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Prime considerazioni sull'andamento dei congressi di base della Cgil

(20 Novembre 2005)

Ancora non sono finite tutte le assemblee di base del congresso Cgil, ma già si può cominciare a fare dei primi ragionamenti in merito alla tendenza che il voto degli iscritti sembra andare a determinare.

Due sono le cose che balzano subito all'occhio:

1.

la scarsa partecipazione degli iscritti. Il congresso sembra non essere vissuto dagli iscritti come un momento decisivo. La loro partecipazione alla discussione ed al voto non raggiunge i livelli del precedente congresso. Le ragioni di questa situazione sono sicuramente molte, ma è indubbio che che tra queste hanno avuto il loro peso anche la forte e diffusa sensazione di essere chiamati a partecipare ad un congresso essenzialmente celebrativo (con esiti già concordati a tavolino dalle varie correnti che costituiscono la nuova maggioranza), oltre che l'assenza di chiare proposte ed occasioni di discussione sulle questioni oggi all'ordine del giorno dell'agenda sindacale, TFR e contrattazione.

2.

Un consenso, superiore alle attese, sulle tesi alternative 8 e 9 presentate da Rinaldini e sostenute anche dalla "Rete 28 aprile". Un consenso ancora impossibile da quantificare complessivamente, ma sicuramente superiore a quello ottenuto dalla tesi alternativa presentata da Patta. Senza scendere nei dettagli, di numeri comunque non ancora definitivi, è evidente che gli iscritti che hanno partecipato alle assemblee congressuali di base, hanno riconosciuto nelle tesi alternative (primo firmatario Rinaldini) quel qualcosa di diverso per dare risposta alla diffusa necessità di una svolta sindacale per una pratica contrattuale e partecipativa diverse da quelle attuali.

Lo scenario che si va delineando mette di fatto in discussione una conclusione congressuale che la nuova maggioranza (comprensiva di ciò che resta di Lavoro e Società) riteneva possibile predeterminare a priori.
E' indubbio che, in nome di quella democrazia della rappresentanza, sancita dallo statuto della Cgil e dal regolamento congressuale, si dimostra ora impossibile pensare di liquidare il dibattito congressuale e le espressioni di consenso fornite dal voto degli iscritti, chiudendo questo congresso sulla base di quel Patto (la lettera di intenti dei 12 segretari confederali) che pensava di riconfermare tali e quali gli equilibri e le rappresentanze uscite dal congresso precedente.

I prossimi congressi territoriali (di categoria e confederali) rappresenteranno quindi un momento importante di verifica su come la Cgil intende portare a conclusione il percorso congressuale. A quella data (fine novembre) si conosceranno ufficialmente e complessivamente le espressioni di voto dei lavoratori, ed i congressi territoriali che si celebreranno immediatamente dopo dovranno in qualche modo tenerne conto, pena la messa in campo di una palese trasgressione delle regole della rappresentanza democratica che aprirebbe un discorso ben più generale ed impegnativo sulla democraticità dell'organizzazione.
Se, come i primi risultati fanno pensare, si dovesse confermare (pur nel complesso di un risultato di minoranza in confronto al consenso maggioritario per le tesi di Epifani) un consenso superiore delle tesi di Rinaldini rispetto a quelle di Patta, logica e correttezza vorrebbero che tale proporzione venisse rispettata in sede di costruzione dei prossimi gruppi dirigenti. Ma comunque, qualsiasi saranno le proporzioni del consenso sulle tesi, è indubbio che queste andranno rispettate. In ogni caso è chiaro che il Patto precongressuale tra Lavoro e Società e maggioranza ha avuto una evidente deligittimazione.

Per quel che sappiamo, Lavoro e Società, sembra mantenere la richiesta che il Patto precongressuale venga rispettato, rivendicando il mantenimento degli equilibri precedenti, rifiutando ogni collegamento e verifica con quelli che saranno gli effettivi consensi ottenuti in questo congresso. Così facendo, di fatto nega ed ostacola il diritto che i consensi ottenuti dagli iscritti sulle tesi di Rinaldini, Cremaschi, Dino Greco ed altri, abbiano una loro corrispondente rappresentanza.
Per quel che ne sappiamo, inoltre, sembra che i dubbi, già precedentemente presenti tra diversi esponenti della maggioranza di Epifani sulla legittimità e sulla opportunità di quel Patto precongressuale, stiano aumentando in maniera esponenziale man mano che si vanno concretizzando i risultati congressuali delle assemblee in corso.
Il tutto, come evidente, produce tensioni e nervosismi. Basta vedere i pasticci che si stanno cercando di fare nell'ultima fase delle assemblee congressuali. Dopo l'imposizione (di fatto) del relatore unico, dopo la pratica delle liste bloccate da far votare nei congressi (cosa che ha prodotto di contro la presentazione di liste alternative) ora siamo alla trovata delle urne aperte perennemente, anche giorni dopo l'assemblea congressuale, guarda caso solo nei luoghi dove nel corso dell'assemblea congressuale vera e propria si è registrata una forte ed importante adesione alle tesi di Rinaldini. Ovviamente parliamo di cose gestite sul filo, se non quando addirittura in palese trasgressione, del regolamento congressuale. Cosa questa che ha generato diversi procedimenti di contestazione verso le commissioni di garanzia.

Gli iscritti non sono stupidi ed hanno ben capito che dentro a questo congresso la principale partita in gioco non è una coraggiosa e spregiudicata verifica dell'esperienza precedente per arrivare a definire le scelte future, ma è, da parte della maggioranza degli apparati, la difesa dei posti. In questo ha notevolmente contribuito gran parte dell'apparato di Lavoro e Società che si è buttato in questo congresso solo con l'obiettivo di impedire la crescita di un'area concorrente alla sua scelta di sciogliersi nella maggioranza. Vedremo, ma è proprio questo atteggiamento, appesantito dalla deisione di presentare una vera e propria "tesi civetta" (che ha come unica e vera proposta quella dell'estensione dell'art.18, anche se impropriamente, e opportunisticamente inserita in un contesto non suo) e di non dire nulla sulla contrattazione, che alla fine non ha convinto gli iscritti e ha ridimensionato lo stesso consenso tra i militanti.

Il rischio è ora che il nervosismo aumenti. L'andamento dei congressi, per fortuna, ha dimostrato alla fine che è il merito a fare la differenza e non gli affidamenti precongressuali tra le diverse correnti di apparato. Ma se vogliamo evitare un inutile nervosismo (paradossalmente più forte oggi in presenza di un documento unitario ed a tesi che non quando ci si confrontava su documenti complessivamente contrapposti) e se vogliamo valorizzare (proprio ora che si celebra il centenario) la peculiarità di una Cgil che dichiara il suo essere organizzazione democratica, c'è solo un modo. Quello di dare una conclusione al congresso sulla base dei principi statutari e delle indicazioni del regolamento congressuale. Ossia, dare valore al voto degli iscritti ed impegnarsi a rispettarlo. Mettere da parte, oggi e finalmente, quel brutto e inopportuno patto precongressuale, è l'unica cosa da fare per dare forza e valore anche allo stesso congresso.

Ma tutto ciò lo vedremo e lo verificheremo proprio nel come saranno gestiti i prossimi congressi territoriali, confederali e di categoria.

Coordinamento Nazionale Rsu 19 novembre

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