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SCHEDA TECNICA COMMENTATA E DI RIEPILOGO SU LAVORO FLESSIBILE, CONTRATTI DI LAVORO STAGIONALI, OCCASIONALI, INTERMITTENTI E APPLICATIVI DEL JOBS ACT

(19 Agosto 2023)

comunicatousi

La necessità padronal-datoriale, ormai codificata a livello normativo con le disposizioni applicative del Jobs Act (Decreto Legislativo 81/2015, detto “codice dei contratti”) di avere prestazioni lavorative caratterizzate dalla flessibilità, sempre più connessa ad una concezione generale della precarietà (anche in presenza di “regolari” contratti di lavoro a tempo determinato, del ripristino delle collaborazioni coordinate e continuative e di prestazioni d’opera, già disciplinate all’articolo 2222 del codice civile, ma anche da forme di contratti a tempo indeterminato part time di natura “ciclico multiperiodale”), ha la sua specificazione per quanto riguarda le c.d. “attività stagionali”.

E’ intervenuta anche con proprio atto di natura chiarificatrice e di precisazione, la Corte di Cassazione, che con un’ordinanza (la numero 9243/2023), indica che rientrano in questo concetto di “attività stagionali”, le “…situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate e organizzate per un espletamento temporaneo – in quanto limitato a una stagione determinata dell’anno…”, principalmente in estate, mentre non sarebbero da qualificarsi come attività stagionali in senso tecnico giuridico proprio, le prestazioni lavorative e i relativi contratti sottoscritti tra aziende, cooperative, società e lavoratori-lavoratrici, che sono invece caratterizzate da un “…collegamento diretto a esigenze di intensificazione della normale attività lavorativa e produttiva, determinate da maggiori richieste di mercato o da altre ragioni di natura economico produttiva…”, che andrebbero configurate come “punte di stagionalità”. La differenza non è solo formale, ma ha effetti e conseguenze sostanziali e concrete, dal punto di vista di chi la prestazione lavorativa la offre e anche per le organizzazioni sindacali, chiamate a verificare, monitorare e a controllare, anche in sede di sottoscrizione di accordi collettivi di livello territoriale e aziendale, la corretta applicazione dell’attuale quadro normativo, pur ribadendo anche in questa sede, che il “lavoro”, per noi è quello stabile, a tempo indeterminato e a tempo pieno o anche part time se realmente concordato dalle parti in piena coscienza e volontà, con precisi limiti e garanzie certe sia nella fase di costituzione del rapporto di lavoro, che nella sua fase di esecuzione.

Il ruolo e la funzione dei CCNL
(Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro) e degli accordi o contratti di lavoro territoriali, la RESPONSABILITA’ DEI SINDACATI “COMPARATIVAMENTE RAPPRESENTATIVI”, per la tutela di interessi e diritti della forza lavoro: uno dei tormentoni molto gettonati da associazioni datoriali e padronali, dalla compagine di Governo in carica in Italia ma con sostenitori anche tra le file dell’opposizione parlamentare, è il ruolo e la funzione “salvifica” dei contratti collettivi di lavoro (CCNL) di livello nazionale, di quelli sottoscritti a livello territoriale (ndr, FATTORE DI RISCHIO la possibilità di firmare e stipulare contratti locali territoriali in deroga rispetto ai livelli salariali, o per alcuni istituti contrattuali, previsti dai CCNL, riportati nei contratti individuali di lavoro, che significa il RITORNO ALLE OBSOLETE “GABBIE SALARIALI” e ai patti territoriali in deroga, magari con la giustificazione di permettere “nuova occupazione…lavoro giovanile…femminile”, in aree definite come “depresse” e in via di sviluppo produttivo…una roba che ci riporterebbe indietro di circa 60 anni…specie nel sud Italia e nelle isole, ossia la versione contrattuale-lavoristica dell’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, con tanto di SGRAVI CONTRIBUTIVI E FISCALI, ESENZIONI PER LE AZIENDE O COOPERATIVE CHE SI IMPEGNANO ALLE ASSUNZIONI, anche con i contratti di “apprendistato professionalizzante”, di certe categorie e fasce di forza lavoro) oppure, nelle materie delegate, di livello aziendale, sottoscritti dalle “associazioni od organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente rappresentative” sul piano nazionale o locale, secondo la definizione utilizzata dal collegato lavoro (D. Lgs. 183/2010) e anche nel famigerato “accordo della vergogna” interconfederale del 10 gennaio 2014, quello impropriamente e inesattamente definito “testo unico sulla rappresentanza” (ndr, i TESTI UNICI SONO RACCOLTE DI DISPOSIZIONI DI LEGE E ATTI AVENTI VALORE E FORZA NORMATIVA DI LEGGE, COME IL CODICE CIVILE, qui invece si tratta di disposizioni PATTIZIE, SENZA EFFICACIA ERGA OMNES e valide SOLO PER SINDACATI CHE LI HANNO SOTTOSCRITTI O CHE VI HANNO DATO SUCCESSIVA ADESIONE, come purtroppo anche alcuni rinomati sindacati “di base”). Oppure, dalle rappresentanze sindacali presenti in azienda (articolo 51, Dlgs 81/2015), che dopo le sentenze della Corte Costituzionale numero 244/1996 e 231/2013, di modifica estensiva e abrogativa dell’art. 19 della Legge 300 1970, possono essere costituite su iniziativa di dipendenti, anche da chi ha come sindacato di riferimento quelle strutture non firmatarie di CCNL in presenza di determinati requisiti oggettivi di consistenza associativa e di intervento che li ponga come “interlocutore sindacale” del datore di lavoro (al quale è vietato ormai dal 1996, dopo il referendum popolare sull’articolo 19 S.L., ogni “potere di accreditamento” e di scelta discrezionale dei sindacati e delle rappresentanze sindacali interne presenti e attive in azienda…). Anche alle strutture e rappresentanze sindacali interne, per le materie di loro competenza e intervento (consultazione e negoziazione specifica), può essere delegato il compito di “…individuazione delle attività stagionali…”, in aggiunta a quelle già disciplinate dal Dpr 1525/1963, per cui è ammessa la stipulazione del c.d. “contratto a termine stagionale”, sia a tempo pieno che in regime di part-time (ndr, per il part time, si ricorda che l’attuale discipina legislativa è posta agli articoli da 4 a 12 del D. Lgs. 81/2015, il “codice dei contratti” post jobs act). Questa soluzione contrattuale e pattizia, per le proprie caratteristiche derogatorie alla normativa generale sul rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato sotto il profilo quantitativo e qualitativo, è quella maggiormente utilizzata, con la finalità di soddisfare le esigenze di flessibilità delle imprese per questo tipo di attività e usufruendo delle forme contrattuali, scritte, disciplinate dal codice dei contratti. Non è nemmeno vietato, che la prestazione lavorativa sia svolta anche con il contratto a tempo indeterminato part-time con carattere di “ciclicità”. Quindi massima attenzione, che ai vari livelli di negoziazione, nazionale, locale/territoriale e anche aziendale, non sia compromessa la funzione dei sindacati “comparativamente rappresentativi”, che non si pongano come soggetti “collaborazionisti” e succubi alle esigenze datoriali, di ottenere profitto e flessibilità in cambio di poche briciole salariali e normative, senza valutare attentamente, verificare, monitorare e controllare, che le deroghe alle disposizioni nazionali poste dai CCNL o dai patti territoriali in materia, non eccedendo ai limiti stabiliti dalla legge e dalla generale tutela dei diritti disciplinati dalle leggi attuali sul lavoro, anche in ordine alle TUTELE SU SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO E DEGLI AMBIENTI DI LAVORO.

In particolare, i settori merceologici e lavorativi nei quali va posta l’attenzione e l’intervento della forza lavoro, specie quella autorganizzata e combattiva, per ridurre o contrastare certe derive pattizie e contrattuali in deroga, sono il commercio e terziario - compresi pubblici esercizi, il settore turistico – ricettivo - alberghiero, quello legato alla culturale ai “grandi eventi”, a fiere e mercati, nel settore dello spettacolo, musicale o teatrale o di arti espressive (dove sono da usarsi i c.d. ”contratti di scrittura”), ai lavori agricoli (anche agro-alimentare), nello stesso settore dell’edilizia.
Su un aspetto è intervenuto pure l’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO, con la nota 413/2021 dell’Inl, che ha chiarito che “…la sottoscrizione di contratti di lavoro a tempo indeterminato, nei periodi in cui non è prevista l’apertura al pubblico da parte delle imprese turistiche…che osservano un periodo di inattività nel corso dell’anno, non inficia la caratteristica di “stagionalità”, anche in funzione della necessità di programmazione e preparazione dell’attività aziendale”. Quando invece, la prestazione lavorativa richiesta non è predeterminabile e programmabile e riveste le caratteristiche della saltuarietà o della discontinuità, è possibile utilizzare anche le figure del “contratto di lavoro intermittente” o “a chiamata” (disciplinati adesso dagli articoli da 13 a 18 del D. Lgs 81/2015), anche se con limiti e condizioni soggettive od oggettive, definite dalla legge e dalle circolari chiarificatrici delle ITL territoriali o dello stesso INL. Infatti, il lavoro “a chiamata” come quello “intermittente”, è sempre ammesso per i giovani di età inferiore a 24 anni, purché la prestazione si esaurisca entro il 25° anno di età, e per i soggetti di età superiore a 55 anni, anche se pensionati. Al di fuori di queste ipotesi il lavoro intermittente è consentito nei casi individuati dalla contrattazione collettiva, anche a livello territoriale e aziendale, ovvero per le attività elencate nella tabella approvata con il regio decreto 2657/1923 (in alcune parti ancora in vigore).

Così come è possibile utilizzare i CONTRATTI DI PRESTAZIONE D’OPERA (articolo 2222 del vigente codice civile) E LE MODALITA’ DELLE “COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE”, ripristinate come strumento di gestione in forma parasubordinata, alternativa al rapporto di lavoro subordinato vero e proprio, proprio con il i decreti attuativi del D. Lgs. 81/2015, con la massima attenzione sulle caratteristiche che fanno da spartiacque, tra le forme di lavoro autonomo-parasubordinato e le forme di camuffamento del lavoro salariato subordinato, da dipendente a tempo indeterminato o determinato, disciplinato dalle leggi citate. Si ricorda che tali forme contrattuali, possono avere efficacia e validità senza limiti di tempo, a differenza di quelli posti per i contratti a tempo determinato.

LA RILEVANZA DELLA COMUNICAZIONE “PREVENTIVA”, COME OBBLIGO DATORIALE, DI INIZIO DELLA MATERIALE ATTIVITA’ LAVORATIVA
: non va assolutamente sottovalutato, specie per i tristi casi e precedenti relativi a infortuni sul lavoro, anche mortali e a malattie anche di tipo professionale, ai danni di lavoratori e lavoratrici, va data alla comunicazione preventiva di inizio dell’attività lavorativa e della sua certificazione contrattuale. Ogni datore di lavoro, tramite i suoi CdL o commercialisti, deve effettuare prima dell’inizio della prestazione intermittente o a chiamata (possibile anche con un’unica comunicazione, per un ciclo di attività in un arco temporale non superiore a 30 giorni), con un limite di “tetto massimo” di utilizzo temporale di queste prestazioni: il singolo dipendente non può effettuare più di 400 giornate di effettivo lavoro con il medesimo datore nell’arco di tre anni solari, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Abbiamo accennato anche al possibile utilizzo, di codificazione normativa successiva agli stage e alle famigerate forme di sfruttamento mascherato da formazione durante la fase scolastica specie per gli indirizzi di studi come gli istituti tecnici e industriali, istituti alberghieri e simili, tra cui la vergognosa “alternanza scuola - lavoro” o gli acronimi usati, del tipico contratto di lavoro di tipo formativo, come l’apprendistato professionalizzante (che ha progressivamente soppiantato il vecchio apprendistato della prima legge del 1955 o dei CFL contratti di formazione lavoro degli anni ’80 del secolo scorso…), anche a tempo determinato per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali, nelle tipologie e casistiche previste, sempre più a maglie larghe, dai CCNL (contratti collettivi nazionali di lavoro) stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente rappresentative o già firmatarie dei CCNL di categoria, sul piano nazionale ( si veda l’articolo 44, comma 5, del D. Lgs 81/2015). La soluzione contrattuale di questi tipo, è ammessa anche nei settori del cinema e dell’audiovisivo (articolo 2, Dlgs 202/2017). Da ricordare, infine, la possibilità del ricorso al “contratto di prestazione occasionale”, per le esigenze lavorative di breve entità temporale, nei limiti previsti all’articolo 54-bis del D. legge 50/2017, specifico di quanto già disciplinato all’art. 2222 del codice civile, per le prestazioni d’opera (come per esempio, per mostre, grandi eventi culturali e dello spettacolo, fiere e mercati, convegni e congressi…), dove IN ASSENZA DI CONTROLLI E DI VIGILANZA, specie da parte dei sindacati combattivi, conflittuali e delle forme di rappresentanza sindacale interna alle aziende, imprese e cooperative che ne fanno uso, non di organizzazioni di stampo collaborazionista o sostenuti, direttamente o indirettamente, dal padronato (c.d. sindacati gialli, vietati anche all’art. 17 della Legge 300 1970) si possono barattare le legittime aspettative di lavoro e di futura stabilizzazione occupazionale, anche con inserimento in liste di forza lavoro disponibili e precarie, pure per le sostituzioni brevi di dipendenti a tempo indeterminato (per ferie, aspettative brevi, permessi o malattie di breve durata), tramite cooperative di lavoro o agenzie di somministrazione già interinali convenzionate con enti pubblici, aziende pubbliche o leader in determinati settori, con il consolidamento del classico “esercito industriale di riserva” di antica ma ancora attuale qualificazione tipica del sapere operaio, sempre utile per poter ottenere ulteriori margini di flessibilità, elasticità nelle rigidità contrattuali della forza lavoro a tempo indeterminato, creando le condizioni per un affievolimento, indebolimento e progressiva riduzione di diritti collettivi e personali acquisiti con legge o da disposizioni dei CCNL, sia dal punto di vista salariale (ndr le paghe orarie del lavoro occasionale, a chiamata o intermittente, possono risultare anche inferiori a quelle stabilite come paga oraria o giornaliera minima definita nei contratti collettivi di lavoro, purchè compatibili con la media salariale della zona dove è svolta la prestazione lavorativa nel settore di riferimento), che dal punto di vista normativo su alcuni istituti contrattuali o disciplinati dal legislatore, avvalorando la tendenza allo sviluppo della contrattazione collettiva, anche locale-territoriale o aziendale, che secondo un forte movimento liberista e retrogrado rispetto alle conquiste e progressi del movimento sindacale e operaio italiano e internazionale, con autorevoli sostenitori anche in campo sindacale italico, dovrebbe portare alla libera concorrenza anche tra lavoratori e lavoratrici, considerando il lavoro e il salario corrispondente alla quantità e qualità della prestazione, non come una variabile indipendente, ma come un fattore diretto dei rapporti di forza tra le parti e del concetto, iniquo e falsato, che porrebbe le parti, datori di lavoro e loro associazioni e lavoratori-trici e sindacati compiacenti, su un piano di parità tipico dei negozi giuridici-contratti e delle transazioni commerciali, allo stesso livello della compravendita di un’automobile, “dimenticando” un fattore oggettivo del sistema di sfruttamento capitalistico, dove le parti NON operano su un regime di parità, sottoponendo la forza lavoro ad una supremazia gerarchica e ad una sottomissione all’inizio, nello svolgimento e fino alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato, come posizione privilegiata, del datore di lavoro rispetto alla forza lavoro e ai singoli lavoratori o lavoratrici. SOLO SE I RAPPORTI DI FORZA TRA LE PARTI, COME AVVENUTO IN PASSATO ANCHE IN ITALIA, DOVESSERO FAR PREVALERE GLI INTERESSI COLLETTIVI DIFFUSI E DI FATTO PUBBLICI DI CHI RIVENDICA IL LAVORO, IL SALARIO, I DIRITTI COLLETTIVI E PERSONALI COME BENI E INTERESSI MERITEVOLI DI TUTELA nell’ordinamento giuridico e costituzionalmente codificato, RISPETTO AGLI INTERESSI PRIVATI DEI DATORI DI LAVORO, finalizzati all’ottenimento di un utile e di un profitto per pochi a danno di tanti e tante, senza la redistribuzione equilibrata della “ricchezza sociale prodotta”, la relativa REGOLAMENTAZIONE TECNICO GIURIDICA E LA QUALIFICAZIONE DEGLI INTERESSI IN GIOCO, RIDURREBBE MOLTO LA SPEREQUAZIONE presente nei rapporti di lavoro e nella loro codificazione contrattuale e pattizia (CCNL, contratti collettivi locali/territoriali, di livello aziendale con riflessi negli schemi di contratti individuali di lavoro), tra i modi di produzione giuridica (ndr le fonti del diritto italiano), posti in posizione ulteriore come condizioni di MIGLIOR FAVORE, rispetto alle fonti primarie, della Carta Costituzionale, delle disposizioni internazionali e comunitarie, delle leggi e degli atti aventi forza e valore di legge, le uniche fonti che hanno attualmente in Italia, efficacia erga omnes, valide per tutti-e, rispetto alla fonte della negoziazione-contrattazione di natura pattizia, valida solo per chi quei contratti e condizioni li ha sottoscritti e che non si pongano, IN DEROGA ma con abuso del carattere di eccezionalità e temporalità, IN CONTRASTO CON LE DISPOSIZIONI DI LEGGE DI MIGLIOR FAVORE o anche di CCNL maggiormente rispondenti alle finalità costituzionalmente garantite a tutti i cittadini e cittadine, quando diventano lavoratori e lavoratrici (ndr, mettendo fuori gioco e disapplicando, i c.d. contratti pirata, siglati da sindacati di natura compiacente e collaborazionista con gli interessi padronali, che stanno prendendo in alcuni settori sempre più utilizzo, rispetto ai già discutibili CCNL di maggiore rilevanza sottoscritti dai “sindacati comparativamente rappresentativi”).

UNITI, PER UN ALTRO FUTURO, PROSEGUIAMO LA LOTTA, ENSEMBLE, POUR UN AUTRE FUTURE, CONTINUONS LE COMBAT.

A cura di UNIONE SINDACALE ITALIANA USI fondata nel 1912 e ricostituita – esecutivo nazionale commissione organizzazione

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