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Si vinceranno davvero le elezioni?

(7 Febbraio 2006)

Qualche settimana fa si era aperto un interessante dibattito sul “programmismo”, identificando nell'elaborazione di un “programma” il tratto distintivo della capacità possibile di iniziativa, da parte di una forza politica.

Oggi, a distanza di poche settimane (a dimostrazione della velocità nei cambiamenti di scenario) tutto appare spostato sul terreno di un “propagandismo” esasperato,come quello portato avanti dal Presidente del Consiglio, scatenato nel tentativo di proporre (per l'ennesima volta) anche il prossimo 9 Aprile, un referendum sulla sua persona.

Un referendum inteso quale sublimazione della personalizzazione della politica.

Alcuni avvenimenti di grande rilievo hanno dato la spinta a questo mutamento d'asse.

Prima di tutto il Presidente del Consiglio sta tentando di sfruttare, a suo vantaggio, la vicenda legata alle scalate bancarie.

La vicenda delle scalate bancarie ed il coinvolgimento dei vertici Unipol ha rappresentato un vero e proprio “colpo al cuore” per l'elettorato di sinistra, al riguardodel quale i gruppi dirigenti di quello schieramento non hanno saputo fornire, fin qui, una risposta politicamente adeguata, nonostante abbiano svolto un tentativo di mobilitazione (che c'è stato, ma in ritardo).

In questi casi, è stato dimostrato, non vale rifugiarsi nella frase fatta “ a questo modo si occultano i veri problemi del paese”: prima di tutto perché i rapporti tra politica e finanza sono un problema del paese, in secondo luogo perché il ridefinire, nel senso -appunto- delle priorità sociali l'agenda politica richiederebbe un collegamento con presenze politiche effettivamente presenti sul territorio capaci , attraverso un dibattito diffuso e non semplicemente irradiato dagli schermi televisivi, di riequilibrare gli umori profondi dell'opinione pubblica.

I soggetti politici collettivi che avrebbero potuto operare efficacemente nella direzione necessaria, cioè i partiti, sono stati, nel frattempo, smantellati sotto l'aspetto del rappresentare soggetti promotori dell'acculturazione e dell'integrazione di massa.

I partiti si sono vieppiù ridotti a costituire meri contenitori elettorali, esposti di conseguenza a tutti i venti di quel “propagandismo” cui si faceva già cenno.

In queste condizioni la sguaiata e inqualificabile offensiva propagandistica condotta dal Presidente del Consiglio, soprattutto attraverso l'occupazione degli spazi televisivi, sta rischiando di avere una qualche efficacia, portando davvero incertezza sull'esito elettorale.

Del resto l'incertezza è alimentata, sotto questo aspetto, dal nuovo sistema elettorale, che non ci stancheremo mai di criticare.

Una critica rivolta, soprattutto, nel senso di definire la difficoltà che questo sistema presenta nel pretendere di tenere assieme, di comprendere, bipolarismo e proporzionale: un ibrido che rischia di inquinare il possibile grado di produttività democratica dell'intero sistema (dimostrando davvero come questa legge elettorale non sia stata pensata in termini sistemici, ma semplicemente con l'obiettivo di una limitata contingenza di fase).

Questo lo stato di cose in atto, sia pure sommariamente descritto.

Si rende così evidente come, sul piano delle dinamiche politico – elettorali debba essere aperta, in particolare dalla sinistra, una profonda riflessione che deve, a mio modesto giudizio, imperniarsi su di un punto ben preciso: le elezioni, infatti, potranno essere vinte da chi non punterà semplicisticamente alla conquista dell'elettore “mediano”, ma da chi sarà capace di mobilitare al massimo il proprio tradizionale elettorato di riferimento (il cosiddetto “zoccolo duro”), cercando di limitare al massimo il fenomeno dell'astensionismo (impennatosi, del resto, proprio nei giorni più caldi della vicenda Unipol / BNL).

Il Presidente del Consiglio sta cercando così di cogliere l'occasione aumentando il tasso di antipolitica e di qualunquismo che,comunque, alberga da sempre in settori non secondari della società italiana, attraverso questa virulenta campagna propogandistica, non preoccupandosi minimamente, tra l'altro, di nuocere ai suoi alleati.

La sinistra non riesce a rispondere con efficacia, sia per ragioni oggettive ( ovviamente risalenti alla disparità di mezzi a disposizione) sia per l'inadeguatezza dei proprio riferimenti politico – organizzativi.

L'ampiezza della capacità coalizionale del centrosinistra, ad esempio, appare come l'espressione di una forte frammentazione partitica, cui non corrisponde però un adeguato riferimento progettuale complessivo, ma soltanto una sorta di identità “contro”.

Non ci sono soggetti, all'interno della coalizione di centrosinistra, capaci di prefigurare una fuoriuscita dal modello sociale ed economico di stampo liberista corrente.

In questo modo si sta profondamente corrompendo la realtà politica, sociale, culturale, del Paese, generando apatia, sfiducia, incertezza.

Una incertezza diffusa cui contribuisce anche la situazione a livello europeo e, più in generale, del cosiddetto “vincolo esterno”.

Il centrosinistra deve riflettere sul fatto che trova difficoltà a mobilitare al massimo il proprio possibile elettorato di riferimento, proprio perché strutturalmente non appare in grado di oltrepassare il confine dell'essere “contro” nel contingente, per via di una situazione specifica riguardante – appunto – il Presidente del Consiglio, ma sostanzialmente omologato sul piano della prospettive generali di fase.

Rimane aperto, in Italia, uno spazio politico importante: quello di una aggregazione capace di proporre l'apertura di una fase di transizione verso una alternativa di società e di una diversa strutturazione delle soggettività politiche.

Quale quadro emergerà, allora, nell'immediato post – elezioni?
Appare possibile avanzare un minimo di ragionevole previsione, fondata su due punti:
1) L'incertezza nell'esito determinerà una inedita ricerca nel sistema delle alleanze di governo, rilanciando l'ipotesi di una inadattabilità del bipolarismo al sistema politico italiano;
2) In questo modo le coalizioni troveranno forte difficoltà a “tenere”, soprattutto sul piano dei riferimenti programmatici e di identità sociale, all'interno di una situazione dove emergeranno sempre più temi di insorgenza sociale, attraverso la cui espressione i cittadini cercheranno di riempire quel vuoto di rappresentanza che il moderno modo di “far politica” lascia.

Non ci si può, infatti, limitare ad esercitare la “governabilità”, pretendendo di svolgere un mero ruolo di megafono dei cosiddetti “movimenti”, rinunciando alla funzione fondamentale di indirizzo politico.

Insomma: siamo alle viste di un processo di profonda scomposizione/ricomposizione del sistema, all'interno dei cui processi sarà bene pensare alla ricostruzione di soggettività politiche che siano espressione di ideologie,progetti, programmi di pratica politica di radicale trasformazione: questo è venuto mancare, nel corso degli anni, per responsabilità delle forze politiche della sinistra storica, ma si tratta di un vuoto che siamo chiamati a colmare, pur nella modestia delle forze oggi a disposizione.

Savona, li 5 Febbraio 2006

Franco Astengo

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