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(26 Dicembre 2019)
«In un mondo in cui tutto passa per il dare e l'avere, Dio arriva gratis» ha esclamato compunto Papa Francesco nella sua omelia natalizia. La stampa liberale e laica omaggia commossa le parole del Pontefice.
E tuttavia c'è qualcosa che non torna in tanta elegia. Perché nel mondo del “dare e avere”, il Vaticano non è secondo a nessuno. In particolare nell'avere. È la più grande potenza immobiliare del pianeta, controlla i pacchetti azionari di enormi proprietà finanziarie, in fatto di banche e assicurazioni, partecipando alle loro attività di speculazione e di rapina, ed è assistito dalle finanze pubbliche più di ogni altra azienda capitalista. Basti pensare all'Italia, dove sulla scia del Concordato di Mussolini del 1929, difeso da Togliatti nel 1948 (articolo 7 della Costituzione) e rinnovato da Craxi nel 1984, la Chiesa incassa ogni anno complessivamente 6 miliardi di risorse pubbliche, sommando privilegi fiscali (che persino la UE formalmente contesta), elargizioni locali, costi di ristrutturazione dell'edilizia del clero, finanziamento pubblico di scuole e cliniche private, finanziamento pubblico dell'insegnamento confessionale e della presenza dei cappellani militari... Una vera zavorra per l'erario pubblico, pagata prevalentemente da lavoratori, lavoratrici, pensionati, sulle cui spalle poggia come è noto l'80% del carico fiscale. Dov'è in tutto questo la francescana misericordia?
Certo, in cambio dell'avere c'è anche il dare. La Chiesa dà alla conservazione della società borghese ciò che nessun altro può dare: la benedizione dell'altare. È una benedizione che può assumere di volta in volta toni diversi: i toni dell'anticomunismo più reazionario e militante, ma anche i toni del solidarismo caritatevole, della passione per “gli ultimi”, dell'eterno lamento per le ingiustizie del mondo, delle migrazioni, delle guerre. La carità non modifica la gerarchia sociale, la presuppone. Compensa e maschera con la generosità recitata dell'atto la conservazione del mondo qual è. Non cambia di una virgola la sua miseria reale, semplicemente la sublima nel nome di Dio, e la riscatta nella promessa dell'aldilà. Basta che nell'aldiquà non ci si metta in testa che è necessaria una rivoluzione.
Papa Francesco è il manifesto antropologico di questa predicazione. Mentre la gerarchia vaticana si lacera al proprio interno in una feroce guerra per bande, su uno sfondo di corruzione, speculazioni immobiliari, violenze inenarrabili contro minori e non solo (pedofilia), il monarca assoluto dello Stato vaticano si erge a difensore di una Chiesa immaginaria in un rapporto diretto con la massa dei fedeli e al di sopra della gerarchia. Una sorta di peronismo clericale in chiave apparentemente “progressista”, in realtà profondamente conservatrice. Conservatrice della Chiesa e della sua base materiale, inseparabile dai suoi peccati.
Solo la Comune di Parigi e la rivoluzione bolscevica chiamarono in causa la base capitalistica della Chiesa, spogliarono il clero dei suoi privilegi, consegnarono la religione alla libertà della fede, continuando peraltro a contrastare sul piano culturale le sue assurdità metafisiche. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici può offrire un “Dio gratis” a chi vorrà liberamente crederci. Il resto è truffa, e costa cara.
Partito Comunista dei Lavoratori
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