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La pietà delle banche

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(15 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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«La 30 ha creato precari Serve una nuova legge»

(27 Maggio 2006)

Cgil, il segretario Fulvio Fammoni spiega i progetti del sindacato. Via i cocoprò, devono restare in piedi massimo 6-7 tipi di contratto
L'indeterminato deve tornare la forma normale. L'articolo 18 non si tocca: no al «Cpe all'italiana». L'impresa non deve più competere sul costo del lavoro


«Andremo al tavolo del governo con le nostre proposte, sostenendo le nostre tesi, sapendo che c'è il programma della coalizione, ma anche ben coscienti su un punto chiave: una volta applicato quel programma dovrà esserci in Italia una nuova legislazione sul lavoro, perché la legge 30 ha creato precarietà, facendo aumentare nello stesso tempo il lavoro nero». Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil con la delega al mercato del lavoro - in pratica il vice di Guglielmo Epifani su questo settore - non usa mezzi termini e spiega il punto di vista della Cgil sulla legge 30: «Va riscritto tutto, serve una nuova legge costruita organicamente, e non fatta con un aggiustamento ogni tanto». Una presa di posizione significativa all'indomani della relazione del presidente Montezemolo all'assemblea di Confindustria, che aveva lanciato a Prodi un messaggio finale: «la Biagi non si tocca». Obiettivi fondamentali: il ritorno al tempo indeterminato come tipo normale di contratto, la riduzione a massimo 6-7 forme alternative dalle attuali 40, l'abolizione dei cococò e cocoprò, il parasubordinato che maschera lavoro dipendente.

Partiamo innanzitutto dai dati. Secondo gli imprenditori, lo stesso Montezemolo, la gran parte del lavoro è già stabile e la precarietà è quasi un falso problema.Stiamo ai dati ufficiali, quelli dell'Istat e della Banca d'Italia: il 2005 è stato il primo anno in cui le assunzioni precarie hanno superato la soglia del 50% rispetto al totale, superando dunque quelle a tempo indeterminato. E non si calcolano le partite Iva monocommittenti, o gli associati in partecipazione, la gran parte falsi autonomi che alzerebbero certamente la percentuale. C'è poi il lavoro nero: è aumentato del 3-4% nel 2005, a dimostrazione che non è vero che quanto più si abbassano i costi delle assunzioni, tanto più lavoro emerge. Con la legge 30 è aumentato contestualmente il numero dei lavoratori precari e dei sommersi, il che sfata anche il mito secondo cui «va bene qualsiasi lavoro, purché sia un lavoro», propagandato dal governo Berlusconi negli ultimi cinque anni.

Come giudicate le proposte che circolano su una parziale rinuncia all'articolo 18 in modo da flessibilizzare il mercato ed aprirlo ai più giovani? Può funzionare un «Cpe all'italiana»? Le recenti mobilitazioni europee, quello che è accaduto in Francia, hanno dimostrato che il tema del licenziamento libero non può essere disponibile: è meglio lasciare stare l'articolo 18, perché se si confonde con il nodo della precarietà impedisce di fare una discussione seria. C'è ormai un mercato del lavoro duale, fatto di inclusi ed esclusi, analisi su cui concordiamo: ma la soluzione è estendere le garanzie. Tra gli esclusi, a parte i precari, ci sono anche i disoccupati e i lavoratori in nero: noi abbiamo proposto alle imprese l'introduzione dell'«indice di congruità», il personale dichiarato deve essere congruo rispetto al lavoro prodotto. Già su questo fronte ci aspettiamo segnali concreti. Ora Confindustria ha detto di volere un'impresa «buona»: l'intendimento c'è, ne prendiamo atto, ma ancora non vediamo chiaramente l'applicazione concreta. Per noi «impresa buona» vuol dire cambiare il punto di vista affermato fino a oggi: non competere più sull'abbassamento dei costi del lavoro, ma sulla qualità, l'innovazione, la ricerca. Quanto alla flessibilità, non va assolutamente confusa con la precarietà: la flessibilità non riguarda mai e non può riguardare i tipi di contratto con cui si assume, ma riguarda l'organizzazione del lavoro, gli orari, le mansioni. Che si possono anche modificare, ma passando sempre - sia chiaro - attraverso la contrattazione e i lavoratori.

Montezemolo propone però di saltare il passaggio con le Rsu e dare la possibilità, nel contratto nazionale, di ordinare gli orari in azienda. Dice che questa è la vera flessibilità, perché velocizza i rapporti secondo le esigenze immediate di mercato.No, ribadiamo che la flessibilità deve essere contrattata: io personalmente ho contrattato molte modifiche di orari. Il sindacato c'è sempre quando un'azienda ha dei motivi fondati, lo dimostrano centinaia di accordi oggi operanti. Ma per farlo ci vuole una reale volontà da entrambe le parti.

Sulla precarietà dunque accettate di discutere al tavolo della concertazione che verrà aperto dal ministro del lavoro Damiano. Con quale «piattaforma» vi presenterete? Concordate?Sono alcuni semplici capisaldi. 1) Il tempo indeterminato deve tornare la forma normale di lavoro: oggi non è più così perché la legge 30 ha messo tutti i contratti sullo stesso piano. Ogni forma di sovvenzione, credito di imposta o anche una quota-parte del taglio del cuneo fiscale, deve essere indirizzata esclusivamente a chi attiva questo tipo di contratti 2) Cancellare le 40 e più forme di tipologie alternative, lasciando in piedi - ma in una formulazione nuova - al massimo 6-7 tipi di contratti «atipici». Ovvero il part time, il tempo determinato, l'interinale, un contratto di carattere formativo. Devono tornare, ovviamente, le percentuali e le causali, in modo da rendere il ricorso a queste alternative motivato ed eccezionale. 3) Quanto al cocoprò, si parla oggi di alzare i contributi. Non crediamo che basterebbe per eliminare gli abusi.

Noi puntiamo alla cancellazione di questo tipo di contratto, modificando l'articolo 2094 del Codice civile, per far restare solo il lavoro economicamente dipendente - ugualmente tutelato in tutte le sue forme - e l'autonomo. 4) Sui contratti a termine, bisognerebbe introdurre un divieto alla reiterazione oltre un certo numero di volte. Interessante, ad esempio, è quello che ha fatto Zapatero: in Spagna addirittura si vuole stabilizzare il posto di lavoro stesso, che l'azienda deve rendere a tempo indeterminato anche qualora vi circolino diversi lavoratori in un certo periodo di tempo. 5) Sugli appalti bisogna rendere le aziende che cedono il lavoro corresponsabili della sorte dei lavoratori per un certo numero di anni. 6) Sul lavoro nero c'è la proposta dell'«indice di congruità». 7) Sull'immigrazione si deve intervenire sulla Bossi-Fini, perché lì è previsto l'assurdo che se denunci il tuo sfruttatore vieni espulso. Al contrario, bisogna regolarizzare gli oltre 300 mila lavoratori che hanno fatto domanda e oggi sono esclusi dai flussi; si deve introdurre il permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro e il permesso temporaneo per tutti gli immigrati che denunciano il proprio stato di lavoratori in nero. Molti di questi punti sono già nel programma dell'Unione, altri - come quello sui cocoprò - ci piacerebbe che fossero aggiunti. Insomma, una volta applicato il programma, si deve arrivare ad avere una nuova legislazione del lavoro.

Antonio Sciotto(IL Manifesto 27 Maggio 2006)

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