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Bergamo: la sicurezza sul posto di lavoro è un segreto industriale!

Comunicato stampa Slai Cobas Bg

(22 Gennaio 2003)

A Bergamo i posti di lavoro sono come un campo di guerra, dall'inizio dell' anno 6 infortuni mortali, nonostante ciò giovedì 23 gennaio un operaio sarà costretto a ricorrere al giudizio della corte d'appello di Brescia per far valere il suo diritto alla sicurezza sul posto di lavoro, il diritto alla libertà sindacale, il diritto/dovere di essere parte cosciente e attiva nella sicurezza in fabbrica, perché per l'azienda

LA SICUREZZA SUL POSTO DI LAVORO E' UN SEGRETO INDUSTRIALE!

Questo di fatto è quanto sostiene la Mazzoleni MTB, azienda metalmeccanica di Bergamo che a fine '99 ha licenziato Caprini Sergio, operaio attivista dei COBAS, per aver preteso di conoscere il contenuto del libro di valutazione ambientale, ovvero il testo previsto dalla L 626 per descrivere i rischi connessi all'attività produttiva e le disposizioni per superarli. Occuparsi di sicurezza in fabbrica è reato per i padroni!

La motivazione del licenziamento quindi è stata la presunta fotocopiatura del libro di valutazione dei rischi ambientali.

Il licenziamento è stato impugnato e già ci sono due sentenze: quella del giudice, definitiva, che in sede penale si è pronunciato sull'accusa di 'furto di segreto industriale' , assolvendo l'operaio e ribadendo la legittimità e il diritto all'informazione in materia di sicurezza per gli operai.

Quella del pretore del lavoro che convalidando le tesi dell'azienda ha confermato il licenziamento motivando la gravità della sanzione anche per la 'ripetuta volontà del ricorrente di disattendere alle regole.'. Unendo in questo giudizio il profilo psicologico, cioè l'avversione all'azienda, in realtà tre anni di significative vertenze sindacali, e precedenti sanzioni disciplinari, tutte contestate perché ritenute parte di una campagna repressiva. Che è sfociata nel licenziamento nell'ottobre '99.

Ma da cosa è costituita questa avversione all'azienda, cavallo di battaglia dei legali della difesa? Da una lunga serie di attività sindacali e azioni per la sicurezza, contro la nocività del posto di lavoro e per ridurre l'impatto ambientale della fabbrica nel popoloso quartiere circostante.

Lunga perché la situazione alla Mazzoleni, dove da decenni esisteva solo la Cisl, era, e in parte lo è ancora, arretrata. La maggiorazione per il lavoro notturno sotto il 20%, l'ingresso per i nuovi assunti (stiamo parlando ancora di quelli assunti a contratto indeterminato) al primo livello.

Fino alle iniziative per la sicurezza. Dalle richieste di intervento inoltrate all'Asl per la condizione dei carrelli elevatori, degli impianti di aspirazione sulle grandi vasche di zinco, fino alla messa in sicurezza dei macchinari. Iniziative che hanno portato alla prescrizione di nuovi dispositivi sui macchinari ritenuti insicuri, e a sanzioni. Ma anche iniziative più articolate come l'organizzazione con numerosi abitanti del quartiere vicino, di un comitato per la messa a norma della fabbrica per attenuare l'impatto sui residenti, pesante per le emissioni, il rumore, e la pericolosità delle migliaia di metri quadrati di coperture con amianto. Un esposto agli organi competenti e alla magistratura, sostenuto da assemblee e iniziative pubbliche, in particolare, ha determinato le condizioni per una lunga ispezione in fabbrica e a risultati come l'aggiunta di filtri per l'abbattimento dei fumi. Anche la campagna contro l'amianto ha avuto un parziale successo, con l'inizio della sostituzione di una prima parte della deteriorata copertura in eternit.

Ma per capire il 'clima' occorre conoscere la lettera intimidatoria con minacce di sanzioni disciplinari e penali se fosse proseguita l'attività indipendente di denuncia verso l'Asl dei rischi in quanto illegittima. scritta a due mani, e firmata congiuntamente dal padrone e dal delegato sindacale della Cisl. Delegati della Cisl che poi sono diventati anche nel processo testimoni a favore dell'azienda.

Questa la realtà dei fatti, questo è il primo capitolo, di una lunga storia, che il licenziamento a chiuso.

Le convinzioni di un attacco repressivo si contrano negli atteggiamenti aziendali arrivati persino, con un vero e proprio caso di mobbing, ad isolare l'operaio dal resto della fabbrica, modificando ad hoc il suo, solo il suo, orario di lavoro: in produzione cento operai che lavorano a turni, un operaio, l'unico, che lavora a giornata, quindi con orari di entrata e di uscita differenti, con pause differenti, con accesso alla mensa e agli spogliatoi diverso da quello di tutti gli altri operai della produzione. Isolamento accompagnato da molti provvedimenti disciplinari tanto ravvicinati che non e stato nemmeno possibile contestarli per il sopravvento del licenziamento!

A buon diritto sosteniamo quindi che questa è una sentenza politica che mette sotto accusa l'attività sindacale a favore della sicurezza dei lavoratori

E il processo d'appello è particolarmente importante per il carattere generale che riveste il giudizio: LA SICUREZZA COME SEGRETO INDUSTRIALE, GLI OPERAI ATTIVI SANZIONABILI, rappresentano un importantissimo precedente in tutte le controversie future. E questo risulta evidente anche dal tenore della memoria difensiva della controparte che riprende in pieno e rilancia con lo stile di una vera battaglia ideologica il concetto della segretezza delle informazioni contenute nel libro di valutazioni ambientali.

In occasione del processo di appello Giovedì 23 gennaio presso la Corte di Appello di Brescia, in via S Martino della Battaglia, è stato organizzato un presidio in solidarietà, contro i licenziamenti e per la sicurezza nei posti di lavoro a partire dalle ore 9.00.

Slai Cobas Bg
Caprini Sergio
035 318097
330 7313300

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