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(17 Giugno 2017)
Dato per scontato l'assioma secondo il quale uno sciopero si fa per degli obbiettivi condivisi, ricercando da un lato l'unità dei lavoratori in questione, e dall'altro di arrecare il massimo danno al profitto, alla produzione, o alla circolazione del capitale, quando il “capitale” è umano, come nel caso di viaggiatori, un certo disagio è ovvio.
Un disagio annunciato, motivato, realizzato all'interno di regolamentazioni, leggi e codicilli, garantendo fasce orarie e corse garantite.
Un disagio che potrebbe (e in alcuni casi lo è stato!) essere attenuato non solo dalla comprensione della posta in gioco degli scioperanti, ma anche e soprattutto condividendone l'idealità di fondo per un trasporto di qualità che garantisca salute e sicurezza ai trasportatori e ai trasportati.
E' stato uno sciopero, quello del 15-16 giugno, importante, perché ha finalmente riunificato in una unica piattaforma l'intero settore trasporti (e la logistica integrata!), indetto da un ancora incompleto (ma numeroso) “cartello” unificato del sindacalismo autonomo e di base.
Uno sciopero riuscito che ha bloccato bus e metro in molte metropoli italiane, mettendo a dura prova per altro l'intero traffico aereo e ferroviario (comprese le “garantite” frecce!).
Uno sciopero annunciato da almeno un mese, al quale stampa e aziende non hanno dato peso né risalto contribuendo alla disinformazione della clientela che poi, all'oscuro di tutto, si è ritrovata a piedi.
Uno sciopero a dimostrare che quando si riunificano le categorie in obbiettivi precisi e concreti, quando si mettono insieme le forze alternative al sindacalismo complice di stato, si può reagire, lottare, addirittura vincere, come si è vinto col fragoroso NO! Dei lavoratori Alitalia.
Eppure, e qui impariamo la seconda lezione, nonostante regole, franchigie e garanzie fossero state tutte rispettate, la reazione “plurale” di governo, politici, media e sindacati è stata unanime quanto violenta.
Il livore dei servitori governativi, come degli scribacchini della carta stampata, delle starlet dei telegiornali e dei papponi sindacali (in particolare i Cislini del “crocerista” Barbagallo ma non solo.....) si è scaricato sugli “irresponsabili” sabotatori del “diritto alla mobilità” costituzionalmente garantito.
E bravi! Il diritto di lor “signori” è come l'elastico delle loro sporche mutande!
Questi difensori del “diritto” dei viaggiatori a corrente alternata si accorgono e si indignano solo quando il “diritto” viene leso dagli scioperi, solo e soltanto in quel giorno.
E tutti gli altri giorni, quando comunque, tra disservizi e pappatorie clientelari, il “diritto” viene calpestato dove state?
Nemmeno la giaculatoria dello “scusarsi per il disagio” come fa qualcun'altro usate!
E ancora, a proposito di “diritto”, non è che per caso, oltre il “diritto” dei viaggiatori, c'è anche il “diritto” degli scioperanti che, in quanto calpestato, provoca scioperi?
La vera lezione di cui dobbiamo far tesoro è che, se di fronte ad uno sciopero perfettamente legale, la reazione è cosi' violenta fino a chiedere nuove “regole” ancora piuù restrittive del diritto di sciopero di quelle già esistenti, e se il panorama di questa reazione è cosi' compatto, cosa succederebbe se i lavoratori avanzassero qualche pretesa in piuù, toccassero interessi e proprietà di lor signori, tentassero di porre fine a caste e privilegi?
Quale sarebbe la loro reazione, e a quali forme di lotta dovremmo prepararci?
Probabilmente piattaforme, proclami e scioperi sarebbero insufficienti.
Pino ferroviere
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