">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

Requerdo de Madrid

Requerdo de Madrid

(20 Agosto 2011) Enzo Apicella
La polizia spagnola carica le manifestazioni contro la visita del Papa a Madrid

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(L'oppio dei popoli)

Contro l’attacco trasversale al diritto d’aborto, per l’autodeterminazione della donna

(5 Marzo 2006)

Nella primavera del 1995 il candidato del centro-sinistra per le elezioni politiche dell’aprile ‘96, Romano Prodi, risponde all’Enciclica papale “Evengelium Vitae” - in cui si definisce l’aborto “delitto abominevole” - con tre “parole d’ordine”: prevenzione, dissuasione, applicazione.

Secondo Prodi, fatta salva formalmente l’autodeterminazione della donna, la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza poteva essere rivista agendo su questi tre elementi.

Nel giugno 1995 si svolge a Roma una grande manifestazione nazionale - dal titolo “Per non tornare indietro” - in cui la sinistra scende in piazza per manifestare il proprio sdegno contro gli anatemi anti-abortisti della Chiesa e contro i progetti di legge presentati nei mesi precedenti dai deputati di AN, CCD e PPI che – guarda caso - puntavano precisamente sui concetti di persuasione e prevenzione in merito al tema dell’interruzione volontaria della gravidanza.

Al tempo, il governo “Berlusconi 1” era già caduto e da 6 mesi aveva avuto inizio il governo “tecnico” di Lamberto Dini, con Tiziano Treu ministro del lavoro e Susanna Agnelli agli Affari Esteri (e a garanzia dell’appoggio al governo del grande capitale industriale e finanziario italiano); Mentre Dini portava a compimento, con l’appoggio esplicito di D’Alema, Buttiglione e Bossi, la riforma delle pensioni proposta quando era ministro del governo Berlusconi, e Romano Prodi si preparava a vincere le elezioni, tenutesi nella primavera del 1996.

Sono trascorsi 11 anni da quella manifestazione e da quelle 3 emblematiche parole in tema di aborto; ci troviamo di nuovo con Romano Prodi candidato del centro-sinistra per le prossime elezioni politiche e con un attacco in corso al diritto di aborto alimentato dalla sconfitta - nel giugno 2005 - al referendum sulla Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 40/2004). Il risultato di quella sconfitta è stato quello che attualmente è in vigore in Italia una sorta di “unicum” a livello europeo in materia di vita umana, famiglia, ricerca scientifica e diritto all’autodeterminazione della donna.

La legge 40, infatti, sottende una concezione delle relazioni sociali, della famiglia, della vita… pienamente consona ai diktat della Chiesa cattolica e del sistema capitalistico. Basti pensare al riconoscimento della “personalità giuridica” dell’embrione che rappresenta un esplicito tassello dell’attacco al diritto di auto-determinazione della donna in tema di maternità.

Inoltre, non fa mai male ricordarlo, si tratta di una legge approvata da “uno schieramento politico istituzionale trasversale che va dai partiti del centro-destra fino a partiti del centro-sinistra” (vedi Controvento n.10, Foglio di controinformazione politica).

Nell’autunno 2005 il nuovo Papa, in perfetta continuità con la “politica” vaticana del suo predecessore Giovanni Paolo II, prosegue la lotta della Chiesa cattolica contro la “non cultura della vita” e la “grave piaga sociale dell’aborto”; contemporaneamente la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) interviene esortando i giovani a guardare “con fiducia” alla famiglia e al matrimonio.

Certo, viene da chiedersi come si possa guardare “con fiducia” al futuro se il futuro dei giovani è fatto di negazione dei diritti sociali, di flessibilità, di precarizzazione del lavoro e della vita…

Per non parlare delle politiche di massacro sociale degli ultimi decenni, condotte attraverso licenziamenti e ristrutturazioni, carovita, tagli e privatizzazioni dei servizi sociali, tra i quali anche i consultori che rappresentano una importante conquista delle donne (a questo proposito va ricordata la recente delibera della Giunta Regionale della Lombardia che ha revocato l’autorizzazione di 2 consultori familiari pubblici e ha accreditato l’attività di 3 strutture private).

Nel novembre 2005 il Ministro (fascista) della Salute, Francesco Storace, propone di inviare nei consultori volontari anti-abortisti con il compito di dissuadere le donne dall’interrompere la gravidanza. La proposta viene subito raccolta dall’UDC che suggerisce anche l’apertura di una commissione parlamentare con l’incarico di redigere un’indagine conoscitiva sull’attuazione della legge 194 - autorizzata in tempi record dal Presidente della Camera dei Deputati Casini – ma con lo scopo evidente di riaprire la questione dell’aborto.

Contro questa escalation di dichiarazioni ed atti sul “tema aborto” il 14 gennaio di quest’anno, seppure in campagna elettorale, viene indetta una grande manifestazione nazionale che si svolge a Milano alla quale partecipano decine di migliaia di donne.

Anche per noi la legge 194 dovrebbe essere rivista, ma nel senso di eliminare le parti - come quella relativa all’obiezione di coscienza - che già all’epoca della sua approvazione configuravano questo testo legislativo come complessivamente limitato e moderato.

Tuttavia, resta innegabile la portata della legge 194, che peraltro impiegò 2 anni prima di essere approvata, a causa delle forti opposizioni e degli emendamenti avanzati da democristiani e missini.

Prima del 1978, la legge in vigore in tema di aborto risaliva al codice fascista Rocco (il nostro attuale codice penale…), nella quale l’aborto veniva definito “delitto contro l’integrità e la stirpe” e punito con pene detentive da 5 a 12 anni, sia per chi si sottoponeva all’interruzione della gravidanza, sia per chi lo procurava.

Ciononostante, ogni anno in Italia circa tre milioni di donne abortivano e ventimila morivano.

Cifre ufficiali, queste, che non tenevano conto delle migliaia di decessi falsificati a causa del timore, da parte di chi li aveva procurati, di finire in carcere.

Molto spesso gli aborti venivano praticati dagli stessi medici che ufficialmente si dichiaravano contrari per ragioni morali, ragioni che mettevano poi da parte in cambio di profumati compensi.

Esattamente quello che purtroppo continua a succedere ancora oggi, dove la maggior parte del personale medico, avvalendosi del diritto di sollevare “obiezione di coscienza”, non pratica aborti nelle strutture pubbliche, ma lo fa in quelle private, a pagamento. Secondo dati relativi all’anno 2003, in Italia il 57,8 % dei ginecologi, il 45,7 % degli anestesisti e il 38,1% del personale non medico pratica l’“obiezione di coscienza”.

Di questa situazione dobbiamo ringraziare il fatto che in Italia è consentito svolgere attività sanitaria contemporaneamente nel pubblico e nel privato, incrementando l’ovvia tendenza da parte degli operatori del settore ad accaparrarsi clienti negli ospedali e strutture pubbliche da incanalare poi, sotto il “ricatto” della salute, verso il fruttuosissimo canale privato.

Prima dell’approvazione della legge 194, le donne non abbienti erano costrette ad affidarsi alle cosiddette “mammane” che praticavano gli aborti con strumenti rudimentali ed in assenza di qualsiasi condizione igienica. A partire dal 1973, in seguito alle numerose denunce relative alla morte di donne durante aborti clandestini nonché ad alcuni casi “politici” - tra i quali quello di una operaia rimasta senza lavoro a causa del processo penale subito per un aborto praticatole all’età di 17 anni - inizia una forte campagna di denuncia contro padroni, Stato, Chiesa e medici.

Ha inizio così una grande stagione di lotta che farà scendere in piazza migliaia e migliaia di donne e porterà alla fine al riconoscimento di un diritto - che possiamo tranquillamente definire democratico, non certo rivoluzionario, se non per il costume moralistico imposto dalla Chiesa - come quello di permettere alle donne di decidere sul proprio corpo e sulla propria vita.

Ma fin dalla sua approvazione la legge 194 non ha mai avuto tregua.

Dopo il fallimento del referendum abrogativo del 1981, periodicamente si sono ripetuti attacchi e tentativi di revisione nei confronti di questo testo legislativo; attacchi provenienti, oltre che dal mondo clericale e fascista più bigotto, anche da settori che oggi definiamo di centro-“sinistra” - come ad esempio la Margherita e altri - che infatti hanno appoggiato la legge 40/2004 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (che, come detto, introduce la “capacità giuridica” dell’embrione, alimentando così il leit motiv delle campagne anti-abortiste e cioè l’equiparazione dell’embrione ad essere umano titolare di diritti da far valere, eventualmente, in contraddizione con quelli della donna – nella fattispecie, il diritto all’aborto -).

Come abbiamo spesso ripetuto, neppure di fronte a temi che riguardano principalmente le donne, come il diritto di aborto, le donne sono tutte uguali. E non lo sono perché gli interessi di cui le donne sono portatrici non sono uguali, perché i contesti sociali, culturali ed economici in cui può verificarsi una gravidanza non desiderata non sono uguali; perché le donne appartengono a classi sociali che non sono uguali.

Per questo, anche il formarsi di quelle che possono apparire oggettive “convergenze trasversali” agli schieramenti politici e di classe su temi come aborto, pari opportunità o procreazione medicalmente assistita devono essere comunque lette all’interno di una visione più generale in cui le “convergenze trasversali” cambiano, componendosi e ricomponendosi in forma diversa su altri temi (come l’attacco ai diritti dei lavoratori, l’appoggio alla guerra imperialista, la ristrutturazione capitalistica, ecc…).

Il vero punto politico attorno a cui ruota questo nuovo attacco alla legge 194 sta, più che nell’eliminazione di questo diritto (eliminazione che oggi appare ancora altamente improbabile), nel tentativo di imporre progressivamente il terreno culturale ed ideologico per il “ritorno a casa” delle donne, in una fase storica di peggioramento oggettivo delle condizioni di vita e di lavoro, nonché di riduzione dei posti di lavoro – e si sa che le donne sono le prime ad essere espulse dal ciclo produttivo –.

Mentre le aziende de-localizzano verso paesi a maggiore tasso di sfruttamento della forza-lavoro e nello stesso tempo introducono forza-lavoro immigrata per aumentare il profitto, mentre tutti i governi - siano essi di centro-destra o di centro-sinistra - portano avanti identiche politiche di massacro sociale e di guerra (in Jugoslavia come in Iraq) necessarie per assicurarsi risorse e capitali da investire… torna la fanfara sulla “famiglia perno della società” attorno alla quale richiamare la donna dal ciclo produttivo alla procreazione e alla cura di figli e anziani, sollevando contestualmente lo Stato dai suoi impegni sociali. E così la salvaguardia della logica del profitto è servita!

8 MARZO 2006 Giornata Internazionale della Donna - Non solo una festa, ma una giornata di lotta

C.R.O. Darsene, Via Coppino - VIAREGGIO

ore 20: BUFFET
ore 21: proiezione del film IL SEGRETO DI VERA DRAKE di Mick Leigh (GB, 2004)

Le compagne e i compagni del Laboratorio Marxista

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie del dossier «L'oppio dei popoli»

Ultime notizie dell'autore «Laboratorio Marxista»

8478