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“Miracolo a Sant’Anna” o “Revisionismo su Sant’Anna”?

(30 Settembre 2008)

C’è un’aria revisionista o solo un eccesso di finzione nel film di Spike Lee che ha fatto arrabbiare l’Associazione nazionale partigiani? “Miracolo a Sant’Anna” che uscirà venerdì prossimo in 250 sale italiane, rievoca una delle più efferate stragi nazifasciste in Italia, quella di Sant’Anna di Stazzema sull’appennino versiliano con 560 vittime civili, prevalentemente donne e bambini. L’eccidio fu compiuto dalle SS di Walter Reder, il tristemente noto 16° battaglione Freiwilligen-Panzergrenadier-Division Reichfürer SS condotto sul luogo da collaborazionisti, più alcuni fascisti arruolati in quelle truppe. Alla terribile vicenda storica si è liberamente rifatto col suo romanzo James McBride che ha ispirato il lavoro del regista americano. Fin qui tutto ok, tranne farsi prendere dalla foga della fiction. E allora arriva (o ritorna) la diceria che i partigiani della zona avessero abbandonato a se stessa la comunità e poi che uno di loro avesse tradito, così la vicenda della martirizzata Sant’Anna devia su un’altra via. Se sia stato Lee o McBride a inventarsi ciò che non accadde poco importa, quello che resta è l’effetto mediatico che un film destinato al grande pubblico produrrà, soprattutto verso gli spettatori più giovani che quei fatti non riescono a studiarli neppure a scuola.

Alcuni ex partigiani avevano scritto al regista per discutere della strage, non avevano mai avuto risposta. A Lee le puntualizzazioni dell’Anpi non sono andate giù e ieri all’anticipazione romana della pellicola s’è infilato in un vespaio esprimendo valutazioni storico-politiche azzardate che denotano scarsa dimestichezza con la materia trattata. “Non mi scuso affatto – ha dichiarato -. Il mio scopo all'interno d’una vicenda ch’è inventata, era far rivivere un capitolo della storia italiana che, come mostrano anche queste polemiche, ancora non è risolto. Perché gl’italiani, così come i francesi, non erano tutti da parte dei partigiani, questi si nascondevano sulle montagne, lasciando loro malgrado la popolazione civile alla mercé delle rappresaglie". L’Anpi di Pietrasanta rimane basita e per bocca del vicepresidente Cipollini replica “Avevamo richiesto da tempo un confronto col regista e siamo pronti a effettuarlo, purtroppo non l’abbiamo ottenuto e questo ci dispiace. Il film di Lee non ha a che vedere con la verità storica e coi fatti accaduti che sono ampiamente ricostruiti dalla sentenza del Tribunale di La Spezia. Invitiamo ancora una volta il regista a parlare con noi e coi testimoni”.

Lo scrittore McBride riesce a essere ancora più goffo quando afferma “Se ho offeso e urtato la sensibilità  di qualcuno, dei partigiani e dei loro familiari mi dispiace. So che si tratta di personaggi eroici che andavano realmente in montagne a rischiare la propria vita. Tuttavia c'è un elemento universale in questa storia, che accomuna questa gente ai soldati di colore protagonisti. Anche a noi neri spesso è toccato di leggere una versione alterata della storia, quella scritta dai bianchi riguardo le nostre vite e le nostre gesta. Sappiamo cosa significa ma vorrei anche dire che la storia della Resistenza in Italia fa parte anche della nostra storia. E in fondo è meglio dibattere, pur con posizioni diverse, su argomenti simili piuttosto che sul Grande Fratello”. Dunque questo diventa il finora inconfessato scopo della pellicola: parlare dei soldati di colore che la filmografia di guerra ufficiale statunitense ha in genere celato, eccezion fatta per il Pelé inserito nel gruppo di prigionieri di “Fuga per la vittoria”.

Infatti Lee ribadisce: "La storia scritta da James è fantastica, e mi ha dato modo di raccontare i Buffalo Soldiers. Credo che Barack ce la farà nonostante alcuni non lo amino proprio per il colore della sua pelle. Ma se pensiamo che gli elettori dell'Iowa, che non è certo un posto pieno di neri, lo hanno scelto vuol dire che non siamo solo noi afroamericani a volerlo alla presidenza". Non entriamo nel merito di questa scelta dal sapore propagandistico, giocarsi una storia dolorosissima per scopi paraelettorali è una manovra che non vola così alta come vorrebbe. Il guaio è che la leggerezza (troppa) o il cinismo del regista di Atlanta muove la cinepresa nei luoghi dello strazio utilizzando per altre finalità le vicende luttuose e soprattutto non rende giustizia alla Storia. Questo somiglia parecchio alla mala pianta della manipolazione che nulla ha a che fare con la ricostruzione della realtà. Perché allora riferirsi a Sant’Anna e non a qualsiasi altro luogo immaginario? Chissa cosa direbbe Lee se s’infarcissero d’inesattezze e falsità la vita e la morte di Malcom X.

30 settembre 2008

Enrico Campofreda

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