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il pane e le rose

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Cassa integrazione alla Lavazza

Storia di una crisi reale?

(12 Ottobre 2008)

Da sempre la LUIGI LAVAZZA S.p.A. vanta una tradizione non indifferente nel campo della produzione del caffè torrefatto, una conduzione familiare, che dalla sua fondazione ai nostri giorni l’ha portata ad essere leader nel settore del caffè torrefatto, infatti ultimamente si è permessa di “aggredire” i mercati all’estero, non che non ce ne fosse bisogno, per espandere maggiormente la propria immagine.

I Signori Lavazza, orgogliosamente, hanno reso noto di aver acquisito di recente 4 stabilimenti oltre i confini italiani, per la precisione 2 in India e 2 in Brasile; inoltre è stato reso pubblico il fatto di aver superato il miliardo e cento milioni di fatturato nell’ultimo anno, con elargizioni di lodi verso tutti i collaboratori dal 1° dirigente all’ultimo operaio.

Ma nello stabilimento di produzione di Torino le cose come stanno realmente? L’andamento produttivo, l’organizzazione e gestione del personale è così reale e roseo come viene palesemente manifestato?

Sembrerebbe proprio di no!!!

Per meglio comprendere occorre tornare, sinteticamente, indietro di alcuni mesi, quando la direzione aziendale ha proposto alle delegazioni sindacali dello stabilimento, per la precisione le rsu, una proposta di riorganizzazione dei reparti produttivi dove, sempre in sintesi, venivano ad integrarsi ruoli e competenze, sino ad ora separati e con standard qualitativi ottimi, di produzione-manutenzione-controllo qualità, ovvero ogni lavoratore avrebbe dovuto saper fare tutto di tutto (o quasi).

Una proposta che sin dall’inizio ha trovato una forte opposizione tra molti lavoratori e da un sindacato, da poco presente in Lavazza, ovvero la CUB (Confederazione Unitaria di Base), la quale giudicavano ed esponevano in assemblee a volte infuocate, tale progetto un vero e proprio attentato ai diritti ed alla dignità dei lavoratori stessi.

Ma, ahimè, tale progetto denominato UPI – Unità Produttiva Integrata, veniva avviato sotto forma sperimentale, la quale falliva miseramente dopo molte problematiche sorte e denunciate dalle rsu dopo averne preso atto.

La direzione aziendale, indispettiva, sospendeva tale progetto in modo unilaterale, definendo le problematiche sorte e denunciate anche in sede di assemblee dei lavoratori, come “inutili e sterili lamentele”.

Si giunge così, dopo il periodo di ferie, al temporaneo dei giorni nostri, con la ripresa delle trattative sulle UPI, ma con scarsi risultati, ovvero le proposta fatte dalle rsu vengono “bollate” come incongruenti e che metterebbero a serio rischio la competitività dell’azienda nel mercato, e che l’unico progetto valido resta quello originario cioè quello preparato dalla stessa direzione.

Però e guarda caso, ultimamente, dichiarazioni di qualche dirigente affermano che l’andamento del mercato va bene, non ci sono problemi e le commesse non mancano, ma dopo queste dichiarazioni e dopo pochi giorni dalle stesse, la direzione convoca le rsu e comunica loro che c’è una contrazione delle vendite sul mercato, di conseguenza ci sono troppe scorte in giacenza nei magazzini che non si riesce a smaltire.

Viene proposto il fermo dell’attività produttiva per 2 giorni e utilizzando lo strumento della flessibilità si sarebbero dovute recuperare queste giornate solamente entro la fine del prossimo anno, oltremodo violando quelle norme contrattuali, che quando hanno fatto comodo sono state applicate alla lettera, esistenti che prevedono, invece, il recupero entro la fine dell’anno solare in corso, come giustamente fatto notare dalle rappresentanze sindacali e non disponibili a trattare e firmare accordi che ledono i diritti dei lavoratori, anzi le loro proposte alternative venivano di fatto e sistematicamente respinte dalla direzione aziendale che in ultima risposta sbandierava una bella richiesta di messa in cassa integrazione ordinaria per i reparti produttivi ed i servizi ad essi connessi, con la sola esclusione dei reparti dove viene prodotto il pacco da chilo in grani ed il reparto di produzione delle cialde, anche qui le proposte alternative presentate dalle rsu venivano sistematicamente respinte con motivazioni alquanto vaghe.

Detto e fatto, in questi giorni sono piovute le lettere di preavviso di messa in cassa integrazione ordinaria a circa 200 persone.

Ma a fronte di una maggiore richiesta di produzione effettuata fino al giorno prima della cosiddetta CIG, motivata dal fatto che non si riusciva a “star dietro alle commesse”, la crisi o contrazione delle vendite dov’è?

Pare inaccettabile che nel giro di poche ore si passi da un estremo all’altro del ciclo produttivo, ovvero dalle stelle (abbiamo bisogno di produrre di più) alle stalle (state in cassa integrazione perché c’è poca richiesta), specialmente quando si paventa un’estensione dei profitti dovuti all’acquisizione di nuove ed importanti quote di mercato.

Sembra ed è opinione comune di molti, forse tutti, che l’azienda con questo gesto, senza precedenti nella storia della Lavazza, infatti i “vecchi di fabbrica” rammentano che in passato ed in momenti ben più difficili e peggiori, i Signori Lavazza non hanno permesso ai lavoratori di stare a casa, ma li hanno fatti lo stesso lavorare facendo anche pulire loro i macchinari per il confezionamento, abbia attuato una forma alquanto subdola di paura aziendale per attuare i loro progetti mirati ad una diminuzione dei diritti e della dignità dei lavoratori tutti a favore di chissà quale tornaconto.

Noi della CUB non accettiamo questo ricatto ed a fronte di questo poco, anzi, per niente meritevole gesto, non possiamo che criticare aspramente questa dirigenza per ciò che sta attuando, rammentando a questi Signori, che se occupano una posizione così di rilievo all’interno della Lavazza, forse è anche merito di quei lavoratori che con non pochi sacrifici, ma con profondo senso del dovere, arrancano per arrivare con il loro stipendio, a fine mese, ed a cui bisognerebbe portare molto rispetto, invece che dormire su morbidi guanciali pensando “chi se ne frega di loro”.

Ma alla fine di tutta questa triste storia, c’è da chiedersi : ma la Famiglia Lavazza è realmente e correttamente informata di ciò che sta accadendo all’interno dello stabilimento di Str, Settimo? Oppure ne è sì al corrente, ma con una visione distorta dei fatti, perpetrata da chi abbiamo precedentemente nominato, ovvero la direzione aziendale?

Ci piacerebbe tanto saperlo!!!

FLAICA UNITI – CUB
Federazione Lavoratori Agro-Industria Commercio e Affini Uniti
flaica@cubpiemonte.org

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