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(2 Maggio 2010) Enzo Apicella
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"Le sue armi sono la sua tastiera, la sua penna e la sua voce.."

Messaggio di Deniz,la sua compagna, a tre mesi dall'incarcerazione di Bahar

(9 Febbraio 2007)

Cari amici e compagni,
vi giro l'appello della compagna di Bahar, invitandovi a firmare per la sua libertà. Vi ricordo inoltre che anche in Italia due compagni turchi sono stati condannati in primo grado con l'accusa di essere terroristi e che sono in carcere ormai da quasi quattro anni, mentre tre compagni italiani del Campo antimperialisti sono sotto processo con l'accusa di averli aiutati. L.

Mio marito, Bahar Kimyongür, è stato da poco condannato da un tribunale belga a cinque anni di prigionia nonostante non abbia mai commesso alcun crimine o violenza. La condanna di mio marito significa che la contestazione è punita, oggi, con molti anni di prigione. È inammissibile! È diventato così facile in questo paese essere etichettato come terrorista dalla giustizia e ritrovarsi dietro le sbarre! È questo quel che è successo a mio marito. Nonostante egli non abbia fatto altro che battersi contro la tortura e l'ingiustizia.

Il 7 novembre scorso, la Corte d'appello di Gand ha del resto puramente e semplicemente criminalizzato il suo impegno umanitario con il pretesto della sua appartenenza a un'organizzazione marxista turca, il DHKP-C. Per sei anni, mio marito ha attraversato il mondo per tentare di sensibilizzare personalità politiche, scientifiche, associazioni o artisti sulla sorte tragica degli oppositori turchi in sciopero della fame. Il suo unico obiettivo è stato salvarli da una morte certa. La disgrazia di mio marito è che la quasi totalità di questi prigionieri resistenti faceva parte del DHKP-C. Agli occhi della giustizia belga, prendere le loro difese equivale ormai "ad assumere un ruolo dirigente nell'organizzazione". Mio marito non ha mai rinnegato la sua simpatia per il DHKP-C, la sua boscaglia erano per lui i Parlamenti: il Parlamento europeo, il Parlamento belga, italiano, greco...Le sue armi erano la sua tastiera, la sua penna e la sua voce.

Nel gennaio 2002, insieme incontrammo Javier Solana per invitarlo ad intervenire circa il conflitto nelle prigioni turche. Lo stesso anno, egli ha consegnato le firme di 155.000 cittadini turchi ed europei che esigevano la sospensione dei trattamenti degradanti nelle prigioni, alla presidenza del Parlamento europeo. Bahar è un militante sperimentato sempre a caccia di un'occasione per difendere la causa dei prigionieri politici turchi. È intervenuto pertanto in conferenze nel contesto dei Forum sociali europei a Firenze, a Parigi e a Londra e in meetings internazionali organizzati ad Algeri (2001), a Beyrouth (2002), al Cairo e a Caracas (2005). Nell'aprile 2005, ha organizzato una tournée europea di poeti americani in omaggio ai prigionieri politici turchi.Nessuna sofferenza umana lo lasciava indifferente: così, nel gennaio 2003, cioè alcune settimane prima dell'invasione americana, si era recato in Iraq per esprimere la sua opposizione contro l'occupazione di questo paese. Aveva partecipato all'organizzazione di una manifestazione a Bagdad dinanzi alla sede di rappresentanza delle Nazioni Unite, al fianco di delegazioni pacifiste ed antimperialiste venute dalla Spagna, dall'Austria, dagli Stati Uniti e dall'Italia. A Bruxelles, ha organizzato decine di manifestazioni davanti all'ambasciata USA, per protestare contro l'occupazione dell'Afghanistan o dell'Iraq. E l'estate scorsa, marciava al fianco del popolo libanese vittima dei bombardamenti israeliani. Appena conosciuti, il primo luogo che mi ha portato a visitare è stato il forte di Breendonk, perché egli sente nel più profondo di sé stesso il martirio del popolo ebreo e perché la fratellanza, è la sua religione. Il 19 gennaio scorso, nella prigione di Gand, quando il giornalista armeno Hrant Dink è stato assassinato, anche lui si è anche sentito armeno. Firmate l'appello chiedendo libertà per Bahar, diffondete questa e-mail a tutte le vostre conoscenze perché sono la libertà d'espressione e d'associazione che sono minacciate. Quel che è capitato con un po' d'anticipo a Bahar, riguarda tutti noi... Agiamo per difendere questo principio, prima che sia realmente troppo tardi. Nel luglio 2006, nonostante le pressioni dello Stato turco ed il gioco torbido del Belgio che sono costati al mio compagno 68 giorni di carcere, un tribunale olandese ha considerato l'azione militante di Bahar perfettamente legale. Per evitare l'estradizione di Bahar, cittadino belga, verso il paese d'origine dei suoi genitori dove rischiava almeno 15 anni di prigione e la tortura (perché egli dedica tutto il suo tempo a denunciare le violazioni dei diritti dell'Uomo commessi dal regime di Ankara ed in particolare i casi di tortura nelle carceri turche), abbiamo già sollecitato con il Comitato per la libertà d'espressione e d'associazione (Clea) il vostro sostegno. In alcune settimane, abbiamo raccolto più di 7000 firme a favore di Bahar. Oggi, ci permettiamo nuovamente di fare appello al vostro senso di giustizia. Un semplice clic nel sito www.leclea.be può contribuire a salvare il mio marito. Noi non accetteremo mai la sua condanna perché essa significa che i tribunali belgi sacrificano il destino di un uomo per sottomettersi agli interessi delle autorità turche ed americane, che si fanno beffa delle libertà sancite dalla Costituzione e dai trattati internazionali, che essi vogliono imbavagliare la contestazione. Esigere la libertà per Bahar, vuol dire partecipare all'ampio movimento d'opinione ricordando che esprimersi, organizzarsi, contestare..., non è terrorismo!

Grazie di tutto cuore per il vostro sostegno,

Deniz Demirkapi

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