">
Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni (Visualizza la Mappa del sito )
(21 Luglio 2018)
La solidarietà nei confronti degli immigrati si afferma sempre più come un tratto qualificante di Potere al Popolo, a Roma in particolare. Gli accenti usati per condannare le politiche vessatorie attuate nei loro confronti dai diversi governi rinviano ad una tensione di fondo umanista. Ma le motivazioni politiche che ad essa si agganciano sono, come s’è potuto constatare nelle iniziative dei mesi scorsi, classiste e antimperialiste. Risulta ben chiaro, cioè, che sostenere le battaglie degli immigrati per i propri diritti vuol dire anche affermare l’unità del proletariato, superando quelle divisioni tra italiani e stranieri che sono funzionali al dominio della borghesia. Così come la rivendicazione di una seria politica di accoglienza muove da presupposti totalmente alternativi a quelli, per dire, di un’Emma Bonino. L’esponente radicale, com’è noto, rifiuta di confrontarsi con le cause ultime dell’immigrazione, considerando l’azione delle multinazionali benefica e portatrice di sviluppo e giustificando con motivazioni “umanitarie” aggressioni militari che hanno lo scopo di rimuovere qualsiasi ostacolo allo sfruttamento, da parte occidentale, di aree ricche di risorse energetiche e minerarie. Secondo Bonino l’Europa deve accogliere i più sfortunati anche per ribadire la presunta superiorità dei suoi fondamenti civili e morali. Nell’ottica di Potere al Popolo il discorso è rovesciato: chi alimenta le guerre e mette a sacco larga parte del pianeta, non può pensare di allontanare da sé i drammi che ha creato, magari per mezzo di accordi canaglieschi come quelli siglati dall’UE con la Turchia di Erdogan e dall’Italia con la Libia di Al Sarraj. Questo secondo aspetto dell’impostazione di PaP appare ben presente anche nell’iniziativa che si terrà domani, alle ore 18.30, presso La Casa del Popolo – San Romano (via di San Romano, 65), sede centrale, nella capitale, della giovane organizzazione. Si tratta della proiezione del documentario Mare Chiuso (2012), realizzato da Stefano Liberti e Andrea Segre e incentrato sulla politica di respingimenti attuata dall’Italia tra il 2009 e il 2010, in conseguenza dell'intesa tra Berlusconi e Gheddafi. Una fase che sembrerebbe lontana, visto che il colonnello libico non c’è più: lo hanno fatto fuori quelle stesse potenze occidentali con cui era sceso a penosi compromessi ma che non lo hanno mai ritenuto sufficientemente prono ai propri disegni. Però la Libia, devastata e balcanizzata dalla feroce guerra “democratica e umanitaria” del 2011, in conseguenza dell’attivismo di Minniti e del suo successore Salvini, che la definisce "porto sicuro", è tornata alla ribalta come luogo di umiliazione, tortura e soppressione degli immigrati. A monte, alla radice, cioè, della possibilità di consegnare a un destino infame tante persone, vi è qualcosa che va oltre il pur vergognoso approccio di alcuni partiti al tema in questione e cioè il fatto, sottolineato dagli organizzatori dell’iniziativa, che “le politiche liberiste dividono” gli immigrati “in due categorie: quelli che possono godere del diritto d'asilo politico e il resto che non può goderne perché non scappa da persecuzioni, ma dalla fame”. Il che, in concreto, significa “che donne e uomini che scappano da un paese africano - saccheggiato per decenni ed espropriato delle sue risorse da un paese europeo, il quale, come se non bastasse, si è dato la briga di porvi un 'dittatore amico', che gli strizza l'occhio - non hanno diritto d'asilo politico”.
Su queste basi, e facendosi forza con le menzogne diffuse dai media, che arrivano a parlare di un'invasione del nostro paese, l’attuale esecutivo ha buon gioco nel portare avanti una politica di straordinaria spietatezza, che si riallaccia ai precedenti minnitiani e berlusconiani addirittura radicalizzandoli. Insomma, parliamo di un’iniziativa utile ad affrontare uno dei temi più rilevanti dei nostri giorni e a definire collettivamente gli argomenti necessari a contrastare quel verbo anti-immigrati che non è mai stato così dominante nel nostro paese. Tanto da insinuarsi sempre più nelle nostre stesse file o, almeno, in ambienti che siamo abituati a considerare a noi prossimi. Nelle ultime settimane, interventi fondati sulla condivisione di molti aspetti della propaganda leghista li si è trovati persino in siti gestiti da intellettuali marxisti – o che si definiscono tali – come sinistrainrete.info. Magari questi scritti non rappresentano una posizione ufficiale, perché se ne alterna la pubblicazione con altri di segno differente, ma in ogni caso li si fa passare per spunti di riflessione da cui non si dovrebbe prescindere. Che dire: si ha l’impressione che certi intellettuali “marxisti” abbiano dimenticato alcune distinzioni fondamentali. Tra cui quella fra un umanitarismo esteriore, che può risultare funzionale all’operato delle potenze imperialiste, e una vocazione sinceramente umanista, ancorata alla difesa della dignità di ogni persona e tale da essersi saldata spesso, nel secolo scorso, con le teorie di emancipazione delle classi sfruttate. Ancor oggi, questa impostazione si può, almeno in potenza, coniugare con istanze schiettamente anticapitaliste. Forse, a certi “marxisti” che, con disinvoltura, sdoganano nel nostro campo posizioni ignobili, non farebbe male partecipare a iniziative come quella che si svolgerà il 22 luglio presso La Casa del Popolo – San Romano.
Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma
6529