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Pomigliano. La galleria del vento

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(13 Giugno 2010) Enzo Apicella
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Riforma pensionistica: il Festival della Bugia

(31 Marzo 2007)

Dopo aver fatto decantare per un po’ l’argomento, in questi giorni tutti i leader politici, sindacali e confindustriali stanno prodigandosi per avvalorare la “ineludibilità” della “riforma pensionistica”. Una “ineludibilità” basata solo sull’ insistenza e la ripetitività dei falsi argomenti che vengono usati per motivarla.

Dalle “anteprime” che trapelano, sembra proprio che si stia preparando una riforma che ancora una volta taglieggerà le retribuzioni di milioni di persone.

Una riforma che ancora una volta sarà portata a termine con la fattiva partecipazione di quelle “parti sociali” che dovrebbero avere il compito di salvaguardare la posizione di quei milioni di persone, che dovrebbero battersi per un loro progressivo miglioramento, che invece sono definitivamente trasformate in società d’interesse con tanto di broker che vagano nelle assemblee dei posti di lavoro per propagandare i loro “prodotti” (i fondi previdenziali), muniti di tabelle che dimostrano i loro fantomatici rendimenti.

Argomenti falsi, mistificazioni e bugie vengono adoperati a piene mani: vogliamo ancora una volta smascherarli.

Facciamo una ipotesi su un lavoratore “medio”, la cui retribuzione oggi si aggira intorno ai 1200 €uro mensili.

Per quanto riguarda il TFR, egli, dopo 35 anni di lavoro, con il sistema tradizionale verrebbe a percepire, a conclusione del rapporto di lavoro, una somma di circa 60.000 €uro.

Paragoniamo ora questa cifra con quanto riceverebbe se per lo stesso periodo di 35 anni egli avesse versato i suoi contributi TFR ad un Fondo pensione, come previsto dalla riforma..

In una ipotesi ottimistica, in cui il Fondo gli garantisca un buon rendimento, alla fine della sua vita lavorativa, il lavoratore percepirebbe circa 130 € mensili di rendita vitalizia.

Per arrivare ad ammortizzare (cioè a vedersi restituita), con questa rendita, l’importo che avrebbe ricevuto con il TFR “tradizionale”, il lavoratore dovrebbe vivere, dopo il collocamento in pensione, la bellezza di altri 37 anni.

Se consideriamo un lavoratore che per esempio va in pensione a 60 anni, che è ormai il minimo per raggiungere i 35 anni di contribuzione, dovrebbe arrivare all’età di 97 anni.

“I pensionati di oggi devono prendere meno per garantire la pensione ai giovani domani”:

Il bilancio previdenziale, anche secondo tutte le analisi ufficiali ed istituzionali, depurato del carico dei trattamenti assistenziali (cui non fanno fronte contributi e che dovrebbe essere sostenuto dalla fiscalità generale), dimostra di essere ben in salute ed in grado di garantire le pensioni future.

“I costi della previdenza sono troppo alti”

Il 40% delle risorse finanziarie dedicate al sistema sono assorbite da una ristretta cerchia di pensionati “d’oro” privilegiati che percepiscono ben oltre i 5.000 euro mensili di pensione e non sono che il 6-8 % di tutti i pensionati. Sono queste le pensioni che ci costano troppo !!

“L’aspettativa di vita si è allungata e l’INPS deve pagare le pensioni per più anni”

Vi risulta che sanità e assistenza siano così uguali per tutti, tanto che la speranza di vita di un milionario, che va a curarsi in Svizzera o negli USA o che comunque può godere dell’ assistenza medica da parte dei baroni nostrani, è la stessa di un pensionato sociale con 500 euro al mese che deve attendere mesi e mesi per un esame ospedaliero ?

“Se si difende, aggiornandola, la riforma Dini, si difende la previdenza pubblica”

La riforma Dini ha significato l’abolizione della previdenza pubblica, con essa la pensione è passata dall’essere una retribuzione tesa a garantire almeno parzialmente, il tenore di vita degli ultimi anni di lavoro, a rendita calcolata con la capitalizzazione di quanto versato, come un qualsiasi investimento finanziario.

Consideriamo ora l’aspetto che riguarda i contributi previdenziali. Lo stesso lavoratore, dopo i suoi 35 anni di contribuzione, avrebbe versato circa 240.000 €uro totali. Calcolando la sua pensione con il sistema conributivo, così come prevede a regime la mega-riforma Dini, anche in questo caso, solo per riprendere il capitale costituito dai contributi versati, senza alcun interesse, egli dovrebbe vivere per almeno 30 anni dall’inizio del pensionamento.

Sono solo alcune delle mistificazioni che circolano e vengono ripetute a ritmo martellante su tutti i media, applicando un vero e proprio lavaggio del cervello.

Una contraffazione della realtà che impedisce di capire che invece sarebbe necessaria un altro tipo di riforma, che vada ad intaccare i veri elementi negativi, regolarmente ignorati dagli “opinionisti” e dai “commentatori” di regime: l'evasione contributiva e fiscale che continua a non essere perseguita, la sproporzione scandalosa tra le retribuzioni pensionistiche delle categorie privilegiate rispetto alle pensioni sociali ed alle pensioni delle categorie meno “protette”, la insopportabile rapina messa in atto dal sistema contributivo che restituisce al lavoratore solo una parte, nella maggior parte dei casi minima, dei contributi versati durante il lavoro.

Ancora una volta facciamo appello a quelle forze politiche che finora – ma sempre meno purtroppo – si sono frapposte alla realizzazione di questa paventata riforma, affinchè affrontino con coraggio i veri nodi della questione, rifiutando compromessi dettati da logiche di allenza con blocchi sociali i cui interessi sono incompatibili con il ripristino di una vera previdenza pubblica.

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