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(19 Novembre 2021)
I vaccini
I vaccini stanno dimostrando di funzionare tanto per contenere il contagio quanto, ancor di più, per ridurre drasticamente il numero di ricoveri e i decessi, certo ci sono i limiti dovuti tanto al fatto che solo una parte della popolazione è vaccinata, quanto alla mancata applicazione di una serie di altri interventi necessari a limitare e contenere la pandemia, ma questi non inficiano il dato di fatto che i contagiati, ricoverati e deceduti sono attualmente nettamente meno rispetto lo stesso periodo dell’anno scorso. I nuovi infetti sono in grandissima maggioranza non vaccinati e il numero di casi avversi gravi e gravissimi dovuti dai vaccini è comunque enormemente inferiore a equivalenti situazioni di gravità dovute al CoViD nei non vaccinati. A partire da queste evidenze statistiche (sarà inoltre interessante osservare l’andamento pandemico invernale in Italia e Portogallo, i paesi con il maggior numero di vaccinati in Europa, quanto in quelli con meno vaccinati), affermiamo con forza che la vaccinazione è una pratica da condividere e diffondere come primario presidio di salute pubblica.
Chi non si vaccina aumenta i rischi di contagio innanzitutto per sé stesso, ma anche per i propri compagni di lavoro e famigliari, oltre che per la popolazione in generale (in quanto pare che la carica virale di un positivo non vaccinato sia maggiore e più contagiosa di quella di un vaccinato). Le conseguenze più gravi della malattia hanno colpito trasversalmente le classi sociali, certo, però in modo particolare il proletariato e hanno imperversato nelle sterminate masse proletarie e diseredate dei “paesi in via di sviluppo”, nelle baraccopoli immense che ne assediano le metropoli, ma anche e non da ultimo, nella prima superpotenza imperialista del pianeta, gli USA. Quelle masse, nostre sorelle di classe, sono state e continuano ad essere private del primo e, nell’immediato, più efficace strumento di contenimento e contrasto alla pandemia, il vaccino, ennesima dimostrazione di come la borghesia sia una classe sociale parassita, che non bada alla salute pubblica o generale, ma solamente ai suoi interessi economici, al profitto.
Affermare la necessità della massima diffusione della pratica vaccinale non ci preclude tuttavia dal criticare, come abbiamo sempre fatto, tanto le modalità della gestione borghese della pandemia (tutta piegata sul massimizzare i profitti, al contenimento dei costi di intervento e a cogliere le occasioni per ristrutturare il mercato del lavoro) quanto i pretesi “movimenti di opposizione” ai vaccini, o al Green Pass, che, in nome di un ambiguo atteggiamento “antisistemico”, e nonostante il fatto che in mezzo ci possano essere elementi che si pretendono comunisti, sono di fatto e nel complesso veicoli delle peggiori ideologie irrazionaliste, reazionarie e oscurantiste, che deviano il conflitto verso teorie complottiste, per “un altro capitalismo possibile”. Ma procediamo con ordine, partendo dall’applicazione del Green Pass.
Il Green Pass
Le prese di posizione sui vaccini (e “diritto alla libertà di cura”) e sullo strumento “Green Pass” hanno letteralmente spaccato gruppi e movimenti (quando non famiglie o amicizie), in maniera totalmente trasversale. L’oggetto Green Pass ha natura duplice: da un lato – come semplice certificazione – è uno strumento che si è dimostrato utile e positivo nell’incrementare massicciamente il numero dei vaccinati; dall’altro rappresenta un odioso strumento di ricatto, discriminazione e punizione nei confronti di quei lavoratori che, per qualche motivo, non si vaccinano, imponendo inoltre loro il costo dei tamponi. Ha insomma rappresentato la “foglia di fico” dietro alla quale la borghesia nasconde la vergogna di non aver attuato nessun altro intervento strutturale (oltre a vaccino e Green Pass) per limitare e contenere la pandemia. Insomma, l’ennesima, vile ipocrisia borghese.
Comprendiamo la necessità che la vaccinazione debba essere accompagnata da una certificazione che ne attesti l’avvenuta esecuzione, o l’esito negativo del tampone, soprattutto per quei luoghi di lavoro caratterizzati da alto rischio, come la sanità e le RSA. Tuttavia rifiutiamo di accettare l’identificazione di tale certificazione (chiamiamola come vogliamo) con il Green Pass: la prima, utile, servirebbe ad attestare l’avvenuta vaccinazione (o la negatività al tampone eseguito) e poi la borghesia avrebbe il problema di come gestire questi lavoratori; il secondo unisce a questo utile scopo un inaccettabile colpire la classe lavoratrice – tagli al salario, sospensione, licenziamento, ecc., per scaricare su di essa le proprie inadempienze, i costi e le conseguenze della malagestione della pandemia. La borghesia non ha nessun titolo “morale” (ha, naturalmente, quello del potere che detiene) per invocare e imporre misure punitive contro quei lavoratori che non adottano comportamenti atti ad attenuare i rischi di infezione dal momento che è totalmente sua la responsabilità di aver fatto dilagare la pandemia (e le morti) nella primavera del 2020 e di non aver posto in essere adeguati provvedimenti successivamente, anzi, di aver approfittato delle condizioni create dalla pandemia per perpetrare l’attacco al lavoro e favorire il profitto. Chiariti questi aspetti ha ora senso qui riproporre e aggiornare le nostre critiche alla gestione borghese della salute collettiva e ai movimenti che si sono sviluppati in questi mesi, con particolare attenzione ai “No Green Pass”.
Il virus è il capitalismo
Il capitalismo è il primo responsabile della pandemia CoViD. Sia nata dallo spillover o da un esperimento di laboratorio, le cose cambiano poco, il virus ha trovato nella struttura produttiva e sociale capitalista i canali migliori che in breve tempo ne hanno favorito e amplificato la diffusione. Decenni di tagli alla spesa sanitaria, megalopoli inquinatissime e congestionate, hanno amplificato la diffusione del virus che si realizzava attraverso le rotte commerciali dell’economia capitalista globalizzata.
L’approccio degli stati borghesi verso la pandemia è stato tardivo e debole (quando non apertamente negazionista), tanto da creare una moltitudine di morti che si potevano evitare. Da anni una pandemia era data come prevedibile da molti Comitati scientifici, eppure la borghesia ha penalizzato la ricerca, ridotto ai minimi termini le strutture ospedaliere, tagliato i posti letto e il personale sanitario, sia medico che infermieristico. Questo non solo in Italia, ma in tutti i paesi “avanzati”, per non dire in quelli della “periferia”, dove già di partenza il Sistema Sanitario era ampiamente insufficiente.
La gestione borghese della pandemia
Durante i lock-down della primavera 2020, con il giochino dei codici ATECO, la maggior parte del proletariato industriale ha continuato a lavorare, e quindi il virus a circolare. Nell’estate 2020 la corsa a riaprire le strutture ricettive e ricreative, con i settori borghesi più legati al turismo e alla ristorazione che chiedevano a gran voce “di tornare a fare quello che non si poteva”, è stata la base per il diffondersi della seconda e terza ondata nell’autunno/inverno successivi. Emblematico il caso britannico, dove le mascherine e la distanza sono state bandite a luglio 2021. Tornando in Italia, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, nessun intervento strutturale è ancora stato posto in essere: non sono state ridotte le classi scolastiche (a partire da quelle cosiddette “pollaio”) ma è stata data solo l’indicazione di tenere le finestre aperte (!!), non sono state intensificate le corse dei mezzi pubblici (per studenti e pendolari), non si sono impiantati purificatori d’aria nei locali pubblici, non è stato potenziato il sistema dei tracciamenti e della vigilanza attiva al fine di circoscrivere e soffocare i focolai, non sono state predisposte misure di contenimento e prevenzione in vista delle successive ondate, nonostante fossero, e siano tutt’ora, ampiamente prevedibili. È stato invece incrementato il precariato con i “contratti CoViD e si sono ridotti i tempi e le modalità (vedi ancora la scuola con i tre casi oggi necessari) della quarantena. Nel frattempo la spesa sanitaria è pressoché rimasta invariata, con il risultato che gli ospedali sono congestionati e numerosi interventi ospedalieri, anche importanti, continuano ad essere rinviati sine die. Nella sanità con i nuovi contratti precari CoViD e i risparmi effettuati procrastinando tutta una serie di interventi, i profitti sono cresciuti. La borghesia ha fatto una scelta chiara: il virus non può essere debellato in tempi compatibili con le esigenze stringenti del capitale e quindi con esso bisogna convivere. Per essa la pandemia è un occasione per rafforzare le sue politiche.
La campagna vaccinale
Le vaccinazioni, nei paesi più ricchi, sono partite in ritardo e con molti problemi, specie con il “pasticcio” Astrazeneca: in Italia dapprima raccomandato a insegnanti e forze dell’ordine, poi sospeso per gli “under 60” in seguito ad alcuni gravi eventi avversi, sospettati di essere legati con la vaccinazione. La modalità con cui la borghesia gestisce la campagna vaccinale va denunciata nei termini: del carattere privatistico dei brevetti, dei limiti posti alla ricerca ecc.. A questo si somma, primo per importanza, il fatto che (mentre il centro capitalista si accaparra e fa addirittura scadere le “sue” dosi) la maggior parte della popolazione mondiale è tutt’oggi esclusa dai vaccini, con tutto ciò che questo comporta, non ultimo, lo sviluppo di varianti del virus ancora più pericolose.
Nonostante queste criticità, ad oggi, dai dati disponibili, è evidente che in paesi dove maggiore è il numero di vaccinati, come l’Italia e il Portogallo, l’incidenza del virus sia al minimo, mentre in paesi dove minore è il numero di vaccinati molto più seria e grave è la condizione delle morti e delle terapie intensive.
Vaccini e sicurezza sul lavoro
La logica che sta guidando la borghesia nell'affrontare la pandemia rischia di riprodurre e favorire nuove situazioni catastrofiche. Per ragionare sulla base della sicurezza dei lavoratori, della sicurezza della nostra classe, qui e nel resto del mondo, dobbiamo partire dall’ovvia constatazione che i vaccini sono necessari, ma dobbiamo al contempo denunciare che sempre più spesso viene abbassata la guardia sulle condizioni di sicurezza in generale (come testimoniano il crescente numero di incidenti sul lavoro) e riguardo la pandemia: si usano meno le mascherine, gli igienizzanti, non si rispetta la sicurezza. Il vaccino è una prima difesa, al momento di gran lunga la più importante, ma comunque non risolutiva e non definitiva. Da questo punto di vista va denunciato con forza come: il tele-lavoro venga ostacolato (lasciamo stare, qui, i problemi per la forza lavoro legati a questa nuova forma di lavoro a domicilio), lo Stato non si accolli i costi dei tamponi rendendoli gratuiti tanto per i lavoratori senza Green Pass quanto per tutte quelle persone che, per qualsiasi motivo, temono di essere entrati in contatto con il virus. I movimenti “contro il Green Pass”, – per lo più animati da settori della piccola borghesia e dalla sua ideologia conservatrice o apertamente fascista, che, purtroppo, trainano frange minoritarie di proletariato disorientate e confuse – da questo punto di vista, limitando la denuncia a questo singolo aspetto, fanno il gioco borghese di chiudere tutto il discorso sicurezza sulla falsa dicotomia: “Green Pass sì – Green Pass no”, mentre la condizioni di insicurezza vanno denunciate a tutto tondo: dalle sempre più frequenti morti sul lavoro alla mancata applicazione dei dispositivi di sicurezza, dai contratti precari al lavoro nero alle mancate assicurazioni!
Pandemia, responsabilità individuali e di sistema
A livello ideologico la borghesia, per celare le sue immense responsabilità, ha usato fin da principio una ed una sola linea: la responsabilità del proliferare e diffondersi del virus, dei morti e dei ricoverati nelle terapie intensive è da addebitare alle condotte individuali. È vero che molti si appellano alla libertà individuale di cura sul vaccinarsi, e questo è un argomento delicato (benché la salute collettiva debba prevalere sui dubbi dei singoli), ma dal nostro punto di vista, registrati i dati disponibili e constatato che sulla base di essi il vaccino risulta efficace, riteniamo che si debba denunciare con forza la responsabilità borghese, tanto nella diffusione del virus quanto nell’inadeguatezza con la quale viene contrastato. La borghesia si muove nella contraddizione tra l’evitare le chiusure e lasciar circolare il virus, e sceglie scientemente il massimo risultato con la minima spesa: vaccinare senza porre mano ad interventi di sistema, anzi, utilizzando le occasioni generate dall’evento epocale “Pandemia CoViD” per condurre le ristrutturazioni di cui il sistema necessita per affrontare la nuova fase della crisi che ci si apre davanti. D'altra parte pretendere dalla borghesia che agisca in altro modo sarebbe scadere nelle illusioni del radical-riformismo, il quale avanza rivendicazioni che mai, anche se non fossimo in un'epoca di crisi strutturale, il capitale potrebbe accogliere (salario integrale ai disoccupati, drastica riduzione d'orario a parità di salario, ecc.: la solita lista della spesa). Questo non vuol dire rassegnarsi al capitalismo e alle sue leggi ma, al contrario, dare ancora più forza alla denuncia della società borghese e prendere coscienza che gli interessi della borghesia e del proletariato sono inconciliabili, fino a diventare, letteralmente, una questione di vita o di morte. La pandemia e la catastrofe ambientale incombente ne sono una dimostrazione evidente.
Il movimento No Green Pass
Nelle settimane a cavallo del 15 ottobre 2021, si è sviluppato un movimento contro il Green Pass che poi ha trovato una sua espressione nelle manifestazioni del sabato e nello sciopero che ha bloccato il molo VII di Trieste dal 15 al 18 ottobre. Le critiche che portiamo a questo movimento sono fondamentalmente tre: la prima è al suo intimo carattere “popolare e interclassista". Vi si trovano infatti dai commercianti agli operai, dai preti ai new age, dai fascisti agli anarchici, tutti accomunati dalla medesima lotta al Green Pass. Il movimento non ha quindi un carattere di classe; se si sono mossi alcuni settori di ospedalieri, i portuali di Trieste e qualcuno a Genova e in qualche altro porto, questi non hanno mai posto chiaramente una questione di classe, ossia non hanno collegato la critica al Green Pass all’attacco generale al lavoro, alla precarietà, alla sicurezza, ai tagli al salario e alle pensioni, all’aumento dello sfruttamento – condizione necessaria alla ripresa economica – e alla contrazione dello “stato sociale”.
La seconda è che mancando in partenza ogni riferimento di classe e quindi rivoluzionario, il movimento non poteva che finire dove è nato, tra le braccia di settori confusi, trasversali, individualisti, quando non apertamente reazionari, denominati dall’essere genericamente “antisistema”. Mossi da una concezione “complottista” e irrazionale del mondo. Ciò che abbiamo visto in queste piazze è il rifiuto di ogni logica di classe, senza nemmeno chiamare il capitalismo con il suo nome. L’orizzonte ristretto e ambiguo (molti criticano infatti i vaccini tout court e fanno proprie le ideologie reazionarie complottiste) di questo movimento lo caratterizza come episodico e con caratteri reazionari; il “rifiuto della politica” è stato una delle sue caratteristiche e dove, come a Milano, una confusa “sinistra” è stata più massicciamente presente, questo l’ha portata ad allontanarsi dai minimi riferimenti di classe per essere agganciata alla ideologia piccolo borghese, verbalmente antisistema, per una fantomatica “libertà”, sempre però all’interno di un quadro economico capitalistico e delle sue insuperabili compatibilità economiche.
La terza è che dal mondo del lavoro e dalla difesa degli interessi di classe, sola, può partire una ripresa della lotta, per cui siamo consapevoli che la miccia possa innescarsi da ogni luogo, ma se immediatamente il movimento non assume una posizione di classe, ossia se la classe non mette in risalto i suoi immediati e generali interessi, dando forza al suo partito rivoluzionario, ogni movimento è destinato a essere riassorbito, a maggior ragione questo che di classe ha avuto poco o nulla fin da principio e che invece ha alimentato ambiguità e legittimato la presenza in piazza degli elementi più reazionari.
I comunisti e quello che ci aspetta
Come ha deciso la borghesia, con il virus continueremo a convivere, per questo è necessario da un lato essere prudenti, continuare ad adottare tutte le precauzioni, compresa in primo luogo la vaccinazione, ma il vaccino in sé, fondamentalmente, se non per le denunce di cui sopra, non è un terreno in cui la coscienza di classe possa maturare o crescere. La nostra classe sta affrontando problemi epocali come la definizione dei fronti imperialisti di una nuova possibile guerra; guerra che sarebbe la soluzione finale ad una crisi economica altrettanto epocale (e forse della vita sul Pianeta); di sfondo a questo scenario sta la crisi climatica rispetto alla quale i governi capitalisti non sono in grado di intervenire; in primo piano invece sta la nostra classe che deve trovare sia in sé i motivi per scuotersi dal sonno e dare vita ad una nuova opposizione ai tagli, ai sacrifici, alla precarietà, e che ha bisogno di trovare per sé un solido punto di riferimento di classe. È banale dire che questo non può sorgere dal nulla, né tanto meno da chi fa proprie teorie “complottiste”, reazionarie e anti-comuniste, ma neanche dal mondo composito politico e sindacale del radical-riformismo, indipendentemente dalle intenzioni soggettive di chi ne fa parte. Sta quindi a noi comunisti internazionalisti presentare un'alternativa praticabile di opposizione generale al sistema e, oltre quanto abbiamo scritto, sui vaccini e sul green pass non crediamo ci sia molto altro da dire per cui, dopo un'intensa discussione che ha coinvolto l’intera organizzazione giriamo pagina e procediamo per la costruzione di un’alternativa che possa rappresentare una bandiera intorno a cui raccogliersi in questa lunga notte della lotta di classe, ma anche della crisi capitalista.
Battaglia Comunista (Partito Comunista Internazionalista)
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