ideologia iperliberista che ha spazzato via la statualità, la universalità e la gratuità del diritto alla salute, così come prevede la Costituzione italiana. Tiberi, enuclea dati, propone esempi, illustra situazioni che tutti i partecipanti percepiranno con chiarezza e con condivisione. Almeno a giudicare dal caloroso applauso tributato alla fine dell’intervento. La medicina distrettuale, perché territoriale, perché si avvale dell’impianto culturale della pratica socio-sanitaria, ha un ruolo strategico – sottolinea il responsabile Sanità – nella programmazione e nella pianificazione aziendale. Così come perno irrinunciabile deve essere la partecipazione diretta alle scelte. Siano esse attivate tramite la conoscenza dei problemi familiari ( si pensi alle realtà familiari in condizioni gravi di salute o di indigenza che, spesso rinunciano alle cure perché non possono fare altrimenti). Il distretto, in quanto cellula vicina al territorio, in quanto differente dalla istituzionalizzazione ospedaliera, consente una reale osmosi con la realtà: senza filtro. L’impianto della medicina bio-psico-sociale è quella che consente il recupero di figure cardini e scelte amministrative socio-sanitarie, e politiche di programmazione pronte ad invertire l’attenzione ai bilanci che se fregano delle persone! E’ il contrario. Rimette al centro della tutela e difesa della salute, la pratica della prevenzione. La prevenzione sociale e sanitaria. Rimette al centro il ruolo del medico di base (medico di famiglia). Per fare questo il modo c’è. – illustra Tiberi – Occorre una mappatura reale del bisogno, della disponibilità, della offerta e dell’efficacia. Questa è la sostenibilità socio-sanitaria della salute tutelata. A fronte di ciò, c’è la cosiddetta, deleteria, medicina difensivistica. Quella che non pensa alle cure e alla prevenzione. Ma che basa, ospedalizzata, ad interpretare un ruolo di tutela dell’operatore sanitario. Il contrario di ciò che occorre. Non solo, questa attività (magari buona per le professioni di medicina legale) ha ormai un costo nazionale di 25 miliardi di euro annui. L’equivalente di vere e proprie finanziarie! Mentre, non vengono messi a disposizione della tutela della salute, per circa il 20% degli anziani, ovvero mentre 3 su 10 rinunciano alle cure per indigenza, di insorgenze come l’Alzhaimer o altre malattie. Patologie che hanno l’interfaccia possibile, di essere accompagnate con una rete sociale di riferimento territoriale: della comunità, della famiglia, della società; invece che essere rinchiusi nel singolo raggomitolato su se stesso. Le politiche territoriali, ovviamente – spiega Tiberi – trovano respiro se hanno progetti, piani, strutture orizzontali, territoriali. Realizzabili tornando a far svolgere un sano ruolo socio-sanitario a strutture di base, come i consultori. I soldi, del resto sono a portata di mano. Non sono i fondi che mancano. La stessa vicenda dei posti letto, qui da noi: ne sono attivi 760, ne risultano programmati 902 e ben 258 sono fantasma. Chiaramente il maggior costo non è altro che uno spreco che può essere riconvertito in utilità per le politiche territoriali. La stessa cosa vale per gli affitti impropri che la asl paga a Pomezia. Del resto è noto che perfino la Corte dei Conti ha ribadito che la storia dei “tagli lineari” è una misura governativa e amministrativa anticostituzionale! Per questo se si è passati negli ultimi anni da un rapporto nella spesa sanitaria PIL/Percentuale sanità dal 6,7 al 7,3, ciò non significa affatto che è giustificata la parola d’ordine: allora tagliare. Perché le misure della spesa vanno osservate. Nei Castelli a fronte di 56 milioni di spesa complessiva, ben 22 finiscono nelle tasche della sanità privata. E in cosa si propone la sanità privata? In tutta quella attività che potrebbe essere fatta, nella diagnostica ad esempio, o nella riabilitazione, in modo più che ottimo dalla asl stessa. Invece, viene sottovalutato l’aspetto socio-sanitario ed il territorio, scegliendo il “cliente” al posto del cittadino. La rete che va attivata da parte della asl invece, deve far cointeressare l’emergenza, con la residenzialità, con la semiresidenzialità e con la domiciliarità. Così si ritorna al territorio. Così il malato e la malattia e il cliente possono essere sostituiti dalla persona, dalla cultura bio-psico-sociale, dalla comunità. La proposta che avanziamo da questo convegno – conclude Riccardo Tiberi – è che in virtù dei principi costituzionali e di quelli amministrativi e di programmazione secondo legge vigenti, i Sindaci abbiamo piena delega per incaricare una persona (medico o conoscitore delle tematiche) che agisce in rappresentanza del sindaco, per attivare la mappatura dei bisogni sociali. Da questa mappatura, a mosaico, costruire una rete reale tramite la creazione, dal basso, del piano strategico socio-sanitario. Con questo strumento si può individuare cosa fare subito; e cosa programmare. L’obiettivo è di realizzare queste scelte politiche, amministrative socio-sanitarie entro il 31 ottobre di quest’anno. E’ possibile. Ciò che i sindaci sono chiamati a mettere in campo è la volontà di farlo.
Emilio Cianfanelli, sindaco di Ariccia, ha aperto gli interventi. Ha messo a fuoco un confronto serrato con tutte le criticità derivate e/o attuali, tra le politiche sanitarie prima della Riforma del 1978 e dopo. E’ convinto, il primo cittadino aricino, che il discrimine è tra il sostenere pienamente lo spirito e l’attuazione della 833 del ’78, pure con gli aggiornamenti necessari, oppure piegarsi a questo sistema monetizzato. Così come, per riequilibrare proprio lo spirito della riforma, occorre cancellare la legge 502 del ministro De Lorenzo. Va riposta sul territorio la gestione sanitaria e rimessa nelle mani delle regioni la programmazione ed il controllo. Gli enti locali territoriali hanno ormai nuova consapevolezza, sono in grado di assolvere a compiti di rete. I cosiddetti 9 ospedali fotocopia sono una derivazione modificabile, e lo stiamo facendo con l’ospedale/policlinico dei Castelli – conclude Cianfanelli – se possiamo attivare la programmazione territoriale socio-sanitaria; se possiamo rinunciare a favorire la sanità privata. Noi siamo pronti.
Flavio Gabbarini, sindaco di Genzano, ha lamentato che osservando la programmazione che viene proposta nelle politiche sanitarie, si nota che non c’è la politica. Non è riscontrabile la catena che unisce la referenza locale al potere reale delle decisioni. La stessa assemblea dei sindaci in tal senso è emblematica. Eppure, - rimarca Gabbarini – le ingegnerie istituzionali stanno portando ad altro. Ci sono le aree omogenee individuate all’interno della città Metropolitana. Eppure si facilita l’attenzione sul ruolo reale che le unioni di comuni, facendo rete, possono svolgere per maggior efficacia, per minori costi, per miglior copertura di servizi e diritti concreti ai cittadini. Perchè non poter fare questo anche nell’ambito socio-sanitario? Locali in affitto, strutture di proprietà, sono due facce della stessa medaglia, magari attraverso la quale può passare il recupero di risorse proprio per attivare, riattivare, od espandere le politiche socio-sanitarie nei castelli romani.
Il sindaco di Lanuvio, Luigi Galieti è intervenuto sottolineando l’importanza del legame del ruolo del medico di base rispetto al territorio. Con vari esempi e con l’illustrazione del profilo della professione medica oggi svilita in alcuni suoi aspetti ora disumanizzati.
Il dott. Aurelio Gozzi ha espresso preoccupazione per la sottrazione di parti funzionanti di sanità oggi operanti nei piccoli ospedali, pur nel convincimento che l’ospedale dei Castelli sarà una qualificazione oggettiva del sistema sanitario locale.
Edoardo Tomei, consigliere comunista ad Ariccia, è intervenuto mettendo in rilievo che le necessità da perseguire sono i servizi sul territorio. Anche perché, allontanando le politiche socio-sanitarie dalla nostra realtà il risultato è che stanno scomparendo sia i servizi che la percezione del bisogno di essi. La strada da imboccare – dice Tomei – è quella che ci fa individuare, dopo attenta analisi, come suggerito dalla relazione, magari un centro per assistenza alzhaimher ; magari una proposizione rinnovata del ruolo dei medici di base. Sicuramente, dobbiamo attivare un riscatto nelle politiche socio-sanitarie locali.
Maurizio Aversa ha riferito che incaricato dal segretario di Federazione PCdI, di invitare i sindaci di Castel Gandolfo e di Albano costoro hanno risposto positivamente, inviando un buon lavoro ai partecipanti, e assumendo come compito, la possibilità di svolgere questa stessa iniziativa in chiave istituzionale secondo la proposta formulata da Tiberi. Inoltre, il segretario del PCdI di Marino ha sottolineato che la linea che ci deve guidare è proprio quella di riattivare le politiche socio-sanitarie, come da scuola della Riforma del ’78, che tutti gli ultimi governi, compreso l’attuale, hanno dimenticato privilegiando il mercato, le aziende farmaceutiche, la sanità privata, le assicurazioni finanziarie sanitarie.
Il responsabile Sanità regionale Lazio del PCdI, Angelo Dionisi, ha rilevato che le rsiposte che, giustamente stiamo cercando, sono tutte di natura politica. Centrale è il tema della risposta politica da dare alla domanda diffusa dell’innalzamento delle barriere per accedere ai servizi socio-sanitari. L’esempio più eclatante, lampante e significativo di come siano le politiche sanitarie a decidere delle risposte concrete è sulla questione dell’Epatite C, tra le nostre scelte e quelle dell’India. In India un trattamento completo di cura dall’epatite C costa l’equivalente di poche centinaia di euro qui da noi. Da noi, in Italia, ma anche nel resto d’Europa, costa circa 50.000 euro. Se le medicine sono le stesse, perché questa scelta? Perché al centro dell’attenzione non c’è la persona bisognosa di cura, ma il ricavo economico gestito dalla azienda farmaceutica, dalla scelta privatistica della politica sanitaria del nostro governo, e così via. E’ semplice l’equazione. Al cittadino, corrisponde la politica per la salute fatta con spirito socio-sanitario. Al cliente, corrisponde la sanità aziendale coi suoi bilanci. Del resto, l’ospedale, questo è il fulcro di chi vuole professare la diffusione della tutela della salute, è il centro organizzato che serve per salvare chi rischia di morire. Ma tutta l’altra attività di salvaguardia e tutela dellasalute, non può che essere svolta in senso socio-sanitario, sul territorio, orizzontalmente. E’ ottima l’idea di rimettere al centro il medico di famiglia. Anche tramite gli accorgimenti degli studi di medici associati. Così, si risponde ai problemi della monetizzazione delle persone e della vita che sta prendendo piede grazie alla sanità difensivista.
Luca Battisti, il segretario regionale PCdI del Lazio, ha concluso il convegno. Ha fatto fulcro nel suo ragionamento sulla necessità di rimettere in campo scelte nette. Se i diritti collettivi sembrano appannati in favore del diritto individuale, ciò non è risolvibile col buon senso. La democrazia progressiva, la partecipazione dal basso, non possono essere modi sostituibili con altre pratiche: o sono attive o siamo in presenza di minor democrazia e di minor partecipazione sociale. La vicenda dei governi che si succedono e perseguono gli stessi fini destrutturanti delle conquiste dei lavoratori degli ultimi decenni, non lo fanno nella sanità, punto. No, lo fanno nella sanità, nella scuola, nell’attacco allo statuto dei lavoratori. Insomma è la qualità della democrazia che sta venendo meno. Gli aspetti riguardanti la legge elettorale o di rappresentanza, o le modifiche anticostituzionali alla costituzione, hanno lo stesso timbro: sono la continuazione delle politiche iperliberiste del capitalismo. Allora sono giuste tutte le analisi ed i tentativi di strappare possibilità di attuazione di politiche sanitarie riportate sul territorio. Ma è anche vero che a tutto questo, e soprattutto, dovrebbero riflettere su questo dirigenti, attivisti, leaders, amministratori di sinistra e del centrosinistra non comunisti, la risposta possibile è quella della lotta. La lotta per il riconoscimento della politica come possibilità di cambiamento. La nostra lotta per l’alternatività. Se l’area della sinistra e del centrosinistra, anche in questo ambito, anche territorialmente, comprende che questa è a cosa giusta, allora non sarà difficile, insieme, far partire una grande lotta per la democrazia reale, sia del rispetto e del ruolo che va restituito ai protagonisti delle politiche territoriali; sia della tutela e della salvaguardia della salute di tutti i cittadini, con vere politiche socio-sanitarie.

Partito Comunista d’Italia, Federazione Castelli romani

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