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La piovra

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(5 Marzo 2011) Enzo Apicella
Un'altra guerra per il petrolio?

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(Il nuovo ordine mondiale è guerra)

Contro la guerra all'Iraq - Contro la guerra ai lavoratori

volantino dello SLAI Cobas per il 15 febbraio

(14 Febbraio 2003)

Dopo oltre un decennio di embargo (vera e propria "arma di sterminio di massa"), la prossima aggressione all'Iraq, voluta dagli USA e appoggiata apertamente dal governo italiano, ci sarà indipendentemente dagli esiti delle "ispezioni ONU". L'intervento di Powell alle Nazioni Unite, con l'esibizione delle supposte "prove", ha espresso con chiarezza la volontà di guerra dell'imperialismo statunitense.

CON QUESTA GUERRA GLI USA VOGLIONO RAGGIUNGERE UNA SERIE DI OBIETTIVI STRATEGICI:

1) Riaffermare la loro egemonia politica e militare quale "gendarme mondiale", che impone i propri interessi, costringendo tutti ad uniformarsi ad essi, dall'ONU al più piccolo paese della terra.

2) Mutare le forme di controllo nell'area medio orientale, non più “solo" imponendo ai vari governi la propria politica, ma addirittura arrogandosi il diritto di insediare con la forza i governanti, come stanno già facendo in Afghanistan e promettono di fare in Iraq.

3) Essere gli unici a decidere quali paesi possono o meno detenere armi di distruzione di massa, siano esse biologiche, chimiche o atomiche. Concedendo questa possibilità non in base ai requisiti di "democraticità" di un governo, ma a quelli del suo allineamento agli interessi statunitensi.

4) Impedire che l'ordine imperialista sia messo in discussione e far sì che lo sfruttamento capitalista regni in contrasto, nonostante produca in continuazione guerre, morte per fame, impoverimento delle masse nelle aree arretrate.

5) Controllare ancora più saldamente le riserve petrolifere fondamentali.

In più, oggi, gli USA vogliono accelerare la corsa alla guerra aperta anche per impedire che si sviluppi una politica autonoma dell'imperialismo europeo.

Ma la proposta di Francia e Germania (cui si sono accodati Russia e Cina), sebbene rimandi nel tempo l'intervento armato, non ha come fine quello di garantire la pace.

I governanti di questi paesi vogliono solo dotarsi di una politica più consona ai propri interessi imperialisti, che sono sempre più in concorrenza con quelli statunitensi.

QUESTA GUERRA È ANCHE CONTRO I LAVORATORI DEI PAESI CHE STANNO PER LANCIARE L’ATTACCO

Il governo italiano ci chiama a schierarci in questa guerra “preventiva” contro l’Iraq in nome della “democrazia”, della libertà, della … pace. Ma il nemico non è oltre la frontiera.

Il nemico è questo sistema sociale che costringe alla fame più di 800 milioni di persone, che ne fa morire centinaia di migliaia ogni anno per fame, guerre, malattie, carestie, lavoro. E’

questo sistema sociale che per continuare a dare profitti ad una minoranza, nelle metropoli dei paesi “democratici” licenzia operai, ristruttura aziende e esternalizza lavorazioni, privatizza attività e servizi pubblici, cancella i diritti nei posti di lavoro, taglia le pensioni, …

Siamo contro questa guerra, quindi, non solo per solidarietà con i lavoratori e con le masse irakene; ma perché questa guerra, quelle appena fatte (Afghanistan, Serbia, …) e quelle in programma (Iraq?, Corea?, …), servono a puntellare e rinsaldare questo sistema sociale di sfruttamento.

DECINE DI MILIONI DI PERSONE OGGI MANIFESTERANNO CONTRO LA GUERRA IN OGNI PARTE DEL MONDO

E’ pur vero che sta crescendo una vasta opinione pubblica schierata ragionevolmente e eticamente contro la guerra. Ma essa non è realisticamente in grado di fermare la guerra imperialista. A guerra scatenata ci renderemo tutti conto che è indispensabile trovare le strade per andare ben oltre le pur dignitose e importanti manifestazioni di indignazione, di condanna e di rabbia.

Solo costruendo rapporti di forza che ci permettano di contrastare le politiche imperialiste, che aggrediscono anche noi, daremo un serio contributo a incrinare il sistema di potere capitalista

che genera guerre e devasta il mondo. Il primo passo è la proclamazione dello sciopero generale non appena ci sarà l’aggressione all’Iraq.

Lo Slai Cobas, assieme a tutto il sindacalismo di base e autorganizzato, ha già avviato le procedure per poterlo indire. Non possiamo assolutamente accettare che, come in occasione delle guerre da poco combattute, si ripeta il balletto dello “sciopero sì, sciopero no”, finendo col non farlo.

Questo pericolo esiste. Troppi, infatti, si stanno purificando nell’acqua “santa” della lotta contro la guerra. Il Centro Sinistra (che ha anch’esso fatto una guerra, quella contro la Serbia), Cofferati (che in quell’occasione non ha voluto proclamare lo sciopero generale), le forze politiche e sindacali che fino a ieri, sotto i governi Amato, Prodi e D’Alema, hanno precarizzato il lavoro, tagliato le pensioni, limitato il diritto di sciopero, … oggi si candidano a voler dirigere il movimento contro la guerra. Spesso trovando anche un supporto tra le direzioni dei Social Forum, tra quanti ritengono che i “liberisti” di ieri siano gli unici referenti del movimento.

Ricordiamoci che tutte queste forze che oggi si dicono contro la guerra, appena ieri l’hanno fatta e sarebbero disposte a farla nuovamente se vi fosse la benedizione dell’ONU. Sono forze che con la propria politica non mettono assolutamente in discussione i meccanismi di sistema che di questa e di tutte le guerre oppressive dei popoli sono stati e saranno la causa perenne. Non lo vogliono assolutamente fare, perché ritengono che questo capitalismo, un po’ “rimesso a nuovo”, sia comunque l’unico mondo …possibile.

Non gettiamo via i nostri sforzi per opporci alla guerra, consegnando ad altri la nostra mobilitazione!

Slai Cobas
Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale

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