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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

I LAVORATORI NON HANNO SOLO IL DIRITTO DI AMMALARSI E MORIRE IN FABBRICA

(14 Marzo 2020)

simbolo potere al popolo

“Tutti a casa” chiedeva il presidente Conte. “Tutti a casa, … tutto chiuso” ma non le fabbriche, quelle non contano nell'importante azione per fermare il contagio. Gli operai non si possono e non si devono fermare neanche difronte all'annunciata e reale pandemia. Ma non solo, non hanno neanche voce in capitolo rispetto al loro diritto alla protezione dagli infortuni e dalla malattia.

Mentre alcune fabbriche sono nel nostro territorio, in mobilitazione e sciopero per protestare contro questa scelta del Governo, due episodi emblematici avvenuti in questi giorni, cominciano ad evidenziare una situazione seriamente preoccupante.

Martedì scorso un operaio di 41 anni, è morto tra gli ingranaggi di un nastro trasportatore mentre lavorava completamente isolato dagli altri colleghi, nello stabilimento OPAS-Italcarni di Migliarina di Carpi. Le fotocellule di sicurezza non erano in funzione e il suo corpo è stato trovato solo dopo molto tempo. L'ennesima vittima del profitto ad ogni costo e del silenzio politico lacerato solo dal dolore dei suoi compagni operai, scesi in sciopero per protestare contro la mancanza di sicurezza e la mancata chiusura della fabbrica stante l'emergenza dell'epidemia di Coronavirus. Una rivendicazione che, per tutta risposta, ha ricevuto l'arresto di otto di loro (appartenenti al sindacato ‘Si-Cobas’) su ordine della Prefettura. Motivo: non avrebbero rispettato le restrizioni in atto per il contenimento della diffusione del Covid-19.

L'altro episodio si è verificato oggi alla Emiliana Serbatoi di Campogalliano, dove vengono denunciati lavoratori e sindacalisti del Si Cobas, in protesta per richiedere maggiori condizioni di sicurezza sul lavoro, dentro la drammatica emergenza Covid-19. La polizia, in tenuta anti sommossa, ha condotto in Questura il coordinatore provinciale del Si-Cobas, Enrico Semprini, ed altri sette lavoratori di quell’azienda. Rilasciati poi in serata, ma con l’accusa a loro carico di violazione del decreto emergenziale, violenza privata e manifestazione non autorizzata.

Quello che per noi è incomprensibile è come sia possibile che rimanere obbligatoriamente esposti nei luoghi di lavoro a possibile contagio sia tollerato ma manifestare davanti alla fabbrica, sia pericoloso e provochi una repressione fatta di denunce e fermi di polizia. Qui non è in gioco la volontà di tutelare la salute ma di sfruttare ancora una volta, questo principio ed emergenza, per reprimere e colpire la rivendicazione di diritti negati.

Sempre più in questo paese i lavoratori non hanno diritti ed in particolare, in questo momento di marasma sanitario ed economico, vengono ancora più esposti al fuoco incrociato del Covid 19 e di Confindustria, che vuole massimo profitto con minor costo. Il tutto con il beneplacito del governo Democratico cittadino, regionale e nazionale.

Noi non possiamo sottovalutare, la paura del contagio che può e deve generare scioperi e mobilitazioni là dove non vengono rispettati i diritti di protezione dal virus e dai mezzi di produzione. Questo “è e resta” un sacrosanto diritto, come la chiusura delle fabbriche che dovrebbe essere il primo atto concreto per fermare il contagio e la salute dei lavoratori. Noi non possiamo tollerare che tale legittima rivendicazione, venga perseguita con arresti e sanzioni per inosservanza del decreto e per manifestazione non autorizzata.

Diceva bene Ungaretti: “ Soldati / si sta come d'autunno / sugli alberi le foglie.

Potere al Popolo Modena

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