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La fatalità dominante

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(26 Novembre 2011) Enzo Apicella

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Discorso antipatico su Mineo, Torino e l'eguaglianza dei diritti

(22 Giugno 2008)

Questo è un discorso “antipatico”, ma come molti discorsi “antipatici” è necessario. Perché è antipatico? Perché rischia di dare fiato ad un vecchio piagnisteo commiserativo o autocommiserativo di un meridionalismo fuori tempo. Ed anche perché uno degli argomenti più miserevoli è suggerire polemiche sulla contabilità dei morti.

Però sei operai morti sono sempre sei operai morti, sia che muoiano, poniamo, a Torino alla Thyssen Krupp, sia che muoiano, poniamo, nelle vasche di fango di Mineo in Sicilia.

Ed allora perché i sei morti di Torino hanno fatto aprire giustamente tg e titoli di prima pagina per settimane, se ne continua giustamente a parlare dopo sei mesi, anche per l'indecente atteggiamento della Thyssen, mentre i sei morti di Mineo sono scomparsi il terzo giorno dai tg e dagli altri media?

E non solo dai tg e dai grandi giornali ma anche dai giornali locali del sud, segno che il “rimorchio” di un'agenda definita altrove, funziona, è sempre più forte, rischia di diventare totalizzante.

I morti di Mineo - ma dov'è Mineo? chi la conosce se nemmeno ci si va in vacanza d'estate e non è Corleone o Casal di Principe dove almeno ci sono grandi famiglie criminali? – i morti di Mineo dunque sono scivolati a pagina cinque o otto, poi sono scomparsi, anche quando si doveva seguire un'inchiesta già stanca che racconta come forse siano annegati in una vasca di melma, e forse no. Forse c'è stata una scarica elettrica che non doveva esserci e forse no.

Insomma cose da far capire ce n'erano e ce ne sono, da raccontare, sollecitare su Mineo e sulle sei famiglie che non sono morte, sono là, in attesa. Su chi quegli operai li ha mandati e come li faceva lavorare, e poi morire.

Si parla di gabbie salariali per spiegare come lo stesso salario-stipendio possa bastare con i costi del sud e faccia morire di fame con i costi del nord – e una bella inchiesta per fare uscire dal vago queste petizioni di principio, quando la facciamo? – ma nessuno ci ha detto finora che anche morire al sud può essere diverso che morire al nord.

Insomma, esiste una universalità dei diritti o no? Parliamo tutti dell' Italia, secondo i costituenti e Napolitano, o secondo Bossi e Calderoli?

Eppure nel frattempo non sono mancate notizie dal sud. Facciamo qualche esempio dal Corriere e dalla Repubblica. Raccontano lo show organizzato a Salemi da Sgarbi perché vuol fare il sindaco colà; poi che da Messina in Calabria si arriverà forse a piedi “più o meno fra centomila anni” per il sollevamento delle sponde previsto dagli esperti, ed ancora paginate sulle elezioni provinciali in Sicilia; di quelle provincie che destra e sinistra si sbracciavano prima delle elezioni di aprile a dichiarare defunte, inutilmente costose, da abrogare al più presto.

Mineo non è dimenticata per giochi di potere o equilibri editoriali, non per i divieti ai giornalisti di pubblicare notizie scomode o tacere sulle intercettazioni, né per il potere dei direttori trasferito agli editori, come paventa Eugenio Scalfari. E' qualcosa di meno e qualcosa di peggio. Non riusciamo a seguirla perché non è “esemplare” e perché non ci sono emergenze.

Ed è così che trasferiamo inconsapevolmente le nostre facoltà di scelta in un altrove indeterminato, a disposizione di un potere lattiginoso ed ameboide di cui nessuno è in grado di (o sembra poter) disporre.

Dobbiamo dare spazio alle nuove emergenze: i soldati a guardia del lattaio all'angolo; quanti ne andranno a disposizione del ministro caio, quanti del ministro sempronio, che in base al numero di militi, si suppone, vedranno riconosciuto il proprio prestigio.

E' indifferente che i media tengano accesi i riflettori o li spengano sul caso Mineo? Non lo è se a soli pochi giorni le inchieste “prontamente aperte” sembrano brancolare e togliamo ai sei, alle loro famiglie, l'ultimo diritto, di sapere perché sono morti.

Non è indifferente sapere, anche se non vivono in una grande città o in una piccola ma patria di grandi famiglie mafiose. Anche se quegli operai – che non sono fantasmi - non dipendevano da una grande multinazionale del cinismo ma di qualche piccola azienda sconsiderata e non meno cinica.

Cosa è successo lo vogliono sapere anche i parenti dell'operaio a lungo precario e stabilizzato solo poco prima di (per?) morire. Che ci sono, piangono - ma ahi loro! - non fanno più notizia.

Salvatore Scaglione - Megachip - 17/6/08

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