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La banda del buco

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(6 Giugno 2012) Enzo Apicella

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Pacchetto Treu/L.Biagi, L.Turco-Napolitano/Bossi-Fini:

I lavoratori non hanno governi amici finché vengono sfruttati

(7 Novembre 2006)

A distanza di soli 10 anni dall’emanazione del pacchetto Treu, è ben chiaro in tutta la sua drammaticità cosa significhi realmente la “flessibilità” del lavoro. Non è certo uno strumento per favorire l’inserimento occupazionale e venire incontro alle esigenze dei lavoratori, ma serve soltanto per aumentare i profitti capitalistici e dividere gli sfruttati.

Leggi come il pacchetto Treu e la legge Biagi (ma anche la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini) hanno contributio a spezzare l’unità di classe tra lavoratori di diversi paesi ed hanno pesantemente colpito i diritti e le conquiste della classe sfruttata. Dopo Berlusconi anche il governo Prodi-D’Alema, l’altra faccia della borghesia italiana, sta continuando in questo lavoro di macelleria sociale, facendosi paladino delle politiche liberiste e portando avanti il programma antioperaio della classe dominante.

Lo slogan “un lavoro sicuro è impensabile” è così diventata la parola d’ordine di tutto l’arco parlamentare. E persino alcuni settori del cosiddetto “movimento” hanno aderito a questo slogan immaginando di poter aggiustare, arginare o limitare questa mannaia nelle mani di Confindustria, Governo e apparati sindacali.

Il dilagare di figure lavorative in totale assenza dei diritti più elementari non solo ha cancellato un futuro dignitoso per le giovani generazioni, ma ha velocemente eroso molte garanzie sociali anche negli strati produttivi che si consideravano “stabili”. La presenza sempre più massiccia di uomini e donne con un maggiore tasso di ricattabilità ha permesso (con la leva della divisione e della necessità di sopravvivenza) aumenti dei ritmi, ritorni al cottimo più primitivo e la strisciante liquidazione dei diritti dei lavoratori. Per primo quello di sciopero come forma di lotta efficace.

Come combattere allora la precarietà e lottare per un lavoro sicuro e dignitoso? Innanzitutto, comprendendo che la precarietà del lavoro non è una caratteristica contingente, ma una piaga tipica del capitalismo. Una delle mille facce di un sistema di sfruttamento che produce sempre più insicurezza, miseria e guerre di rapina.

Allora è evidente che la lotta contro la precarietà non può essere lasciata solo a quelle figure con contratti iper-precari e temporanei che ne subiscono gli effetti più devastanti. Primo, perché da soli non ne hanno la forza, essendo troppo ricattabili. Secondo perché questa non può essere una battaglia di una singola azienda, settore o anche solo sindacale.

Bisogna raggiungere la consapevolezza della necessità della lotta unitaria tra tutti i lavoratori (“precari” e “stabili”, immigrati e non, giovani e meno giovani) o continueremo ad essere presi in mezzo: ora con il lavoro nero, ora con la CIG e mobilità, ora con un contratto interinale, ora con una esternalizzazione, ora con la rapina del salario (diretto o differito), ora con licenziamenti di massa e mancati rinnovi del CCNL. Come anche la mobilitazione francese ci ha parzialmente dimostrato, occorre continuare a lottare con sempre maggiore forza e determinazione, occorre respingere i ricatti e le divisioni e costruire ogni giorno nella lotta nei posti di lavoro e nelle piazze la più ampia solidarietà ed unità di classe; rivendicando la stabilizzazione di tutti i precari, chiedendo ad uguale lavoro uguale salario ed uguali diritti, contro ogni divisione e differenziazione salariale e normativa. Fin quando esisterà un solo lavoratore che non gode a pieno di tutti i diritti nessuno di noi potrà avere un lavoro più stabile e sicuro.

Questa consapevolezza deve nascere non solo dal fatto che la precarietà è una condizione fondamentale per l’estorsione di profitti e la riproduzione dello stato di cose presenti, ma anche dalla constatazione che in una società fondata sullo sfruttamento i lavoratori non hanno governi amici (come i fatti dimostrano).

Per questo, non soltanto sosteniamo l’importanza della lotta per raggiungere rapporti di forza più avanzati, ma riteniamo che oggi sia urgente costruire la completa autonomia dei movimenti di lotta dall’influenza del ceto dirigente di qualsiasi partito e organizzazione che di questa politica di conciliazione si fa paladino, rompere con la politica di concertazione con la borghesia ed il padronato e costruire un’organizzazione politicamente indipendente del proletariato.

Per conquistare una società nuova, libera dallo sfruttamento.

Coordinamento Lavoratori Comunisti
lavoratoricomunisti@yahoo.it

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