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(8 Maggio 2021)
Una nuova esplosione sociale contro le politiche antipopolari della borghesia si è prodotta, questa volta in Colombia.
Milioni di lavoratori, contadini, giovani, donne, disoccupati, artisti, pensionati, abitanti dei quartieri, hanno paralizzato il paese con una combattiva protesta che è iniziata lo scorso 28 aprile, e che continua ancora nonostante le decine di lottatori e lottatrici assassinati dalle forze dell'ordine, le centinaia di feriti, di torturati, bastonati, persino aggrediti sessualmente. L'Esercito e la Polizia hanno risposto con la loro abituale politica guerrafondaia, per affrontare chi considerano un nemico interno.
La forza della protesta che ha superato le previsioni delle organizzazioni che hanno convocato lo sciopero del 28 aprile, ha costretto il governo reazionario di Ivan Duque a ritirare la proposta di legge di riforma fiscale che, in modo cinico, aveva per nome "Solidarietà Sostenibile". Con tale legge si pretendeva di incrementare ed elevare le tasse sui salari ed il consumo che colpiscono principalmente i settori popolari e i ceti medi, al tempo stesso che il Governo adottava misure per diminuire le imposte sul reddito delle grandi imprese.
La riforma fiscale non è passata, la mobilitazione popolare ha portato alle dimissioni del ministro delle Finanze, Alberto Carrasquilla — eminenza grigio del progetto — e Duque ha chiamato al "dialogo nazionale" per superare la crisi, ma la lotta prosegue. Il popolo colombiano non dà tregua, sta sfidando uno Stato autoritario, apertamente repressivo, nel quale è noto che i capi militari, polizieschi e di tutto l'apparato di sicurezza hanno idee fasciste, lavorano sotto la tutela degli apparati di intelligenza statunitensi, sono promotori dei gruppi paramilitari e hanno legami col narcotraffico. Questa lotta è un chiaro esempio del fatto che quando le vaste masse popolari si uniscono e combattono, fanno retrocedere il più feroce nemico.
La partecipazione di massa, l’ampiezza e la combattività della protesta esprimono il livello di insoddisfazione e frustrazione esistente nel paese per le condizioni di vita: quasi il 10% di disoccupazione ufficiale, un 50% di persone che lavorano informalmente, uno dei paesi col più alto tasso di sfollati per la povertà, la violenza e l’insicurezza generata dallo Stato; una popolazione duramente colpita dalla pandemia e un governo incapace di articolare un adeguato piano di vaccinazione; un paese col secondo bilancio militare più alto in America Latina; un paese nel che nel primo trimestre di questo anno ha visto 23 massacri, in cui durante il 2020 sono stati assassinati oltre 250 contadini, dirigenti popolari, sindacali, comunali. Nel novembre 2019, il popolo colombiano ha dato un primo chiaro segnale con una massiccia e combattiva protesta sociale; in generale, le rivendicazioni e le mobilitazioni di diversi settori popolari sono costanti.
Esprimiamo la nostra solidarietà con questa lotta e chiamiamo a continuare nei differenti paesi azioni di solidarietà con il popolo colombiano e di condanna al governo di Duque per la criminale repressione scatenata contro il popolo. Ci uniamo alla rivendicazione di dimissioni del presidente Ivan Duque.
Ci uniamo ai compagni e ai dirigenti del Partito Comunista di Colombia (Marxista Leninista) che si trovano in prima fila nel combattimento.
Denunciamo che i settori più reazionari dello Stato colombiano, Uribe, Duque, i capi delle forze militari e poliziesche, vedono la protesta sociale e i suoi protagonisti come obiettivi di azioni di guerra, come eventi che cercano "destabilizzare il potere e porre fine alla democrazia", e con tale logica rispondono con accanimento e odio alle esigenze popolari. Le forze dell'ordine sono in stato di guerra contro il popolo: ripudiamo e chiamiamo a condannare ciò in tutto il mondo.
Comitato di Coordinamento della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti - CIPOML
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