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(17 Ottobre 2011)
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foto: nena-news.globalist.it
Roma, 17 ottobre 2011, Nena News – E’ stato deludente per le candidate donne il risultato delle elezioni che si sono tenute nel weekend nel sultanato dell’Oman. Soltanto una donna figura nel nuovo Consiglio della Shura (Parlamento consultivo). Si tratta di Nuamah bint Jamayel Al Busaidiyah, eletta nella circoscrizione della capitale Muscat.
Con una percentuale di partecipazione la voto che ha sfiorato l’80%, è evidente che le donne (che rappresentavano la maggioranza degli elettori in diverse circoscrizioni), hanno scelto i candidati uomini. Scelta che trova una spiegazione nella struttura fortemente patriarcale della società omanita. «In molte località del paese i cittadini hanno votato per il rappresentante della propria tribù. L’appartenenza ad una tribù per tanti (omaniti) e' stato un fattore più importante rispetto all’esperienza o il livello di istruzione dei candidati», ha spiegato Ahmed Al Siyabi, un osservatore del ministero dell’interno. L'Oman è stato il primo paese arabo del Golfo a garantire nel 1994 il diritto di voto e alla partecipazione politica delle donne. Il suffragio universale è stato introdotto nel 2003, anno in cui furono elette due donne.
Nuamah bint Jamayel Al Busaidiyah, l'unica donna eletta - foto: nena-news.globalist.it
Anche l’Oman, un sultanato che trae la sua origine dalle politiche coloniali nell’area del Golfo, è stato attraversato lo scorso febbraio dalla "primavera araba" cominciata in Tunisia ed Egitto. Dopo l’uccisione nella città di Sohag di cinque operai durante manifestazioni per il lavoro, l’aumento dei salari e contro l’utilizzo di lavoratori stranieri sottopagati, il sultano Qabus bin Said (al potere nel 1970) promise riforme democratiche, tra le quali un'estensione dei poteri del Consiglio della Shura che ha poteri consultivi e non legislativi e non decide in materia di difesa o di politica estera. Le speranze di un cambiamento vero sono però minime, e non solo per la mancata elezioni di un numero adeguato di donne. Sono soltanto tre infatti gli attivisti delle proteste di febbraio che andranno in Parlamento, grazie ai voti ottenuti nelle città del nord, Liwa and Izki, e a Taqa, nel sud. Un risultato magro se si considera che, quest’anno, per la prima volta, i candidati hanno potuto utilizzare tutti i media disponibili durante la campagna elettorale e le candidate donne hanno potuto affiggere poster elettorali con la loro immagine nelle strade del paese. Nena News
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