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(17 Ottobre 2008)
La firma tra Cisl, Uil e Confindustria di un "avviso comune" sui modelli contrattuali rappresenta di fatto la nuova alleanza (patto) che sancisce nella forma la fine di una "concertazione" ormai nella sostanza morta e sepolta (nei fatti) da anni, e stabilisce un nuovo piano di regole che se da un lato elimina le residue ed ormai esauste tutele salariali e normative dall'altro rende centrale (celebrandolo) il ruolo e l'interesse delle organizzazioni al di sopra degli interessi che dovrebbero rappresentare.
Potremmo dire che il modello neocorporativo si afferma ora compiutamente nelle relazioni sindacali dopo i precedenti tentativi falliti o non riusciti che vanno dal "Patto di Natale" del 1998" al "Patto per l'Italia" del 2002, passando tra i tanti "Patti territoriali" e Categoriali (ultimo il "Patto sociale sui trasporti" del gennaio 2008), e sopratutto da una prassi contrattuale che dal 2002 si è di fatto limitata a far quel che succede ed incapace di affermare cose diverse da quanto ideologicamente e concretamente veniva sostenuto da Confindustria.
La stessa logica concertativa, ma sopratutto questi ultimi 10 anni di confusione sindacale, hanno di fatto preparato quello che oggi Confindustria sta riuscendo ad ottenere e cioè la totale subordinazione del lavoro all'interesse di capitale.
Avere forza lavoro disponibile ad ogni condizione possibile (le mille forme della precarietà e della flessibilità), remunerata essenzialmente e quasi solo in funzione del suo rendimento, senza più alcuna vera e seria tutela previdenziale ed assistenziale, e oltretutto ricattata e pressata da continue campagna ideologiche che denunciano una pretesa "prigrizia" e "fanulloneria" innata della forza lavoro che ricordano il periodo Sovietico (tanto criticato dai nostri nuovi e vecchi liberisti) in cui l'operaio buono era solo l'operaio "stakanovista" quello cioè disponibile a lavorare giorno e notte, a lavorare sempre e comunque (a scapito della sua sicurezza e della sua salute), senza protestare, senza scioperare, ....... per il bene del paese e dell'impresa.
Ovviamente ciò è reso possibile non solo dalla particolare fase di debolezza concorrenziale del lavoro ma anche e sopratutto dalla disponibilità delle organizzazioni ad assumere nella contrattazione le regole che il Capitale vuole imporre, naturalmente in cambio di un maggior riconoscimento formale al ruolo delle organizzazioni che accettano di riconoscersi in questo contesto.
Sia l'ipotesi di accordo sul nuovo modello contrattuale ultimamente e provocatoriamente presentata da Confindustria, sia l'avviso comune firmato da Cisl e Uil, sono di fatto il manifesto delle nuove relazioni sindacali di stampo neo-corporativo.
La Cgil, giustamente non ha firmato...... ma !!??
E' importante la presa di posizione della Cgil ma lascia pensare la sua decisione di non abbandonare comunque il tavolo di confronto.
Diverse cose sembrano legare le mani alla Cgil.
Certo pesa una valutazione politica sul Governo e le pressioni del PD affinchè la Cgil mantenga in fibrillazione il rapporto sindacato-governo (senza però arrivare a rompere visto che Il PD sembra sempre convinto di poter arrivare ad un Patto col centrodestra), ma in primis vi è il fatto che comunque la Cgil insiste a dichiarare la sua fedeltà alla piattaforma unitaria (per altro mai discussa ed approvata dai lavoratori) concordata con Cisl e Uil. Certo è che l'avviso comune firmato da Cisl e Uil peggiora l'impianto di quella piattaforma ma non ne intacca la sostanza e cioè che il baricentro salariale si deve spostare sul livello decentrato privilegiando quindi l'aumento della quota variabile di salario in rapporto a quella fissa. Sui parametri di adeguamento della residuale quota fissa del salario l'avviso comune chiarisce (certo peggiorandolo) e conferma l'assenza di un legame della contrattazione all'inflazione reale, come per altro già accettato nella piattaforma sindacale.
Stride quindi la contraddizione evidente tra le affermazioni roboanti della Cgil sulle motivazioni della non firma e la decisione di non abbandonare il tavolo dichiarandosi vincolata alla piattaforma unitaria.
A seguire le argomentazioni assunte dal direttivo nazionale della Cgil sarebbe sembrata ovvia e scontata la decisone della Cgil di rompere la trattativa anche perchè quelle argomentazioni si discostavano oggettivamente dalla stessa piattaforma sindacale a suo tempo concordata tra le segreterie di Cgil Cisl e Uil.
Ma i nodi vengono ora al pettine e si potrà misurare cosa veramente la Cgil vuole.
L'avviso comune firmato da Cisl e Uil pesa come un macigno poichè in assenza di una piattaforma alternativa e di una convinta mobilitazione generale della Cgil, rischia di rimanere la base di partenza per qualsiasi futuro accordo.
Ora la Confindustria ha dichiarato la sua fretta ad un accordo da firmare anche senza la Cgil. Bonanni della Cisl dichiara già la sua disponibilità ed invita la Cgil a parlare ora, a farsi avanti se ha proposte per migliorare quell'avviso comune, altrimenti Cisl e Uil firmeranno da sole.
Il tutto condito da un tantam ideologico che poggia sull'idea che l'attuale crisi finanziaria rischia ora di intaccare la produzione che, se non ora quando, va sostenuta senza condizioni. Un concetto ben sostanziato dalle battute giornalistiche del tipo ... "lavorare di più ... e senza rompere i coglioni". I Padroni vogliono tutto e subito, soldi e finanziamenti pubblici (a scapito della spesa sociale), deroghe sui loro impegni a rispettare l'ambiente, e lavoratori zitti e subordinati a tutto ciò che loro pretendono e nelle forme da loro indicate.
Di sicuro Confindustria, Cisl e Uil stanno per chiudere il cerchio e la Cgil dovrà decidersi a sostanziare il suo dissenso mettendo in campo una nuova e diversa piattaforma, una nuova mobilitazione generale, oppure cederà accontentandosi di inserire nell'avviso comune qualche ritocco, emendandone il testo qua e la giusto per giustificare la sua riottosità iniziale (della serie .... tanto rumore per nulla).
Una retromarcia (anche se si farà di tutto per chiamarla .. vittoria) da parte della Cgil sarebbe la fine di ogni possibile immediata resistenza all'affermazione delle nuove regole neocorporative e condannerebbe il mondo dal lavoro ad un progressivo ed ulteriore arretramento delle sue aspirazioni di emancipazione normativa, salariale, occupazionale e sociale.
La Cgil ha di fronte ora una responsabilità enorme e qui si misurerà la vera indipendenza dei suoi apparati, la loro capacità di non sentirsi attratti solo dalla loro autoreferenzialità, e la loro capacità di rappresentare gli interessi veri e generali del mondo del lavoro. Ma, nella peggiore delle ipotesi, si vedrà anche la consistenza della sinistra sindacale in Cgil (ovunque collocata) a fronte di quello che a quel punto deve diventare l'obiettivo principale da conquistare.... il congresso straordinario su documenti veramente alternativi
16 ottobre 2008
COORDINAMENTO RSU
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