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Congresso della Camera del Lavoro di Firenze

Pierattini si oppone coraggiosamente alla linea Gramolati-Epifani- Approvati ordini del giorno per la ripubblicizzazione dell'acqua, gli asili-nido servizi pubblici, contro la medaglia d'oro alla Fallaci

(27 Gennaio 2006)

Redazione di Firenze
Il congresso della Camera del Lavoro metropolitana di Firenze si è tenuto dal 18 al 20 gennaio nella cornice dorata del Convento della Calza, con il titolo altisonante: "Per il domani, lavoro, libertà, pace, uguaglianza". Nello svolgimento dei lavori è emersa ancora di più l'ambizione del segretario uscente e ricandidato, Alessio Gramolati, di essere un punto di riferimento per le varie componenti sociali e di spianarsi così la strada a un futuro su qualche poltrona del palazzo; complici gli ascari della corrente Patta, come Andrea Montagni che nella conferenza stampa di presentazione ha avuto la sfacciataggine di dichiarare "arriviamo uniti a questo appuntamento che vuol essere aperto a tutti e non autoreferenziale". In realtà si è trattato di un congresso super-blindato, dove le tesi non sono state nemmeno votate e tutti i "giochi" si sono spostati sulla divisione delle poltrone.

Pochi, e non decisi a dare battaglia sul piano politico, i delegati della corrente Rinaldini. La compagna Patrizia Pierattini è stata l'unica delegata a tenere una coerente posizione di sinistra con il suo applaudito intervento, che è riuscita a svolgere solo con una tenace insistenza (lo pubblichiamo in questa pagina), e con l'unico voto contrario alla relazione Gramolati, assunta come documento dal congresso.

Il neoeletto comitato direttivo appena finito il congresso ha riconfermato segretario generale Gramolati, però con il 92,6% dei voti, a testimoniare i giochi di corrente dietro le quinte, giochi di stampo borghese e tutti dentro il sostegno alla sua linea della concertazione.
Nella sua relazione Gramolati ha speso infatti tanta demagogia verso gli operai, le donne, i giovani, i migranti, ribadendo però nella sostanza la tesi di Epifani e la solita linea sindacale di destra: "Innanzi tutto il Patto per lo sviluppo" (cioè la concertazione) "e il piano strategico" (cioè il governo della città mettendo al primo posto gli interessi degli industriali, le grandi opere, le privatizzazioni) per Gramolati i servizi pubblici devono diventare "un fattore di competitività del sistema economico territoriale" (cioè gestiti come imprese); nella difesa dei lavoratori tanti "distinguo" come la lotta alla precarizzazione "esasperata"; sul tema delle fabbriche poi la pretesa volontà di non volere un'altra Matec si concretizza nella proposta di monitorare la situazione delle grandi fabbriche, sempre all'interno della collaborazione del sindacato per rilanciare il "sistema Italia", cioè la sua economia capitalistica facendone pagare il prezzo ai lavoratori, e Gramolati stesso ha ammesso che arrivare a un "modello più evoluto del settore manifatturiero" "non sarà un processo breve né indolore". Sulle proposte concrete, come definire gli investimenti per il polo fieristico, anche il direttore di Confindustria, Vincenzo Bonelli, si è detto "d'accordo con Gramolati".

Al congresso hanno preso la parola una schiera di invitati rappresentanti di associazioni, enti e partiti fiorentini, dalle chiese minoritarie ai partiti della "sinistra" del regime, all'Assicop (gli imprenditori delle cooperative) e la CNA (gli imprenditori artigiani), compreso il sindaco Leonardo Domenici (DS). Praticamente unico non invitato il PMLI, e non per "un errore" come ha sostenuto un imbarazzato Gramolati di fronte alla compagna Patrizia Pierattini che gli ha contestato questa evidente discriminazione.
L'esigenza di dare un po' di spazio alla sinistra si è concretizzata nell'approvazione di ordini del giorno per la ripubblicizzazione dell'acqua, il riconoscimento degli asili nido come servizi sociali e non a domanda individuale e contro la medaglia d'oro a Oriana Fallaci, assegnata dal presidente del consiglio regionale della Toscana.


Intervento di Patrizia Pierattini al XV congresso della Cdlt di Firenze

Permettetemi in primo luogo di ringraziare tutte quelle pensionate e pensionati dello Spi che mi hanno accordata la loro fiducia delegandomi al congresso della nostra Cdlt. Se non fosse per le controriforme pensionistiche dei precedenti governi, da Amato, a Dini e Prodi, a quest'ultimo di "centro-destra" del neoduce Berlusconi, già dovrei appartenere ad una Lega Spi.
In ogni caso grazie, e andiamo avanti a svolgere alcune riflessioni che mi paiono essenziali in merito a questo presente Congresso di Epifani. Detto tra parentesi mi imbarazza un po' la sua localizzazione in questo Convitto della Calza, splendido ma antipatico visto che è anch'esso oggetto di quella regalia governativa
dell' Ici agli istituti religiosi, cattolici in testa.

Che io mi ricordi, questo quindicesimo congresso è il primo privo di una alternativa complessiva alle tesi di maggioranza. Non ci sarebbe niente di male, se l'impostazione fosse tale da aver reso superate le ragioni che avevano imposto le due tesi nelle precedenti tornate elettorali.
Di fronte a questo governo di regime, il più smaccatamente reazionario, antipopolare e antidemocratico dal dopoguerra, che trova un suo simile operativamente solo nei Tambroni-Scelba degli anni '50, e che strategicamente richiama il ventennio mussoliniano, anche e non solo per aver messo mano a modifiche istituzionali e legislative gravissime che cancellano la Costituzione del '48 nei suoi aspetti antifascisti e democratico-borghesi, instaurando così compiutamente la seconda repubblica con caratteri neofascisti, presidenzialisti e federalisti.

Di fronte al grande padronato all'attacco dei diritti dei lavoratori su ogni piano, a una Confindustria arrogante, armata oltre tutto di tutte quelle modifiche di legge sul piano economico, fiscale, sociale e del lavoro che questo governo le ha regalato su un piatto d'argento, si fa beffe dei diritti contrattuali e salariali dei lavoratori, impone una precarizzazione selvaggia del rapporto di lavoro.
Di fronte a tutto ciò mi pare ovvio che risulta o meglio risulterebbe necessario un sindacato forte e rappresentativo che porti scritto sul suo programma con tutta chiarezza, a tutto tondo e senza eccezioni, quei diritti violati, cancellati, a partire dalla difesa dei posti di lavoro, del potere di acquisto dei salari, del diritto di sciopero, dalla salvaguardia ed estensione dell'art. 18 a tutti i lavoratori, al no alla legge 30, al rinnovo dei contratti nazionali e della contrattazione locale, e quant'altro, un sindacato di lotta votato alla difesa degli interessi dei lavoratori, autonomo e indipendente.

Le tesi Epifani a mio parere non rispondono a queste esigenze, non disegnano questo tipo di sindacato, la sua proposta riformista e concertativa, difficilmente emendabile nei suoi aspetti generali e fondamentali, mi trovano in netto disaccordo, che non posso e non voglio sottacere in nome di un congresso "unitario" imposto dall'alto per ragioni di potere.
Le tesi Rinaldini, nelle quali mi riconosco, che pure sono una risposta parziale e non esaustiva, sono state emarginate nel dibattito interno e sacrificate dal meccanismo di votazione; di esse si apprezza il taglio antiliberista, l'opposizione al lavoro precario, il sostegno all'unicità del sistema contrattuale per tutti i lavoratori, con il contratto nazionale in una posizione primaria e la contrattazione di secondo livello con un ruolo complementare, si apprezza l'opposizione alla deregolamentazione e alla liberalizzazione dell'orario di lavoro, la rivendicazione di una politica salariale e fiscale che redistribuisca quote di ricchezza verso il lavoro e le pensioni, interessanti anche le critiche al federalismo.
In ogni caso il "patto dei 12 segretari" dimostra quali per il futuro siano gli spazi di democrazia in Cgil: le regole congressuali fatte per mettere il silenziatore al dibattito interno, accalorato che sia, e che unico permette il protagonismo dei lavoratori iscritti e non nella vita del loro sindacato.

È da qui che bisogna partire, allargando il dibattito e la democrazia al nostro interno e non comprimendo le voci dissonanti dal coro; non arrivando a comportamenti congressuali scorretti dove il dissenso aperto nei confronti della relazione del segretario comporta la esclusione dalla partecipazione ai congressi di livello superiore e dall'elezione in organismi dirigenti. Ma che democrazia è questa! Non mi pare ci siano precedenti nel nostro sindacato; e se ve ne sono in altri non credo che siano metodi da cooptare. Anzi!
È perciò che personalmente ritengo necessario un altro tipo di sindacato, un sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori armato delle loro ragioni e metodi di lotta, basato sulla democrazia diretta e sul potere all'assemblea generale dei lavoratori, che è tutto da conquistare e costruire.

Finché al mondo ci sono padroni e schiavi, sfruttati e sfruttatori, finché esisteranno i problemi prodotti da questa società capitalistica (fame, povertà, ingiustizia sociale, devastazione dell'ambiente, guerra, negazione dei diritti fondamentali sociali e civili) la lotta sindacale delle larghe masse lavoratrici e popolari è e sarà di piena attualità e necessità: non se ne può fare a meno, non la si può mettere in soffitta, non si può sostituirla con niente altro di più efficace nei confronti di qualsiasi governo di "centro-destra" o "centro-sinistra" che sia. Noi della Cgil che, in questi anni siamo stati in prima fila contro il governo Berlusconi e le pretese confindustriali, ma anche in opposizione all'aggressione di Bush e Blair all'Iraq, lo sappiamo bene. In quest'ambito lasciatemi applaudire caldamente le donne, e gli uomini che erano con loro, nella grande manifestazione del 14 gennaio a Milano in difesa della 194. Lo stesso plauso va ai manifestanti di Roma che nello stesso giorno hanno rivendicato i Pacs.

Chi pensa che si possa mettere lo sciopero in soffitta, che i picchetti alle fabbriche alle scuole e alle piazze del Paese siano roba vecchia, che i metodi tradizionali di lotta possano essere archiviati basta che guardi la realtà di questa nostra regione, considerata "amica", di questa nostra stessa provincia di Firenze, dove la deindustrializzazione colpisce duramente, le privatizzazioni di servizi essenziali impoveriscono le famiglie, dove i piani di area e di sviluppo sono solo sulla carta. Questa è la prima grande emergenza sociale della nostra città e provincia e dovrebbe essere al centro dell'azione sindacale, con una vertenza unitaria che coinvolga tutte le categorie a livello provinciale per promuovere lo sviluppo tecnologico finalizzando ad esso gli investimenti pubblici, e impedendo l'impoverimento, la delocalizzazione e la chiusura delle aziende.
Non è possibile che, dopo essersi ingrassati sul sudore di generazioni di operai e lavoratori, i capitalisti nostrani (e non) possano chiudere o delocalizzare industrie storiche che fanno parte del tessuto economico e sociale da decenni, i nipoti di quegli operai che hanno salvato le industrie dallo smantellamento dei nazisti per assicurare un futuro a se stessi e al Paese, non possono oggi essere privati del lavoro, le industrie in fondo sono un patrimonio che gli dovrebbe appartenere di diritto.

Matec, Electrolux-Zanussi, Richard-Ginori, Manetti&Roberts, Zignago, Nuovo Pignone, Ote, Esaote e tante altre piccole aziende come la Plast 80 di Borgo San Lorenzo o la Centralpane di Dicomano: questi operai e lavoratori non possono essere lasciati da soli o in posizione di debolezza nelle battaglie per la sopravvivenza che ormai quotidianamente li vedono impegnati facendo crescere e portando nelle piazze il no alla politica confindustriale e del governo Berlusconi.
Appoggiamo la combattività delle lavoratrici e dei lavoratori della Matec, che hanno trascorso Natale e Capodanno fuori dai cancelli sprangati della fabbrica, col sostegno attivo della popolazione, dei metalmeccanici, fino a ieri sera privi di contratto, che per averlo (e poi bisognerà vedere come è, certo sempre un risultato della lotta la chiusura, ma saranno da valutare molte cose tra cui la parte economica, le componenti normative...) hanno scioperato più volte e portato la loro vivace protesta a Pitti nel tempio della moda e degli affari cittadini per ricchi, e a Livorno hanno bersagliato con uova e pomodori la sede della Confindustria, della Manetti&Roberts di nuovo in sciopero contro l'organizzazione unilaterale del lavoro consentita dalla legge 30, della Richard Ginori dove i mutati assetti proprietari rischiano di generare un colpo di spugna su preesistenti accordi e mette a rischio l'occupazione lasciando nello sconcerto e nella preoccupazione i lavoratori, e via elencando.

C'è bisogno di combattività, di accantonare la concertazione, nella pratica sempre perdente, e c'è bisogno di democrazia sindacale.
Grazie.

Pmli 25 gennaio 2006

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