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(31 Agosto 2010)
anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.contropiano.org
I tre operai della Fiat reintegrati dal giudice del lavoro sono entrati nello stabilimento Fiat di Melfi ma non potranno svolgere attività lavorativa.
A Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli sarà impedito l'accesso alle postazioni nella catena di montaggio, ma due di loro, delegati Fiom, potranno continuare a svolgere attività sindacale all'interno della fabbrica. I tesserini magnetici degli operai sono stati riattivati. Alle 13.30 i tre lavoratori - licenziati e poi riassunti dal giudice - hanno potuto varcare i tornelli della Fiat Sata di Melfi, fra gli applausi dei colleghi, ma sono stati bloccati dalla vigilanza interna che li ha invitati a seguirli nel loro gabbiotto. La decisione di far uscire gli operai è stata presa dai legali della Fiom, dopo che un avvocato e un ufficiale giudiziario sono entrati in fabbrica, dove hanno avuto conferma che la Fiat accetterebbe la loro presenza a patto che i tre occupino una saletta e svolgano solo attività sindacale, senza tornare al lavoro sulle linee di produzione.
«Lancio un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: non ci faccia vergognare di essere italiani»: lo ha detto ai giornalisti Giovanni Barozzino appena uscito dalla fabbrica e parlando anche a nome dei suoi altri due colleghi licenziati e poi reintegrati. «Vogliamo solo il nostro lavoro, come ha deciso il giudice», ha aggiunto Barozzino parlando ai cronisti. «Non vogliamo essere confinati in una saletta sindacale - ha aggiunto - che è distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Dalla saletta - ha concluso Barozzino - non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno».
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